Birdemic: analisi del trash cult di qualità infima che ha fatto la storia

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Il tutto alternato a sequenze in cui il protagonista persegue indefessamente politiche green e installa un pannello fotovoltaico sopra casa sua, un ornitologo che ci illustra gli effetti del global warming sugli animali e un “abbraccia-alberi” che sostiene che un bosco è la sua casa, ma avvisa tutti quanti di scappare quando arriva un leone di montagna.

Insomma, da qualunque angolo lo si guardi questo film è indifendibile sia a livello strettamente tecnico che di scrittura, mentre la morale risulta confusa e la recitazione è alla meglio appena sufficiente, per non parlare di mille altre incoerenze – per, esempio, per una intera sequenza i bambini che i sopravvissuti hanno portato con sé scompaiono del tutto, come se ci si fosse dimenticati di includerli in quelle scene.

Tutto questo si può dire di Birdemic, eppure: perché è così amato, e perché è diventato un cult? In Italia, certamente, avvenne grazie a Yotobi: questo è uno dei film tremendi che consigliava nei suoi primi storici video, come anche Alex l’Ariete o Primavera di Granito, tutti ben noti alla generazione cresciuta con YouTube.

Poi c’è forse l’effetto The Room: una cosa fatta talmente male che risulta interessante proprio in virtù delle sue qualità “trash”, qualità riscoperte dai cinefili dell’era internet in cerca di gusti filmici indirizzati verso il guilty pleasure e l’apprezzamento del cosiddetto “so bad it’s good”, una scuola di pensiero che dai tempi di Plan 9 from Outer Space raccoglie sempre più seguaci.

In fondo, al cinema s’è già un po’ visto tutto e anche se di film buoni o anche ottimi qua e là ne spuntano ancora – questi, per esempio – spesso è un sollievo davvero inaspettato gettarsi nella visione di un film che sia semplicemente “brutto”, inguardabile davvero, e cedere al piacere di criticarlo pur sapendo benissimo che è come sparare sulla Croce Rossa.

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Rivedere Birdemic è, assolutamente, uno dei modi migliori per farlo.

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