La lotta tra Rhaenyra Targaryen (Emma D’Arcy) e Alicent Hightower (Olivia Cooke), ex-amiche divise dalla successione al trono, scoppia in una guerra civile a Westeros e vede i due fronti contrapposti fronteggiarsi nell’usuale coacervo di battaglie, alleanze, sotterfugi, colpi bassi ed evoluzioni imprevedibili, della sorta a cui GOT ci ha a suo tempo ben abituati.
Se il confronto tra Rhaenyra e Alicent è al centro della trama e ci fornisce due bei modelli di personaggi femminili forti e ben costruiti, la stagione è impreziosita dagli incubi di Daemon Targaryen (Matt Smith) e dalle battaglie tra draghi, tanto sospirate dai fan e finalmente messe in scena con epicità a non finire.
Sbagliato pensare che HOTD sia solo una copia carbone di GOT, per chi lo pensi: la situazione è più quella di Better Call Saul e Breaking Bad, ossia di un prequel inviso ai fan e inizialmente – ingiustamente – ignorato dai più ma che ha tutte le carte in regola per diventare grande quanto l’originale, se non di più.
La formula infatti è sempre la stessa e funziona a tutti i livelli, con i rapporti tra i personaggi indagati con sottigliezza e l’evoluzione dolorosa di alcuni di essi – uno su tutti, il povero re Aegon Targaryen, rimasto gravemente menomato dopo la battaglia con i draghi – che promette risvolti non scontati.
Insomma, chi per chi ha amato Game of Thrones non c’è ragione di non amare anche House of the Dragon, elaborata come nuova e riuscita riduzione della saga di George R.R. Martin; o meglio di una parte di essa, estesa com’è. Altre serie sono in progettazione, ma per ora non è sbagliato considerare HOTD come la GOT degli anni ’20.