Red Canzian, storico bassista e anima dei Pooh, continua la sua attività da autore con la pubblicazione di CentoParole, edito da Sperling & Kupfer. Dopo aver suonato per cinquant’anni con i suoi amici Roby Facchinetti, Dodi Battaglia, Stefano D’Orazio e Riccardo Fogli, dopo aver scritto e cantato pezzi della storia musicale d’Italia, Red è sempre alla ricerca di nuovi stimoli che partono dalla musica ma arrivano alla pittura, alla scrittura, all’arte in generale. Sempre con la capacità di commuoversi per le piccole cose.
Allora, partiamo ovviamente dal libro, da CentoParole: sono 100 parole che l’hai scelto per raccontare una vita…
…però manca un pezzetto, che poi è il sottotitolo: per raccontare una vita, la tua.
Eh sì, io volevo arrivare a questo qua. Hai detto che non ha voluto fare la solita autobiografia su Red. Tu hai passato anni ad osservare la gente, e hai raccontato un po’ la tua vita nelle tue canzoni: in che modo hai variato il tuo punto di vista per raccontare quella degli altri?
Dopo il Covid, ho visto una carenza e una sparizione di entusiasmo, di voglia, di progettualità, di sorrisi, incredibile. Ho visto gente non persa, ma dispersa, soprattutto i giovani, ma anche i grandi che fanno finta di essere quelli invece che hanno retto al colpo. E mi sono detto: ma non è possibile, o sono scemo io, o stanno sbagliando loro. Non è possibile che io continuo a progettare, a 73 anni, e guardo avanti e ci credo, e morirei se non avessi la possibilità di inventarmi qualcosa.
Allora ero pronto, provo a scriverlo. All’inizio pensavo di usare 200 parole, poi alla fine son diventate 100. E a queste parole dò un senso, un senso legato a qualcosa che io ho fatto, e raccontando quello che ho fatto ovviamente anche quello che ho sbagliato. Faccio capire il perché certe cose succedono: perché vedi, noi di sicuro non abbiamo la possibilità di decidere quanto lunga sarà la nostra strada, ma con il lavoro e con l’impegno, possiamo decidere quanto larga sarà.
Il destino non è mai da solo a lavorare.
Il destino non frequenta i pigri: il destino buono cerca di aiutare chi si rimbocca le mani, che voglia di sopravvivere alla vita, di giocare, di stupirsi, di sgranare gli occhi.
Guarda, ti dico che i miei amici mi prendono in giro perché dico che a 70 anni mi commuovo davanti ad un tramonto. Ma ci sono dei tramonti…
Red Canzian: oggi lavoro e vivo in sottrazione
È bello, è importante riuscire a commuoversi ancora per una storia, per un viso….
…ma io ti giuro, davanti ai bambini io divento matto! L’altra sera c’era un piccolino che avrà avuto otto anni come il mio nipotino: è venuto lì, con una faccia così bella, cosa sicura, e mi ha detto “voglio fare una foto con te”. In genere sono i genitori che spingono i bambini a fare le foto, perché non mi conoscono: invece questo sapeva tutto!
Questo è il quinto libro. Il primo si chiamava Magia dell’albero, parlava di alberi perché ho la passione per i bonsai, vabbè: e il secondo si chiamava Storie di vita dei fiori perché io ho collegato pezzi della mia vita a questi fiori spontanei che nascono così… tu dici che ci vuole sensibilità, ma io sono sempre stato attratto dalle piccole cose.
E poi, più passante, più mi accorgo che sto lavorando su di me per sottrazione. Cioè, sto eliminando tutto e tutti quelli che non mi rendono felice. Non dico che sono persone buone, perché non mi permetterai mai: ma non mi aggiungono niente. Non aggiungo neanche io, allora, anzi tolgo.
Ci vuole una grande maturità per riuscire a sfoltire così la propria vita…
Ma infatti, ho detto che ho cominciato a farlo ora, non è che lo facevo a trent’anni purtroppo, magari! Però hai capito, se tu fai una selezione… Guarda, bastano poche cose per capire se una persona può cominciare a entrare in contatto con te: da come ti stringe la mano, da come ti guarda negli occhi, dall’empatia che avverti.
Probabilmente sarà, come dicono, anche un fatto chimico di pelle. Ma io sto cercando di migliorare la mia vita togliendo, non aggiungendo. Poi sono un uomo di pochissime esigenze, vesto sempre di nero, per cui se apri il mio armadio, come metto la mano va bene!, non devo farle accoppiamenti dei colori, mi compro cinque pantaloni all’anno e cinque magliette o maglioni, tutti neri e sono a posto! No, proprio non me ne frega niente della moda e le cose.
Perché voglio investire il mio tempo a fare altre cose che mi diano grandi gioie.
E allora ho altri progetti, ho un alto musical in testa: per esempio, sono stato in Cina qualche giorno fa, ho parlato con l’istituto della cultura cinese per fare una coproduzione italocinese, portando io tutto il know-how e del mio staff lavorativo e far realizzare a loro scene, scenografie, costumi…
Red & gli altri
Questo aprirsi alle novità, guardare oltre i confini anche geografici, ha tracciato anche un po’ la storia musicale dei Pooh, specialmente tra gli anni Ottanta e Novanta, voi in questo siete sempre stati precursori, vi siete contaminati un po’ quella musica con sonorità europee.
Il nome di Red, Roby, Stefano e Dodi ha fatto il giro del mondo, letteralmente … per questo: sei venuto in contatto con tantissime culture, tantissime persone, ieri e oggi. Hai attraversato e osservato le diverse generazioni.
E anzi, forse nonostante il successo stratosferico i Pooh non sono mai stati celebrati abbastanza per quanto hanno saputo raccontare i disagi dell’uomo moderno e metropolitano. Ma allora, cosa hai visto? C’è un filo rosso che lega emotivamente gli uomini, i ragazzi, di ieri e di oggi? C’è qualcosa che è sempre uguale nelle persone?
Secondo me si, c’è una base che non cambia. È un 40% della personalità di ognuno. Ma non cambia adesso,
non cambia nei ragazzi che eravamo noi, non cambiava nell’età di mio papà: quella fase dell’entusiasmo, dello stupore, della voglia, della caparbietà, dell’incoscienza: quella è quel 40% che è la fucina magica di tutte le idee. Poi c’è un 60% che è la vita, il costume, le abitudini, gli insegnamenti, gli obblighi, le leggi.
Su quel 40% hai lavorato tantissimo. Tu ti sei reinventato continuamente, sia con i Pooh, sia da solo. Ti sei reinventato come scrittore, hai partecipato a Sanremo da solo, come autore di opere musical, come se fossi sempre alla ricerca di un mezzo di espressione nuovo, per trovare sempre uno stimolo in più.
Eh sì, ne ho bisogno. Ne ho bisogno per sentirmi vivo. E mi dispiace molto che quell’altro famoso 60% fatto di obblighi e leggi e insegnamenti, così canonici, e dogmatici, vada molto spesso a spegnere. Credo che ci siano dei geni che hanno perso la loro chance. Io avevo con mio primo gruppo un tastierista. Era molto bravo,
ma sua madre, che era moglie di un generale dell’esercito (non so dire cosa pensasse il padre, perché non l’ho frequentato, ma la mamma si) si incazzava perché lui aveva il sogno di suonare. E questo adesso è un nome realizzato, fa il dentista. Ma è un uomo frustrato. Perché i suoi sogni sono stati massacrati, massacrati.
È proprio questo che non si deve fare con un figlio. Mi dicono, sai, che i figli hanno bisogno di genitori, si ma di genitori che si siedano e dicono: raccontami, cosa ti piace? Cosa stai pesando? Ti ascolto.
Oggi la musica è liquida. È completamente cambiato il mercato discografico, completamente cambiato anche il modo di affacciarsi sulla scena musicale. Ovviamente, inevitabilmente, sono anche cambiati non voglio usare il termine musicisti, ma è cambiato chi si occupa delle canzoni, oggi. È evidente, senza fare nessun nome, che sia abbassato di molto il livello creativo. Ma tutto questo anche perché è cambiata la fruizione, le certificazioni del successo…
È possibile, secondo te, che in un futuro qualcosa a cambi di nuovo per tornare a fare musica?
Io ci spero, perché grazie ai flussi e deflussi della vita e della moda le cose cambiano sempre. Per esempio, mi stimola molto, sto fatto, che sempre più gente compri vinili. Perché è’ un fatto di partecipazione. Io quand’ero piccolo mettevo i soldi per comprare il long playing, andavo a chiedere tutti i giorni se era arrivato, come forse facevi anche tu…
…io con le musicassette! Sempre.
Poi finalmente arrivava, e allora lo mettevi sul piatto, mettevi la puntina, dovevi stare ogni 20 minuti a girarlo… quindi c’era una partecipazione fisica oltre che d’ascolto. Io imparavo tutto quello che c’era scritto nella copertina: dagli autori a dove era stato registrato. Sono quelle cose che facciamo noi che abbiamo amato la musica e l’abbiamo compresa.
Io spero che ritorni: vorrei svegliarmi la mattina e sentire qualcosa di nuovo, cioè non è possibile che la musica sia fatta con la cassa in 4/4 e basta! Non c’è più una chitarra acustica o due voci armonizzate bene… È un brutto momento della musica, un brutto passaggio, ma è un passaggio inevitabile, è generazionale.
Certo, io non sono in grado di giudicarlo, per me la musica parte da altri concetti, da altri valori, altrimenti sarei stato un pirla a studiare solfeggio… Non è che quei puntini su pentagramma li metti a caso! La musica è una cosa differente.