“Volevo essere un duro
Che non gli importa del futuro, no
Un robot
Medaglia d’oro di sputo“
“Lo scippatore che t’aspetta nel buio
Il Re di Porta Portese
La gazza ladra che ti ruba la fede“
“Volevo essere un duro
Che non gli importa del futuro, no
Un robot
Medaglia d’oro di sputo“
“Lo scippatore che t’aspetta nel buio
Il Re di Porta Portese
La gazza ladra che ti ruba la fede“
“Volevo essere un duro
Però non sono nessuno
Cintura bianca di Judo
Invece che una stella uno starnuto“
Lucio sostiene, giustamente, che un duro al quale “non importa del futuro” è un automa, un essere senza sentimenti. Meglio essere così, o meglio abbracciare la propria umanità, anche se ci fa sentire “deboli”? Nel 2025, in mezzo all’iper-competitività in cui viviamo e in una società che ci impone di eccellere e di affermarci a tutti i costi come mai prima, è una domanda quanto mai essenziale.
“I girasoli con gli occhiali mi hanno detto
‘Stai attento alla luce’
E che le lune senza buche
Sono fregature
Perché in fondo è inutile fuggire
Dalle tue paure“
“Vivere la vita è un gioco da ragazzi
Io volevo essere un duro
Però non sono nessuno
Non sono altro che Lucio
Non sono altro che Lucio“
Inutile fuggire dalle proprie paure, afferma Corsi, nel senso che quel che ci rende umani davvero non è ignorare le nostre debolezze ma accettarle e cercare semmai, di giorno in giorno, di migliorare. “Non sono altro che Lucio”, conclude candidamente e con ironia, dopo aver dimostrato con questa splendida poesia che essere “solo” Lucio Corsi è in fondo, a suo modo, una cosa eccezionale.
E può valere per tutti noi.
Continuate a seguirci su LaScimmiaPensa e su WhatsApp