Parla Maccio Capatonda
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Maccio Capatonda, all’anagrafe Marcello Macchia, è uno dei comici più brillanti del panorama italiano, noto per il suo umorismo surreale e per la sua capacità di destrutturare i linguaggi del cinema e della televisione. In questa intervista con Il Corriere della Sera, racconta il suo percorso, le sue ispirazioni e i suoi progetti futuri. Maccio ammette che essere definito un genio lo rende felice, ma al contempo gli crea pressioni:
Adesso sono il primo ad avere grandi aspettative su me stesso. Più lo dicono, più diventa difficile mantenere un livello tale per cui tornino a farlo di nuovo
La vena comica non l’ha scoperta subito:
Da bambino non ero votato alla comicità – dice Maccio Capatonda. Volevo fare prima l’attore, poi il regista di film horror. Ne ho anche girato qualcuno, appena mi hanno regalato la famosa telecamera: avevo nove anni.
Tra i 14 e i 16 anni girò tre mediometraggi horror e alcuni sketch comici, coinvolgendo amici e parenti, ma si scontrò con la loro scarsa serietà. Così abbandonò l’idea di diventare regista e si iscrisse a Scienze della Comunicazione, indirizzo pubblicitario. Tuttavia, un professore lo spinse verso una casa di produzione, dove riprese a creare sketch comici per divertire i colleghi. Uno di questi, incentrato su un personal trainer assurdo di nome Jim Massew, attirò l’attenzione della Gialappa’s Band, che lo invitò a collaborare con loro. Questo lo spinse a considerare la comicità come un lavoro:
Avere un interlocutore che mi metteva soggezione mi ha spinto a fare di tutto per non deludere
Da bambino, Maccio era molto intraprendente e sempre alla ricerca dell’evasione.
Mi sembrava che la realtà fosse noiosa o dolorosa. Scrivere storie era un atto di ribellione a un’esistenza che non puoi controllare. Se scrivi tu, decidi cosa succede
La sua comicità, infatti, ironizza sui cliché di cinema e televisione, mondi che lo hanno influenzato durante gli anni ‘80, quelli del boom della tv berlusconiana e del cinema americano.
Tra i suoi riferimenti comici cita Guzzanti, Ricky Gervais, Lundini e Carlo Verdone, definito «un idolo assoluto». Sul set di Vita da Carlo 3, dove interpreta sé stesso, riflette sul rapporto con il personaggio di Maccio Capatonda:
Non considero Maccio un alter ego. Piuttosto, è la sua fama a volte a crearmi dei disagi
Maccio Capatonda ammette anche che non tutti trovano la sua comicità divertente:
Una ragazza mi disse: “Oh, a me non fai ridere”. Menomale, non si può piacere a tutti
All’inizio, la sua famiglia non comprendeva appieno la sua carriera, ma oggi lo sostiene:
Continuano a preferire Woody Allen o Nanni Moretti, ma li capisco
Racconta che i suoi genitori sono «comici mancati» e ricorda come nei suoi horror fatti in casa loro ridevano perché, «se non riesci a far paura, è un attimo che fai ridere».
Nonostante sia legato al video come forma espressiva, Maccio Capatonda ora sente il desiderio di esibirsi dal vivo:
Alla veneranda età di 46 anni sto iniziando a mettere in piedi questo progetto.
Con Herbert Ballerina, suo storico collaboratore, ha formato una coppia creativa molto fertile. Anche se ora lavorano meno insieme, stanno valutando di collaborare per uno spettacolo live.
Il trasferimento a Roma è avvenuto per il bisogno di cambiamento:
Roma è più realistica rispetto a Milano. A Milano vivi in una bolla di efficienza, mentre Roma, con i suoi vari casini, offre spunti stimolanti.
Maccio Capatonda non ha abbandonato il sogno di girare un horror:
Sono abbastanza convinto che il mio prossimo film sarà un horror.
Tra le sue prime influenze cita Dario Argento, ricordando di aver visto Profondo Rosso da piccolo, nonostante il divieto materno.
Ammette di avere paura del dolore fisico e della perdita dei suoi cari, mentre riflette sulla propria morte con curiosità. Tuttavia, teme la perdita di controllo:
A volte faccio fatica ad addormentarmi pensando: e adesso? Cosa succederà? Ma forse il bello è accettare di non avere il controllo
Infine Maccio Capatonda racconta la sua passione per il ballo, nata grazie a Michael Jackson, e conclude rievocando il saggio di prima superiore in cui si esibì sulle note di Jam:
Andò bene, ma poi mi vergognai troppo e me ne andai
Che ne pensate di queste parole di Maccio Capatonda?