I gatti più iconici della storia del Cinema [LISTA]

In questo articolo trattiamo la dualità tra il Cinema e i gatti, tra illusione e mistero

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Quando i gatti rubano la scena

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Se il cinema è un’illusione che gioca con il tempo e lo spazio, i gatti sono creature che sembrano sfuggire alle regole della realtà. Entrambi incantano, affascinano, si muovono con un’eleganza propria e custodiscono un’aura di mistero che li rendono eternamente irresistibili. 

Se il cinema inganna la mente attraverso montaggio ritmo e narrazione visiva, i gatti ingannano la percezione con la loro agilità felina e giocano con l’uomo come il cinema gioca con lo spettatore. Uno degli elementi che rende il cinema così affascinante è l’estetica: ogni inquadratura è studiata per essere armoniosa, ogni movimento di macchina è pensato per catturare la bellezza di un gesto. I gatti, dal canto loro, sono pura eleganza senza sforzo.

Non hanno bisogno di coreografie, non hanno bisogno di regia: sono una creatura cinematografica per natura, ogni suo movimento sembra frutto di una perfetta sceneggiatura. I suoi occhi sembrano nascondere segreti inconfessabili, il suo comportamento è indecifrabile, il suo silenzio eloquente. 

Non è un caso che nel noir e nell’horror il gatto sia spesso presente. I gatti sono creature affascinanti, enigmatiche e indipendenti, qualità che li rendono perfetti per il grande schermo. Da semplici compagni a simboli di potere, da elementi horror a protagonisti di storie commoventi, questi felini hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema. 

La loro capacità di muoversi in modo fluido e silenzioso, il loro sguardo magnetico e la loro imprevedibilità li rendono perfetti per molteplici ruoli cinematografici. Da semplici dettagli di sfondo a vere e proprie icone, si sono ritagliati un posto speciale nella storia della settima arte. Non sono solo presenze sceniche ma giocano ruoli chiave nella narrazione, rappresentando indipendenza, mistero, magia e inquietudine. Sono simboli potenti, veicoli di mistero, eleganza e indipendenza.

Ecco dunque una lista dei gatti più iconici della storia del cinema e il ruolo che hanno assunto nei film in cui sono apparsi:

Jonesy (Alien, 1979)

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Fedele compagno di Ellen Ripley, Jonesy è il gatto dell’astronave Nostromo. La sua esistenza non è solo presenza scenica ma simboleggia il legame con la normalità e l’umanità della protagonista in un ambiente ostile e claustrofobico. Spesso percepisce prima delle persone il pericolo accentuando la tensione nel film ed è uno dei pochi a scampare al massacro dello Xenomorfo, sottolineando l’istinto di sopravvivenza felino. 

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Il Gatto (Colazione da Tiffany, 1961)

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Un randagio senza nome in quanto allegoria di indipendenza, proprio come la sua padrona Holly Golightly, questo gatto arancione riflette la sua lotta interiore tra il desiderio di libertà e la paura della solitudine, tra il suo spirito libero e il timore di appartenere a qualcuno. Il momento in cui Holly lo libera sotto la pioggia e poi torna a cercarlo raffigura la sua evoluzione emotiva e la sua volontà di accettare che l’amore in fondo non è una gabbia.

Pyewacket (Una Strega in Paradiso, 1958)

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Un gatto siamese che funge da familiare magico della protagonista Gillian Holroyd, una strega che usa i suoi poteri per conquistare l’uomo che ama. Il gatto è un essere soprannaturale che simboleggia proprio il legame con la magia e la libertà di scelta della protagonista. Quando Gillian si innamora perde i suoi poteri, evidenziando il conflitto tra magia e sentimenti umani. Nella tradizione esoterica, i gatti sono spesso associati a streghe e poteri occulti. 

I gatti randagi di Selina Kyle (Batman Returns, 1992)

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Dopo la sua apparente morte, Selina Kyle viene circondata da gatti randagi che sembrano rianimarla e darle una nuova identità come Catwoman. Questi gatti non solo enfatizzano la sua trasformazione fisica e mentale, ma simboleggiano il suo distacco dalla precedente vita e la rinascita in una creatura affascinante ma pericolosa incarnando l’agilità e la ferocia del gatto.

Ulisse (A proposito di Davis, 2013)

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Questo gatto rosso accompagna il protagonista Llewyn Davis nel suo viaggio attraverso la città di New York. Ulisse è un simbolo della precarietà della vita di Davis e del suo continuo senso di perdita e ricerca. La presenza del gatto crea un parallelo tra il protagonista e il felino, entrambi smarriti e in cerca di un posto nel mondo. Il gatto passa di mano in mano, esattamente come Davis, che non riesce a trovare stabilità. 

Il gatto di Harry Lime (Il Terzo Uomo, 1949)

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Nel capolavoro noir di Carol Reed, il gatto di Harry Lime è l’unico essere vivente che sembra avere un legame con il misterioso personaggio interpretato da Orson Welles, sottolineando la sua solitudine e il suo distacco dalla società. La scena in cui il gatto si accoccola ai piedi di Lime nel buio contribuisce a costruire la suspense e il mistero intorno alla sua figura prima della sua apparizione.

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Il gatto di Ferrand (Effetto Notte, 1973)

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François Truffaut, nel suo metacinematografico capolavoro, utilizza un gatto in una scena iconica per mostrare le difficoltà e le casualità delle riprese di un film. Il felino rappresenta l’imprevedibilità del cinema e il suo fascino caotico, proprio come nella vita. La scena in cui il gatto non si comporta come dovrebbe è una metafora delle difficoltà della produzione cinematografica. Un omaggio al cinema classico, in quanto la scena richiama la tradizione neorealista, in cui gli elementi casuali diventano parte della narrazione.

Il gattino bianco (La Dolce Vita, 1960)

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Durante la famosa sequenza con Sylvia (Anita Ekberg) nella Fontana di Trevi, il personaggio di Marcello (Marcello Mastroianni) prende in braccio un gattino bianco e cerca di attirare l’attenzione della donna. Il bianco del gattino simboleggia l’innocenza, un contrasto con l’eccesso e la decadenza della Roma della Dolce Vita. Il piccolo felino, fragile e bisognoso di cure, rappresenta il desiderio di Marcello di trovare qualcosa di autentico in un mondo pieno di superficialità.

Il modo in cui Marcello tiene il gattino è quasi infantile, come se cercasse di usare un elemento di dolcezza per avvicinarsi a Sylvia. Tuttavia, come molte delle sue azioni nel film, il gesto è destinato a essere effimero e senza sostanza.Il gattino è un simbolo di momenti fugaci e di bellezza passeggera, proprio come la scena stessa: incantevole e iconica, ma senza conseguenze reali per la vita dei personaggi.

Insomma, i gatti nel cinema non sono mai solo “gatti”. Sono simboli potenti, veicoli di mistero, eleganza e indipendenza. Che si tratti di un randagio senza nome, di un familiare stregonesco o di un compagno di mafia, i felini portano sempre con sé un’aura di magia e ambiguità. In fondo, “Non c’è niente di più inquietante di un gatto che guarda nel vuoto.”