I Premi Oscar più immeritati della storia [LISTA]

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Il circo vince su un western immortale – Anni ‘50

“Il più grande spettacolo del mondo” (1952) di Cecil B. DeMille, un film per famiglie drammatico ambientato nel mondo del circo con una trama prevedibile e innocua, stravince su “Mezzogiorno di fuoco”, western indimenticabile di Fred Zinnemann ma politicamente scomodo per via delle posizioni politiche del regista, troppo vicino all’ideologia maccartista.

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Due umiliazioni alla Storia del Cinema in un solo decennio – Anni ‘60

“My fair lady” (1964), una commedia musicale in costume e per famiglie di George Cukor, batte l’opera sovversiva di Stanley Kubrick “Il dottor Stranamore, ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba” che esplora temi politici e sociali con graffiante ironia. Giustamente, perché compromettersi con un pazzo visionario geniale e corrosivo quando possiamo crogiolarci comodamente in orecchiabili canzoncine e leziose scenografie?

“Oliver!” (1969), musical in costume ispirato al romanzo di Charles Dickens e diretto da Carol Reed, vince la competizione con “2001 odissea nello spazio”. Di nuovo il maestro Kubrick perde contro un musical, di nuovo l’audacia perde contro la tradizione.

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Il sogno americano impossibile da arginare anche per Scorsese – Anni ‘70

“Rocky” (1976) di John G. Avildsen. Una storia di riscatto e incentrata sul sogno americano vince contro “Taxi Driver” di Martin Scorsese, ritratto crudo e cupo della società americana. Una follia alienante e disturbante che non poteva ovviamente reggere il confronto con un messaggio di speranza e ispirazione.

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Un pacchetto ben confezionato è più gradevole da scartare – Anni ‘80:

“La mia Africa” (1985) di Sydney Pollack è miglior film: storia d’amore drammatica e struggente in costume, attori iconici, eco sbiadito di critica sociale ed eccoci di nuovo di fronte all’estetica rassicurante del conservatorismo hollywoodiano a discapito di opere più grottesche e visionarie, come “Brazil” di Terry Gilliam. Una satira distopica ispirata ad Orwell, troppo anarchico per poter contrastare il bel faccino di Redford.

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Oscar in love.. grazie a Weinstein! – Anni ‘90

“Shakespeare in love” (1999) di John Madden, film ben confezionato ma carente di spessore nei temi trattati rispetto a film concorrenti come “Salvate il soldato Ryan” di Steven Spielberg o “La sottile linea rossa” di Terrence Malick. Motivo? Harvey Weinstein (a quei tempi boss di Miramax) la sua campagna manipolativa senza precedenti, suffragata da marketing martellante, lobbying e diffamazione sui film antagonisti.

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