E poi: lei che cucina a più riprese, lei che va in gita in bicicletta – special guest Nicola Savino – lei in vacanza (ovviamente), lei che si prova i vestiti, lei a Tokyo (con Big in Japan degli Alphaville in sottofondo, unica “nota” positiva), tutto quanto tra un “daje”, un “‘namo” e un “vabbè” distribuiti qua e là.
Il momento più originale: Ilary che si iscrive a un corso di laurea in Scienze Forensi, perché? Perché “è una sfida con me stessa”. E fa un bel figurone vantandosi praticamente di non studiare ma di “andare a memoria” e di “seguire l’istinto”. E viene presa, nonostante non sappia nemmeno la differenza tra lo stato di Washington e la capitale U.S.A., Washington D.C..
La domanda è: a cosa serve una serie come questa, se non ad auto-giustificare la fama stessa della Blasi? Il ritratto a trecentosessanta gradi di una diva che non si sa nemmeno più perché diva lo sia, che tutti amano e ammirano e della quale quindi bisogna assolutamente parlare. Ma ne siamo proprio sicuri?
La verità è che Ilary è una serie, come il doc Unica, che s’è fatta semplicemente perché la si poteva fare, un capriccio personale che ovviamente poi serve tutta una serie di interessi economici correlati. Il nostro consiglio: vedetevi la parodia di Valentina Barbieri a Gialappashow, è molto più interessante, molto più divertente e molto più convincente.
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