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11) Monsters – La Storia di Lyle e Erik Menendez

Monsters The Lyle and Erik Menendez Story is Arriving on Netflix 4

A cura di Andrea Campana

La seconda stagione di Monsters (al plurale, perché qui sono due), la serie di Ryan Murphy dedicata ai più efferati killer di sempre, ci riporta alla fine degli anni ’80 e alla storia vera di Lyle e Erik Menendez. Due giovani di buona famiglia che, nel 1989, assassinarono entrambi i loro genitori a fucilate nel loro soggiorno.

Rei confessi, i due sono tuttora in prigione da più di trent’anni e continuano a sostenere la loro versione: i genitori, il padre specialmente, avevano abusato di loro fin da piccoli con atti di violenza psicologica e sessuale. La serie ci fornisce il loro punto di vista, ma al tempo stesso lo smentisce: è possibile che si siano inventati tutto con il loro avvocato, l’imperturbabile Leslie Abramson.

Allora, la serie si tramuta in una grande riflessione sulla natura della verità, e su come è possibile narrarla per convincere chiunque di qualunque cosa. La lacrimevole storia di abusi è perfettamente credibile, ma lo è anche il modo in cui viene demolita. Chi dice il vero? E rimane poi una domanda: una storia del genere giustifica un doppio violento omicidio?

Monsters ci porta a domandarci tutto questo, fornendoci nel frattempo un intrattenimento crime di assoluto livello, con uno spaccato sulla vita dei due fratelli e sui loro piani diabolici. Impossibile stare dalla loro parte, ma non abbiamo di fronte nemmeno due canaglie da bassifondi: tant’è che, anche nella realtà, inizialmente il pubblico prese in gran parte le loro difese.

Il merito va in gran parte all’interpretazione dei fratelli, affidata a Nicholas Alexander Chavez (Lyle) e Cooper Koch (Erik). I due, chiaramente, non hanno gradito molto il loro ritratto nella serie e hanno avuto l’occasione di parlare in prima persona – sempre dal carcere – nel documentario Netflix intitolato semplicemente The Menendez Brothers.

In ogni caso, il punto di Monsters stagione 2 non è se i Menendez siano colpevoli o meno – o meglio, se il loro atto fosse giustificato: loro stessi riconoscono la propria colpevolezza – ma quanto sia facile manipolare la verità e imboccare al pubblico affamato un senso per una violenza che in realtà non ha senso. Nell’era delle fake news e della disinformazione, questo è più significativo che mai.