La delicata, onesta e spiazzante poesia di Lucio Corsi è un inno a una umanità diversa: ecco perché ci ha colpiti come una delle canzoni più profonde del Sanremo di quest’anno
Volevo Essere un Duro, la canzone presentata da Lucio Corsi a Sanremo 2025, ha già conquistato tutti e il motivo c’è. Al di là dell’originale – peri nostri tempi – arrangiamento ispirato al glam rock inglese di inizio anni ’70 con tanto di assolo di chitarra alla Mick Ronson, quello che davvero colpisce è il testo.
Si perché Corsi, in linea con il suo stile musicale e la sua carriera, presenta in questa canzone un inno a una umanità “diversa”, quella delle persone normali, con un carattere mite, incapaci di emergere come gli influencer o come appunto i “duri” da film, che svolgono vite regolari e non fanno mai niente di eccezionali. Ma, guarda un po’, magari stanno bene così.
“Volevo essere un duro Che non gli importa del futuro Un robot Un lottatore di sumo“
“Uno spaccino in fuga da un cane lupo Alla stazione di Bolo Una gallina dalle uova d’oro Però non sono nessuno“
Nella canzone per cui Lucio descrive vari stereotipi, obiettivi grandiosi non raggiunti o figure che non è riuscito a diventare, rimarcando: “Però non sono nessuno”. In questa espressività sembra richiamare molto lo stile poetico di Francesco Tricarico, mentre ricordiamo che anche Caparezza nel lontano 2000 proclamava: “Mi piace la gente normale / Che svolge una vita normale”.
“Non sono nato con la faccia da duro Ho anche paura del buio Se faccio a botte le prendo Così mi truccano gli occhi di nero“
“Ma non ho mai perso tempo È lui che mi ha lasciato indietro Vivere la vita È un gioco da ragazzi Me lo diceva mamma ed io Cadevo giù dagli alberi“
“Quanto è duro il mondo Per quelli normali Che hanno poco amore intorno O troppo sole negli occhiali“