Heretic, la Recensione dell’horror A24 con Hugh Grant
Religione e fede, in un horror che lascia l'amaro in bocca nonostante le ottime interpretazioni dei protagonisti e le premesse iniziali del film. Ecco la nostra recensione di Heretic.
Ogni film che A24 annuncia, nelle vesti di casa distributrice o produttrice, suscita sempre una quasi ingestibile curiosità cinefila, come nel caso di Heretic. Tra brillanti campagne marketing, gadget e trailer, nonché la presenza di Hugh Grant nel ruolo del villain di turno, gli occhi dello spettatore sono stati già catturati da tempo. Eppure, purtroppo, sebbene A24 non sia assolutamente solita nel confezionare film mediocri, c’è sempre una prima, maledetta volta, che in questo caso risponde proprio al nome che dà il titolo al film.
Heretic, la Trama
Due giovani missionarie mormoni, sorella Barnes e sorella Paxton, girano di casa in casa per ricercare nuovi adepti. Una serie di appuntamenti per tirare nel carro nuove leve da battezzare nel nome del loro credo. Tra una porta e l’altra, si imbattono in un uomo di mezza età, il signor Reed, ben disposto ad ascoltare la loro Parola. Una conversazione degna di un simposio sulla teologia che però si trasformerà ben presto in un incubo senza fine per le due povere sventurate.
Heretic, la Recensione
È un fatto che ad oggi l’horror ha due strade ben precise e distinte. Da un lato A24, dall’altro Blumhouse. Due estetiche quasi diametralmente differenti che hanno in comune solo quella legata al genere. Ebbene, nel primo caso, la cifra stilistica si basa principalmente su atmosfere e sottotesti, dove l’orrore non è mai palesato bensì suggerito. Dall’altro, l’horror da pop corn, carico di jumpscare, ora riusciti e ora no. O in altre parole, l’horror commerciale, che va in contrasto con l’horror elevato (o gentrificato) della A24. In quest’ottica, Heretic riesce a porsi nel pieno mezzo, in un doppio film con alti e bassi, in questo preciso ordine.
Tutta la prima parte di Heretic infatti, ricalca il modello indie, mostrandoci una storia narrata dentro un salotto, dove si percepisce un certo disagio nonostante un protagonista-antagonista accomodante. Un savoire faire di spessore, impostato, da vero gentleman inglese come appare l’occhialuto Hugh Grant, autore di una prova suprema, e coadiuvato da due missionarie che appaiono come l’una antitesi dell’altra. Sophie Thatcher, dopo Companion sempre più una piacevole conferma, qui malfidata e accorta, e Chloe East, già apprezzata nel meraviglioso TheFabelmans, più condiscendente nei confronti del sempre sorridente Hugh Grant.
Il duo registico composto da Scott Beck e Bryan Woods regala momenti molto interessanti, alternando fish eye e grandangoli, con primissimi piani dei volti, come se volesse scrutare le reazioni nascoste dei tre personaggi coinvolti, e restituendo a pieno il senso di claustrofobia che quel salotto restituisce tanto alle protagoniste quanto a noi spettatori. Una prigione dove si è liberi di andar via ma che di fatto non si può. Una sensazione perturbante ci accompagnerà fino al chiudersi di questa verbosissima e magnetica prima parte, finché Hugh Grant non deciderà di scoprire le carte in tavola e porre le due missionarie davanti ad una scelta quasi kirkegaardiana.
Un excursus su fede e religione, sul suo impatto nella società e nei credenti, con metafore e allegorie quantomeno singolari tirando in ballo Monopoli e Creep dei Radiohead, nonché racconti storici, molto interessanti, che quasi distolgono l’attenzione e placano gli animi inquieti, salvo poi far risalire ancor di più il disagio claustrofobico di cui sopra. Insomma, un’intera prima parte all’altezza (e coerente) dei titoli presenti nel catalogo di A24. Tuttavia, giunti a metà, inizia la discesa di Heretic, unitamente alle due protagoniste che aprono una porta diretta verso il più classico degli scantinati inquietanti.
Non sveleremo cosa c’è là sotto né cosa avviene alle due missionarie, onde evitare eventuali fastidiosi spoiler. Ciò che però accade è che Heretic prende una piega che ricorda molto l’estetica di un film di marca Blumhouse. Al netto di ogni giudizio qualitativo, che appartiene alla soggettività di ogni singolo spettatore, le premesse del film svaniscono nel nulla, favorendo il subentrare di una serie di cliché e spiegoni ben lontani da lasciare qualcosa al caso. E quindi ecco arrivare jumpscare e fluidi corporei vari, sedicenti creature e un po’ di sangue che mai guasta. L’effetto però è decisamente estraniante giacché sembra di assistere ad un altro film dove i protagonisti restano sempre gli stessi.
Si arriva dunque alla miglior conclusione possibile che però lascia comunque l’amaro in bocca, ancor di più se si pensa a quanto di buono era stato fatto nella prima parte di Heretic. Resta quasi incomprensibile la scelta di voler trasformare il film in qualcos’altro di più confortevole, rifugiandosi nella terra del salto sulla poltrona, di un horror che viene rapidamente consumato e che lascia ben poco, se non nulla, post visione. Insomma, si parte con delle ottime premesse che vengono poi del tutto disattese, mancando di coraggio anche nel preferire di gettare tutto alle ortiche invece che tentare la strada di un delirio quasi sci-fi.
In altre parole, Heretic si sorregge sulle ottime interpretazioni dei protagonisti coinvolti ma si lascia cadere nel pessimo baratro della banalità, modificando la sua essenza e le ottime premesse. Un passo falso di A24, forse il primo andando a memoria, che ci regala purtroppo un film mediocre. Recita il detto che non tutte le ciambelle escono col buco. E una fallata, dopo tonnellate di ciambelle perfette, la possiamo anche tollerare sebbene sia quasi del tutto immaginabile.
Cast
Hush Grant: Signor Reed
Sophie Thatcher: sorella Barnes
Chloe East: sorella Paxton
Trailer
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