A Complete Unknown, Recensione del biopic su Bob Dylan

Ecco la nostra recensione di A Complete Unknown, biopic dedicato al geniale Bob Dylan interpretato da Timothée Chalamet.

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A cura di Flavia Orsini

Dal prossimo 23 gennaio trovate al cinema A Complete Unknown, biopic dedicato al geniale Bob Dylan interpretato da Timothée Chalamet. Originariamente intitolato Going Electric, non è stato semplice per il film approdare nel panorama cinematografico. Il regista James Mangold aveva questo progetto in cantiere da quasi 10 anni e nonostante la sua pre-produzione partì nel gennaio del 2020, si arrestò innumerevoli volte per problemi come la pandemia da COVID-19 e lo sciopero SAG-AFTRA, per poi iniziare ufficialmente nel febbraio del 2023.

Durante questo travaglio, Timothée Chalamet, da sempre considerato come unica e sola opzione per il ruolo di Bob Dylan, prese lezioni di chitarra e di armonica, lavorò con lo stesso vocal & movement coach di Austin Butler per Elvis, e soprattutto passò la maggior parte del suo tempo con Dylan stesso, visitando la sua vecchia casa a New York e scambiandosi appunti e consigli su come approcciarsi al personaggio e soprattutto come modificare la sceneggiatura in base alle richieste dell’artista.

L’ultima stesura ufficiale di A Complete Unknown avvenne tra James Mangold e Bob Dylan; quest’ultimo diede la sua benedizione con un semplice e incisivo “Go with God”. Una volta sul set, era ben noto a tutti quanto Timothée Chalamet fosse entrato nel personaggio, tanto che veniva chiamato Bob anche al di fuori delle riprese. Ecco dunque la nostra recensione

A Complete Unknown, la Trama

New York, primi anni ’60. In un periodo di fermento culturale e musicale, un giovane musicista del Minnesota arriva nel West Village con la sua chitarra e un talento unico, destinato a trasformare per sempre la scena musicale americana.

Nel cuore della controcultura, il protagonista intreccia relazioni fondamentali per la sua crescita artistica e personale, ma si trova presto a fare i conti con un senso di insoddisfazione verso le rigide aspettative del movimento folk. Deciso a seguire la propria visione creativa, compie una scelta coraggiosa e divisiva, destinata a cambiare il corso della sua carriera e a lasciare un segno indelebile sulla cultura globale.

A Complete Unknown, diretto da James Mangold, racconta la straordinaria ascesa di un artista determinato a riscrivere le regole, esplorando le tensioni tra autenticità, innovazione e libertà espressiva.

A Complete Unknown, la Recensione

Si può decisamene affermare che A Complete Unknown non è un biopic come tutti gli altri; Bohemian Rhapsody, I wanna dance with somebody e Respect si sono concentrati sul raccontare cronologicamente l’intera somma dei successi dei loro artisti senza perdersi alcun momento della loro storia. Rocketman, Back to Black, Judy e Better Man invece hanno fatto una sorta di autoanalisi che scindesse l’artista dalla persona, e poi ci sono le sfarzose celebrazioni come Elvis e Dreamgirls, ma in tutto questo, dove si stanzia A Complete Unknown?

Esattamente come Bob Dylan, A Complete Unknown appartiene ad una categoria a parte. Di base c’è un focus esclusivo sull’uomo-artista, che però non si concentra né sui successi nè sugli insuccessi, né tantomeno sulla fondamentale rivoluzione musicale che Dylan creò quegli anni, ma solo su quel particolare tipo di carattere controverso che lo hanno reso l’artista più “anomalo” della sua generazione. Di certo questo porta lo spettatore ad avvicinarsi maggiormente alla sua poetica, o a riscoprirla completamente. Molto discutibile però, è stata la scelta di fossilizzarsi solo su 3 dei suoi 50 anni di carriera.

La narrazione infatti inizia nel 1961 con un Bob Dylan agli albori che tramite la conoscenza del cantante folk Woody Guthrie e di Peter Seeger inizia la sua lenta e (inizialmente) modesta ascesa nell’olimpo delle leggende della musica, e termina inaspettatamente nel 1965 ovvero l’anno della svolta “elettrica” di Dylan e dell’abbandono della sua precedente musica al fine di rivoluzionare il personaggio che gli era stato scritto a tavolino.

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Da un punto di vista cinematografico, è estremamente opinabile la scelta di A Complete Unknown di mozzare di netto lo storytelling, soprattutto se questo taglio viene inferto nel momento in cui si mostra il massimo exploit di un artista. Sarà stata una scelta di Dylan, che nel corso della sua vita ha sempre cercato di andare contro corrente e senza mai assecondare ciò che le persone si aspettavano da lui, o del regista stesso, che per questo biopic aveva in mente di cambiare totalmente rotta?

Non lo sappiamo, né tantomeno possiamo affermare che sia stata una scelta ottimale o meno, perché nonostante lasci il pubblico con un leggero amaro in bocca e con la voglia insoddisfatta di veder mostrato sul grande schermo le sorprese che sono avvenute dopo quell’atto musicalmente sovversivo, è esattamente in linea con lo stile imprevedibile e difforme di Bob Dylan, ma soprattutto alla sua propensione all’auto-mitizzazione.

Realizzare un biopic su un artista ancora in vita non era di certo un’impresa facile, soprattutto quando l’artista in questione ha sfumature caratteriali e movenze così particolari e uniche che un qualsiasi attore potrebbe risultare caricaturale. In questo, Timothée Chalamet ha decisamente dato prova di una versatilità al di là delle aspettative.

Tra tutti i complicati ruoli che i biopic hanno servito nel corso degli anni, quello di Bob Dylan in questo A Complete Unknown è stato forse il più insidioso al pari di Freddie Mercury, eppure Chalamet è riuscito profondamente a ritrarre un uomo distante, socialmente distaccato, indifferente alle quotidiane situazioni della vita, enigmatico, appassionato, motivato ed estremamente egocentrico, abbracciando dunque una serie di tratti negativi (senza nemmeno spiegare il perché di quei difetti) che avrebbero potuto portare lo spettatore a considerare Bob Dylan più irritante ed antipatico di quel che ci si aspettava, e invece, anche grazie all’umorismo insito nella sceneggiatura, ne è uscito a testa alta, dignitoso e coerente.

Il resto del cast di A Complete Unknown non è di certo da meno; Monica Barbaro ha fatto un lavoro sorprendente nel trattare la purezza e la profondità emotiva di Joan Baez, Elle Fanning è stata un pò meno incisiva visto il ruolo più appartato, ma più di tutti salta all’occhio la trasformazione di Edward Norton nel cantante folk e suonatore di banjo Peter Seeger che, ricreando i tipici movimenti dell’artista quando piegava leggermente la testa o modulava la voce, scompariva totalmente l’attore per lasciare il posto solo ed esclusivamente a Seeger.

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In questo incredibile mix di fatti, supposizioni e anche una piccola dose di fantasia, la verità però aleggia silenziosamente nell’atmosfera senza mai prendere forma. Come disse Dylan; “la verità era l’ultima cosa nella mia mente, e anche se esistesse una cosa del genere, non la volevo a casa mia”. Il film procede lungo questa linea, disseminando però dei piccoli stralci della sua personalità nascosta che lo spettatore più attento, come anche il suo fan più appassionato, possono usare come chiave di volta per decifrare i lati più chiusi e oscuri del suo carattere.

Leggendo tra le righe viene fuori una storia di innocenza perduta, una ricerca incessante e tormentata di qualcosa che pensa lo renderà felice ma di cui non conosce nè conoscerà mai l’identità, ma anche un profondo rammarico nel non essere riuscito ad accettare gli errori che ha commesso nel corso della sua vita e che lo hanno portato a ferire le persone che lo amavano.

Le sue relazioni, infatti, sono una parte determinante sia dei suoi successi musicali che dei cambiamenti avvenuti in futuro, e questo nel film è estremamente chiaro perché ogni traccia scelta rappresenta uno specifico conflitto interiore dell’artista relativo alle donne della sua vita; la rinomata cantante folk Joan Baez, più amante che fidanzata, e Sylvie Russo, la fidanzata storica che rappresenta il danno collaterale della fama di Dylan ma che nonostante questo ha influenzato la scrittura di classici come “The Times they are a changin”.

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Entrambe sono ritratte come parti fondamentali della vita del cantante, mostrando però la sua totale superficialità e insensibilità nei confronti dei loro sentimenti. Ed è forse proprio questa la caratteristica più particolare di A Complete Unknown; si auto-glorifica come artista ma al tempo stesso si auto-demolisce come uomo, senza mai risparmiare né tantomeno ammorbidire i suoi atteggiamenti più sprezzanti e aridi. C’è del coraggio in tutto questo, un coraggio che poteva provenire solo e soltanto da una figura come Bob Dylan, quell’artista che con totale non curanza non andò nemmeno a ritirare il suo premio Nobel.

Insomma, il contenuto insito in A Complete Unknown e le particolari scelte avvenute nel corso della sua produzione verranno ampiamente discusse tra ampie approvazioni e rumorosi disaccordi, ma è innegabile il lavoro meticoloso di James Mangold che, ignorando molte delle convenzioni associate a questo genere cinematografico, sceglie un approccio non tradizionale e totalmente personale con una straordinaria dose di flessibilità che gli ha permesso di gestire le mille sfumature di una storia così controversa.

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Non sarà il miglior biopic realizzato fino ad ora, ma trasmette perfettamente quel piacevole e onorevole retrogusto dell’eredità che Bob Dylan lascerà un giorno in questo mondo, offrendo 3 diverse possibilità ai suoi 3 tipi di pubblico; alle nuove generazioni darà la possibilità di identificarsi nella sua voglia di cambiamento e nella sua lotta alla rivoluzione, al pubblico più conservatore gli offrirà un nuovo modo di avvicinarsi alla sua musica meno politica e infine a coloro che vivevano negli anni 60, e che non potevano sapere che quel ragazzo dalla voce roca avrebbe cambiato per sempre il panorama musicale, ha dato la meravigliosa occasione di poter vedere sul grande schermo i suoi primi passi, inosservati e silenziosi, le sue scelte più personali e alcuni frammenti mancanti di un artista che non si rivelò mai al mondo in maniera completa.

Con A Complete Unknown riusciamo finalmente a capire meglio come lavorava la mente di Bob Dylan senza però interrogarci sui perché della sua vita. A quelli non ci sarà mai risposta, e noi non abbiamo nemmeno intenzione di trovarla.

A Complete Unknown, il Cast

  • Timothée Chalamet nel ruolo di Bob Dylan
  • Edward Norton nel ruolo di Pete Seeger
  • Elle Fanning nel ruolo di Sylvie Russo 
  • Monica Barbaro nel ruolo di Joan Baez
  • Boyd Holbrook nel ruolo di Johnny Cash
  • Scoot McNairy nel ruolo di Woody Guthrie
  • Dan Fogler nel ruolo di Albert Grossman
  • Norbert Leo Butz nel ruolo di Alan Lomax
  • PJ Byrne nel ruolo di Harold Leventhal
  • Will Harrison nel ruolo di Bob Neuwirth
  • Eriko Hatsune nel ruolo di Toshi Seeger
  • Charlie Tahan nel ruolo di Al Kooper
  • Ryan Harris Brown nel ruolo di Mark Spoelstra 
  • Eli Brown nel ruolo di Mike Bloomfield
  • Nick Pupo nel ruolo di Peter Yarrow
  • Il grande Bill Morganfield nel ruolo di Jesse Moffette
  • Laura Kariuki nel ruolo di Becka
  • Stephen Carter Carlsen nel ruolo di Paul Stookey
  • Eric Berryman nel ruolo di Tom Wilson
  • David Alan Basche nel ruolo di John Hammond
  • Joe Tippett nel ruolo di Dave Van Ronk
  • James Austin Johnson nel ruolo di Gerdes MC
  • Kayli Carter nel ruolo di Maria Muldaur
  • Sarah King nel ruolo di Barbara Dane
  • Alaina Surgener nel ruolo di Gena Russo
  • Michael Chernus nel ruolo di Theodore Bikel
  • Will Price nel ruolo di Joe Boyd
  • Molly Jobe come receptionist della CBS

A Complete Unknown, il Trailer