Claverie avvisa che i suoi studi non perseguono mera curiosità scientifica, ma intendono avvisare del pericolo di virus più potenti e letali che potrebbero “risvegliarsi” anche dopo migliaia di anni sotto il ghiaccio. “Vediamo questi virus infettivi per le amebe come surrogati per tutti gli altri possibili virus nel permafrost”.
“Vediamo le tracce di tanti, tanti, tanti altri virus. Sappiamo che sono lì, non siamo sicuri che siano ancora vivi ma il nostro ragionamento è: se i virus delle amebe sono ancora vivi, non c’è ragione per cui [anche] gli altri virus non debbano essere ancora vivi, e capaci di infettare i loro propri ospiti”.
Questo è possibile: nel 1997, nel corpo di una donna recuperato congelato nel permafrost in Alaska è stato ritrovato materiale genetico dalla specie di influenza che causò la pandemia nel 1918. E nel 2012 i resti mummificati di una donna sepolta in Siberia da 300 anni contenevano la traccia genetica del virus che ha poi causato il vaiolo.
Ovviamente, non dobbiamo pensare a eserciti di virus nascosti sotto il ghiaccio e pronti ad attaccarci. Le zone artiche sono scarsamente popolate, e del resto non tutti i virus sono nocivi allo stesso modo. Ma il rischio c’è, ed è maggiore con il global warming, che qualche organismo nascosto si riveli nocivo per la nostra specie, anche dopo tantissimi anni.
Fonte: CNN
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