8. L’apparizione di Dylan al programma televisivo di Pete Seeger
La scena
Verso la fine di A Complete Unknown, Bob Dylan fa un’apparizione improvvisata durante il programma televisivo dedicato alla musica folk, condotto da Pete Seeger. L’ospite d’onore di questo episodio è un cantante blues di nome Jesse Moffette con cui Dylan scherza in diretta ed esegue una canzone.
La realtà
Pete Seeger conduceva veramente un programma intitolato Rainbow Quest, che andava in onda a New York e nel New Jersey e che presentava musicisti folk, blues e bluegrass. Ma Dylan non ha mai partecipato veramente allo show. E in realtà anche il cantante blues Jesse Moffette (interpretato dal vero chitarrista blues Big Bill Morganfield) non ci è mai andato, per il semplice fatto che quel cantante non è mai esistito. L’intera scena è dunque un’invenzione che ha l’effetto di ingigantire un po’ il rapporto tra Seeger e Dylan – che è stato comunque importante, ma probabilmente non così tanto come mostra A Complete Unknown.
9. Il discorso di incoraggiamento di Johnny Cash
Un trattamento simile viene riservato anche a Johnny Cash, figura a cui il regista James Mangold è certamente molto legato, avendo girato, come detto in precedenza, anche il film biografico su di lui – Walk the Line del 2005 – con Joaquin Phoenix nel ruolo dell’ “Uomo in Nero”. Il Johnny Cash rappresentato in A Complete Unknown diventa subito “amico di penna” di Dylan e lo incoraggia ripetutamente a seguire la propria strada senza farsi influenzare dagli altri.
L’apice del loro rapporto è la scena di A Complete Unknown che avviene nel parcheggio poco prima dell’esibizione finale al Newport Folk Festival del 1965. Dopo aver discusso con Seeger, Dylan esce un attimo a prendere una boccata d’aria e incontra Cash, in evidente stato di ebbrezza, che cerca invano di uscire con la sua auto dal parcheggio. In quel frangente Cash gli fa un discorso d’incoraggiamento per non lasciare che gli altri gli dicano quale musica deve suonare.
La realtà
Anche qui è tutto molto bello e cinematografico, ma falso. O meglio: è assolutamente vero che Dylan e Cash erano diventati amici, che Cash lo incoraggiava continuamente e che si scrivevano delle lettere. Anzi, Mangold è riuscito persino a recuperare, tramite il manager Jeff Rosen, parte di questa corrispondenza originale: “La frase molto specifica in cui Johnny dice: ‘Bob, traccia un po’ di fango sul tappeto’, è letteralmente quella che Johnny ha scritto a Bob in una di queste lettere” ha rivelato il regista.
Il vero Cash, inoltre, aveva anche difeso pubblicamente la decisione di Dylan di allontanarsi dalle canzoni di protesta, scrivendo una missiva alla rinomata rivista folk Broadside, in cui diceva: “Non parlate male di lui finché non lo ascoltate”, “È quasi nuovo di zecca… FATE SILENZIO! … E LASCIATELO CANTARE!”. Ciò non toglie che la scena clou sia falsa: l’uomo in nero non era presente al festival di Newport nel ’65 e quel discorso di incoraggiamento prima di salire sul palco non è mai avvenuto. Anche in questo caso, come in quello di Pete Seeger è più una proiezione immaginaria della sua vicinanza in generale.
10. L’esibizione finale di Dylan al Newport Folk Festival del ’65
La scena
A Complete Unknown raggiunge il suo culmine con la famosa esibizione al festival di Newport del ’65, quando Dylan decise di infrangere la tradizione del folk convenzionale, proprio davanti a quella che era considerata la sua casa, proponendo un primo set elettrico invece di suonare in acustico come sarebbe stato più consono a pubblico e organizzatori.
Qui le cose si fanno complicate perché le testimonianze della serata sono così diverse che diventa quasi impossibile separare il mito dalla realtà e dire con esattezza cosa sia realmente accaduto. Diciamo che, in un certo senso, Mangold prova a mantenere l’equilibrio tra le due cose. In A Complete Unknown la reazione da parte del pubblico è variegata, ma sembra che a prevalere sia la parte più ostile. A un certo punto Pete Seeger fissa insistentemente un’ascia perché per anni è circolata la leggenda metropolitana che volesse afferrarne una per tagliare i cavi dell’amplificazione.
Ma c’è un particolare dettaglio che ha fatto insorgere la sommossa di quasi tutti i dylanologi del pianeta: durante l’esibizione si sente nitidamente provenire un urlo da qualcuno del pubblico che grida “Giuda!” all’indirizzo di Bob Dylan. Da sopra il palco Dylan risponde: “I don’t believe you…” / “Non ti credo…” e poi, rivolgendosi direttamente alla sua band, si raccomanda: “Play fucking loud!” / “suonate fottutamente forte!”. Dopodiché il gruppo fa partire una versione incendiaria di Like a Rolling Stone. Si tratta di un momento epico che è giustamente entrato a far parte della mitologia dylaniana e infatti è stato ripreso anche dal documentario di Scorsese (si può vedere la scena qui).
La realtà
C’è solo un piccolo problemino: quell’episodio è accaduto veramente, ma non lì a Newport. Tutti i fan di Dylan sanno che quel momento leggendario è avvenuto durante un concerto in Inghilterra e più precisamente alla Free Trade Hall di Manchester il17 maggio 1966: lo si può ascoltare nella registrazione del live “The Bootleg Series Vol 4: Bob Dylan Live 1966, The “Royal Albert Hall” Concert.
Ma le ragioni per cui un momento del genere non poteva essere lasciato fuori da questa storia, e anzi aveva senso inserirlo qui, sono evidenti e perfettamente coerenti con la narrazione.
È possibile che sia questo “il vero episodio falso voluto da Dylan”. La risposta, come quasi tutte le altre che avvolgono il mistero di Dylan, sta soffiando nel vento, ma il suo mito, oggi a sessant’anni di distanza da allora, è ancora qui e lo sarà anche in futuro. Anche perché, come ha scritto Alessandro Carrera, “non sono 60 anni che Dylan canta. Sono secoli”.
Andrete a vedere A Complete Unknown?