David Cronenberg: le cinque fasi della sua mutazione

Quasi cinquant'anni, ventidue film, una sola evoluzione: ecco come muta il cinema di David Cronenberg

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1983/1991, i film della Nuova Carne:

Videodrome (1983), La zona morta (1983), La mosca (1986), Inseparabili (1988), Il pasto nudo (1991)

Il film regala a Cronenberg fama e notorietà, tanto che Hollywood fiuta l’affare e gli offre la regia de Il Ritorno Dello Jedi: se a noi rimane la delusione di non aver potuto vedere la sua declinazione del mondo lucasiano, lui invece decide di girare Videodrome.

Si apre allora la stagione forse non più fertile, ma sicuramente più centrale per la sua poetica: opere (il citato Videodrome, ma anche La Mosca, Inseparabili, e più in là eXistenZ) che teorizzano la Nuova Carne e le sue conseguenze sul desiderio.

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dalla pagina Facebook David Cronenberg the founder of body horror (da Videodrome)

Videodrome è un altro, compiuto manifesto: scioccante, pluristratificato, lucido, allucinato. Questo per come riflette sull’intossicazione iconica che deriva dal consumo delle immagini televisive e sulle modificazioni fisiche e antropologiche che la TV sta portando sul piano percettivo umano.

Questo film ha la forma inquietante di un’interrogazione problematica sulla natura riproduttiva dell’immagine e sul rapporto di ambivalente fascinazione e repulsione che l’occhio umano prova di fronte ai propri sogni e ai propri incubi incessantemente riprodotti sul piccolo schermo. Videodrome è una straziante e complessa radiografia di un mondo che sembra condannato a vivere nella forma dell’allucinazione e in cui gli individui sono programmabili (letteralmente, nel film!) come un videoregistratore.

La fatale attrazione di Max per Nikki passa attraverso il suicidio e la trasformazione del corpo di lui per trasformarsi in un simulacro televisivo per potersi realizzare ed appagare: e in questo è seminale la fascinazione di Cronenberg per la temperatura emotiva del melodramma. Che sarà centrale per il periodo immediatamente successivo.

Se la trasformazione è centrale nel mondo di Cronenberg, fondamentale è sottolineare come la filmografia del regista canadese sia puntellata da film che rappresentano un momento di passaggio. Dopo l’abbuffata di sangue dei primi anni Ottanta, l’approfondimento di Cronenberg inizia a studiare il rapporto tra dentro e fuori osservando con l’occhio lucido del melodramma. La Zona Morta (The Dead Zone, 1983) è in questo senso un prodotto atipico, molto depalmiano nello stile e con richiami letterari che si allontanano dal solito Ballard per avvicinarsi a Poe e Irving.

Il film sembra all’inizio bloccato da uno script con troppe separazioni manichee tra bene e male, ma si smarca subito puntando all’isolamento e la progressiva alienazione di un uomo che avverte la responsabilità del suo dono. Che consente un violento ribaltamento della realtà oggettiva, e proietta sia lo spettatore che il protagonista in un altrove spazio temporale nel quale, con la distorta percezione soggettiva, si rimette in discussione lo statuto di verità delle immagini.

La televisione di Videodrome è presente ovunque, bombarda l’uomo medio con manipolazioni della realtà: è l’apice della sociopolitica di Cronenberg. Che dirige un film che è specchio fedele di quegli anni Ottanta reaganiani.

È però La Mosca (The Fly, 1986) che rende esplicita la centralità della componente melò che serpeggia e affiora qua e là nei film precedenti, portando questa tensione agli estremi, coniugando il tema canonico dell’inibizione all’amore con la solita ossessione della mutazione del corpo, esasperata e resa visivamente raccapricciante e inevitabile.

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dalla pagina Facebook David Cronenberg the founder of body horror (da The Fly, La Mosca)

Il film (uno dei pochi casi in cui il remake è più bello dell’originale, ovvero L’esperimento Del Dottor K del 1958 di Kurt Neumann) racconta la storia di un amore che si rivela impossibile perché il corpo di uno dei due amanti muta e si trasforma diventando “mostruoso”. Come si fa a continuare ad amare un io che diventa altro? Come amare quell’io anche nella sua alterità? Il film gira attorno a questi interrogativi, con le sue scene madri, con le scenografie costruite in modo da gravare sui personaggi fin quasi a soffocarli, con quelle luci cupe e sporche che offuscano la vista e tolgono il respiro.

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The Fly è un’amara meditazione sul destino che obbliga i corpi all’immobilità per non perdere la reciproca attrazione che li univa, ma non solo questo. Si riprendono e si sviluppano le riflessioni sulla nuova carne, perché anche qua il corpo è un organismo esposto alla contaminazione, all’infezione, alla penetrazione di un qualcosa che viene da fuori. Se quindi in Videodrome il corpo di Max si apriva come una fessura sessuale all’ingresso delle videocassette, in The Fly il corpo sperimenta una totale fusione genetica che porta l’essere umano a diventare un insetto.

Il riferimento alla Metamorfosi di Kafka è immediato ed esplicito, anche se qui non c’è una mente umana imprigionata in un corpo da insetto, ma un uomo che vive fino in fondo, fino alla morte, il brivido e l’orrore di un’identità ibrida.

Sfondo dominante nel cinema cronenberghiano è appunto il visualizzare una nuova identità, la possibilità di creare un essere che non esiste in realtà se non all’infuori del film. Questo è il film che più impietosamente mette in luce il ruolo che Cronenberg si assume: produttore di immagini d’orrore e di incubi.

Non è un caso se è proprio qui che il regista sceglie di ritagliarsi un cammeo: è infatti il ginecologo che estrae dalle cosce della terrorizzata puerpera Geena Davis una larva biancastra e sanguinante dalla forma fallico-escrementizia. Metaforicamente, Cronenberg diventa il ginecologo dell’orrido che nasce, si ibrida, muta nelle viscere del nostro essere più profondo.

Scendendo ad un livello più tecnico, The Fly è una geniale metafora della potenza e dell’impotenza del cinema, come ha fatto notare Charles Tesson: la sua (teorica) capacità di vedere tutto e la sua (pratica) incapacità di vedere veramente, la sua cecità nei momenti cruciali. Seth Brundle, lo scienziato protagonista, teletrasporta i corpi da una capsula all’altra, così come il cinema prende l’immagine e la porta altrove.

Ma nel teletrasportare una bistecca, l’esperimento di Brundle fallisce: perché nel passaggio si perde comunque qualcosa. Così il cinema non riesce ad afferrare quel quid in più che si dissolve nel passaggio dalla realtà alla finzione: un film dunque che si concentra massimamente sul meccanismo generativo delle immagini e sull’orrore che la perdita (la “mutazione” sottrattiva) implicita nel procedimento non può non generare.

Tanto per chiarificare questa sua posizione, Cronenberg fa mettere a Veronica una telecamera fissa davanti le capsule durante il teletrasporto. Ma noi vedremo sempre e solo il prima e il dopo, e mai il durante.

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dalla pagina Facebook David Cronenberg the founder of body horror (dal film Dead Ringers, Inseparabili)

Inizia a sfaldarsi il senso di identità, una perdita che continua inesorabile con Inseparabili (Dead Ringers) del 1988. Un film che risveglia inesorabilmente l’angoscia del corpo e il terrore del razionale, nel momento in cui ogni individuo espone sé stesso e prende coscienza della fragilità del corpo.

Il film è un’opera seminale che rappresenta una vera e propria svolta per il cinema di Cronenberg: che riflette sulle possibilità della messinscena per un cinema che esteriorizza e riplasma la realtà in considerazione delle pulsioni intime dei protagonisti e dei loro desideri.

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Per questo, il film successivo, Il Pasto Nudo, è una cerniera e una dichiarazione di intenti che amplifica in maniera vertiginosa i riferimenti esterni ed esterni: la realtà è definita dalle pulsioni mentali, ma ancora in qualche modo legata alla fisicità sanguigna degli esordi. Il Pasto Nudo resta allora ancorato ad un incredibile e affascinante doppio registro, inafferrabile ed etereo ma ancora tattile fatto di muscoli, ossa, sangue e organi(smi) che mutano a vista.

1993/1999, i film del corpo che cambia:

M. Butterfly (1993), Crash (1996), eXistenZ (1999)

Se allora Videodrome individuava gli steccati all’interno dei quali si muove la riflessione e il dissidio esistenziale tra chi accetta e chi rifiuta la mutazione del corpo umano (intesa nel senso più ampio e filosofico possibile); il passo successivo è naturalmente esplorare come cambia il desiderio al cambiare del corpo.

M Butterfly fa questo: scardina ogni pretesa di ricondurre la seduzione e l’attrazione allo scmabio sessuale e, mentre si inserisce il pensiero della malattia del corpo, sconvolge l’immaginario comune solidificandone la struttura, depurando ogni elemento orrorifico e utilizzando l’amata forma del melodramma.

Occorre superare i modelli conosciuti del sentimento, quelli che si sviluppano a partire dal desiderio sessuale, e giungere alla perfezione della nuova carne. M Butterfly è un viaggio nella fenomenologia del corpo e del desiderio, quel corpo che attraverso la maschera si fa manifesto.

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dalla pagina Facebook David Cronenberg the founder of body horror (dal film eXistenZ)

È tutto pronto per il passaggio successivo: la mutazione del corpo avvien attraverso il contatto fisico con la macchina. Le immagini in Crash si fanno sempre più pulite, volontariamente asettiche: il desiderio, da M Butterfly in poi, può assumere qualunque forma, giocata sulla distanza, sulla ripetizione, sul dolore, sullo sfasamento.

Un discorso che si fa ancora più estremo e radicale nel film successivo, eXistenZ.

Il cerchio si allarga. La carne incontra il desiderio, la realtà terrena sfuma in quella immaginata, virtuale: la materia scompare e ricompare sotto una nuova forma mentre i confini incerti fondono esseri viventi e personaggi di un videogame. È la radicalità estrema di un cinema che sta cambiando pelle, quello di Cronenberg: nato negli anni 70, dopo vent’anni e ad un passo dal nuovo millennio inizia a scarnificarsi, a levigare la sua superfice, nel tentativo di essere sempre più essenziale.

A partire dal titolo, se ha la prima lettera in minuscolo e solo X e Z in maiuscolo. Come a capovolgere le regole fin dall’inizio, alla ricerca di una nuova forma che tenga in considerazione solo le incognite. E a proposito di movimento, eXistenZ è un film a spirale, un vortice lungo 98 minuti, un viaggio intorno alla natura umana e alla sua condizione esistenziale.

A metà degli anni ’90 (epoca in cui sono usciti film di confine e assoluti come Strade Perdute di David Lynch, The Truman Show di Peter Weir, Matrix delle sorelle Wachowski), ad un passo dal baratro che sarebbe stato il più grande gioco di ruolo mai realizzato -i social media-, agli albori dei reality show, c’era nell’aria un sentore di umanità in condizione postmoderna che viveva il sentore del realismo. Era il tempo di una nuova Babele, una deriva di segni e codificazione dove la soggettività è apparentemente protagonista in attesa di una nuova struttura.

Dopo l’orgia luccicante di Crash, in eXistenZ tutto torna organico, niente computer, solo muscoli e carne e ossa, e si rende apertamente evidente la relazione biologica tra corpi e oggetti, radicalizzando il pensiero de Il Pasto Nudo.