Il mito di Superman, nel mercato fumettistico, vive e prospera: addirittura moltiplica le sue testate, aggiungendo ad Action Comics (che diventerà presto testata esclusivamente dedicata all’uomo d’acciaio) anche Superman e Adventures of Superman, più altre diverse testate dalla vita più o meno breve.
Da un punto di vista creativo e concettuale, l’ultimo ventennio del Novecento ha visto un’evoluzione epocale all’interno del genere supereroistico. Nell’ambito di una vera e propria esplosione artistica e di una maturità narrativa senza precedenti, autori come Frank Miller (con Born Again e la saga di Elektra su Daredevil, e Il Ritorno del Cavaliere Oscuro), Alan Moore (con Watchmen e V For Vendetta) hanno fatto da modello di riferimento trasformando di fatto il supereroismo da semplice sottogenere a medium multiforme, sofisticato, colto, attraverso il quale affrontare tematiche adulte e riflessioni ardite sulle urgenze del reale.
È comunque il concetto di supereroe a subire un contraccolpo.
Nel 1989 il crollo del muro di Berlino sancisce la fine della Guerra Fredda, l’Orso Sovietico crolla sotto il peso dei suoi fallimenti, delle sue contraddizioni e arretratezze, la minaccia di guerra nucleare tramonta.
I supereroi, nati alla vigilia della crociata bellica contro le forze del nazifascismo, trasformati poi in icone della lotta contro il comunismo russo e cinese, sembrano andare allora in crisi perché perdono il contatto con la propria identità originaria.
Una tendenza che portò anche verso personaggi cupi, feroci, tormentati, chiamati a battersi e sopravvivere in un mondo oscuro e privo di speranza. Rancori, disperazione, angoscia, esistenze dolorose, sono all’ordine del giorno, anche per il successo dell’innovazione della Marvel Comics, che nei suoi fumetti, con eroi prima ingenui e naif come appunto Daredevil, Hulk, Thor, mostra la via per rileggere il fumetto come nuovo medium, specchio oscuro della contemporaneità.
Superman si trova allora ad impattare contro le nuove aspirazioni e i nuovi incubi di una società occidentale in fase di rapida e profonda mutazione, proiettata al di fuori dei confini nazionali e abbagliata dalle chimere della globalizzazione.
Il fatto è che Superman è sempre stato percepito come un “uomo fuori dal tempo”, un po’ come Capitan America della Marvel; ed è per questo che sono i due eroi di più difficile scrittura (non per niente, lo scudiero a stelle e strisce e l’uomo d’acciaio sono, insieme a Batman, i tre archetipi storici del medium superoistico).
Quello che una volta allora era l’Uomo del Domani patisce anche i cambiamenti produttivi dell’industria fumettistica statunitense. Nei primi Anni Novanta, le due principali majors -Marvel e DC- devono rafforzarsi per la concorrenza di giovani e agguerrite realtà editoriali come ad esempio la Image Comics o la Dark Horse o la Valiant: ma è proprio la DC a subire peggio questo scarto interno all’immaginario fumettistico.
Se allora l’altro perno dell’offerta fumettistica della casa editrice, l’uomo pipistrello, veniva rilanciato dai film capolavoro di Tim Burton sull’onda lunga della sua rivisitazione dark ad opera di Miller, per Superman nel 1992 la DC escogita una mossa commerciale senza precedenti, annunciando attraverso comunicati e conferenze stampa la morte di Superman e la chiusura delle testate di cui è protagonista (oltre a quelle citate, c’era anche Superman Man of Steel, ideata e per i primi numeri scritta e disegnata dal genio di John Byrne).
I media concedono ampio risalto all’evento, ovviamente, pensando davvero di raccontare l’epilogo definitivo di una grande icona americana. Il numero 75 di Superman conquista le prime pagine di tutti i giornali e la vignetta in cui Doomsday solleva trionfante Kal El ricoperto di sangue trova risalto ovunque.
Le collane, come preannunciato, si bloccano: e nonostante numerose petizioni per richiedere la resurrezione del personaggio, c’è chi capisce e applaude all’astuto gioco mediatico allestito dalla publishinghouse newyorkese. Ovvio che Supes tornerà, ma non prima di una saga geniale dove saranno ben quattro gli individui provvisti di superpoteri, ognuno dotato di un’origine misteriosa, ognuno in qualche modo legato all’inspiegabile e inquietante scomparsa del corpo dell’eroe dal sacrario in cui era stato riposto.
Dagli anni Zero in poi, ciclicamente, la DC Comics resetta il suo parco testate e rilancia le principali dal numero 1: attualmente i mensili dedicate rimangono sostanzialmente due, Action Comics e Superman, la prima (che veleggia intorno al 1080) è scritta da Mariko Tamaki e Mark Waid e disegnata da Clayton Henry, la seconda (arrivata al numero 1090, tra le diverse incarnazioni) viene invece da Joshua Williamson e Dan Mora. È poi uscito nel mese di novembre 2024 Absolute Superman, sorta di universo alternativo, scritto da Jason Aaron e disegnato da Rafa Sandoval.
La storia di Absolute Superman rilegge il mito fondato ottant’anni prima, e si sviluppa su due piani temporali: il passato su Krypton, dove vediamo i genitori dell’ Azzurrone, Jor-El e Lara-El, lottare contro un rigido sistema di caste, e il presente sulla Terra, dove un Superman adolescente si trova in Brasile ad affrontare un’organizzazione oppressiva e senza scrupoli. Intanto, a nove milioni di anni luce dalla Terra, Jor-El e la moglie non sono gli scienziati della classe sociale più importante del pianeta Kripton che ricordiamo, ma fanno parte della classe operaia, mentre ai vertici del governo ci sono i klerics.
Il pianeta è fiorente e rigoglioso, tecnologicamente avanzato, ma una minaccia che mette a rischio la vita di Kripton è pronta a sconvolgere l’intero ecosistema del pianeta… e sembra che solo Jor-El ne sia cosciente…
SU! NEL CIELO, FINO ALLO SCHERMO
Scontata la marea di prodotti audiovisivi dedicati all’azzurrone.
A partire dai prodotti di animazione nel 1941, quando inizia la serie Superman composta da 17 cortometraggi animati in Technicolor distribuiti dalla Paramount Pictures;
passando da I Superamici (Superfriends) che attraverso alterne vicende e diverse incarnazioni è, almeno all’inizio, un vero e proprio cult, suddiviso in 93 episodi per nove stagioni ciascuna con un proprio titolo -fu la Hanna Barbera ad acquistare i diritti per l’adattamento televisivo del fumetto della Justice League of America il cui nome però sembrava troppo sciovinista (…) specie in quel periodo che vedeva la fine della partecipazione americana alla guerra in Vietnam-;
arrivando ad AdventuresofSuperman, serie andata in onda sulla ABC dal 19 settembre 1952 al 28 aprile 1958 per un totale di 104 episodi divisi in sei stagioni, con il leggendario George Reevesprotagonista. Tanti anche i serial in liveaction, da Lois & Clarke – Le Nuove Avventure di Superman (Lois & Clark: The New Adventures ofSuperman), 4 stagioni di 22 episodi ciascuna, 1993-1997; a Smallville, vero e proprio fenomeno di culto, andata in onda dal 2001 al 2011, incentrata sul giovane Clark Kent interpretato da Tom Welling.
La serie nasceva come uno dei tanti progetti per riportare in auge i super DC in tv, e l’idea di partenza era molto semplice quanto azzardata: raccontare gli anni dell’adolescenza di Clark Kent, il futuro Uomo d’Acciaio, in un mash up di teenage drama e fantascienza che si rivelò ben presto un grande successo di critica e pubblico. L‘idea di mischiare fantascienza con dramma psicologico e di formazione era qualcosa di assolutamente innovativo, ed ha portato la mitologia di Superman ad un livello molto più alto rispetto a tutte le varie trasposizioni precedenti.
Vita più travagliata invece quella dell’uomo del domani su grande schermo.
All’inizio fu Superman and the Mole Men (conosciuto anche col titolo Superman and the Strange People), film indipendente statunitense in bianco e nero del 1951 diretto da Lee Sholem, in assoluto il primo film basato su un personaggio della DC Comics e la prima apparizione cinematografica di George Reeves nei panni del supereroe.
Nel 1978 è arrivato invece Superman(Superman – The Movie), con la regia di Richard Donner, la vera pietra miliare del cinema tratto dai supereroi dei fumetti. Piccola gemma -con una sceneggiatura firmata da Mario Puzo– che si basa su un’idea di cinema spettacolare con budget enorme e messa in scena modernissima, parte dall’intuizione del regista di umanizzare l’eroe e metterlo in una posizione di diversità rispetto al mondo circostante: il protagonista comincia ad acquistare una conflittualità che rappresenta il punto di snodo verso il cinema moderno, sostenendo che non è facile essere un supereroe, perché a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità. E anche crisi di identità, incomprensione e solitudine.
Il successo del film è così straripante da far gemmare tre seguiti (i primi due diretti da Richard Lester, Superman IV da Sidney J. Furie) su una china discendente, raggiungendo un nadir dal quale Superman al cinema non si è più alzato.
Al cinema l’eroe torna nel 2006 con Superman Returns, di Bryan Singer, con Brandon Routh nel ruolo principale: un capitolo che accantona completamente ogni registro da commedia per concentrarsi su una dimensione essenzialmente drammatica. Il problema è che il film ha una storia che sembra scritta solo come giustificazione per le diverse sequenze d’azione che oltretutto prendono spunto dai capitoli precedenti della saga. Dimenticando, anzi tralasciando completamente tutti spunti, suggestioni e idee contenute nel mensile a fumetti.
Nel 2013 nasce invece il DC Extended Universe, media franchise e universo condiviso statunitense incentrato sulla serie di film di supereroi prodotti dai DC Studios e distribuiti da Warner Bros. Pictures, ovviamente per seguire le tracce del Marvel Cinematic Universe; con risultati altalenanti e divisive.
Il primo capitolo è proprio L’Uomo d’Acciaiodi Zack Snyder, sceneggiata da David Goyer che ne ha sviluppato la storia con Christopher Nolan.
In questo film, sembra che l’inquadratura non basti più. Sembra sempre più manifesta quella tensione neo-avanguardista di un certo blockbuster hollywoodiano che dagli anni Dieci non sta solo tentando di ri-mediare gli statuti compositivo/narrativi del più fulgido “figlio del Novecento” in piena era di digitalizzazione di massa, ma sta cercando persino di evadere dallo schermo per porsi ancora una volta come interlocutore privilegiato del Tempo che vive. Il nostro presente. E allora eccolo Zack Snyder portare al limite estremo la sua concezione di cinema ipertrofico e potenziato, adattando per la sesta volta sul grande schermo il celeberrimo Supereroe in questo rischioso e ambizioso reboot.
L’Uomo d’Acciaio opera una delle sfide più potenti all’occhio umano partorite nell’ultimo decennio, un vero tour de force della percezione oltre ogni cognizione che si risolve in una straordinaria esperienza spettatoriale più fisica che emotiva. Snyder alza gli occhi a cielo e ci investe: le linee di discorso da intraprendere su questo film sarebbero pari solo alle innumerevoli e contraddittorie esperienze che produce, quindi problematizzare la riflessione sui “confini del cinema” senza paraocchi ideologici o corporativi, sulla scia di uno degli autori contemporanei più consapevoli, appare veramente l’unica strada possibile.
L’UOMO DEL DOMANI… DOMANI
Il DC Extended Universe prosegue con i riusciti Batman vs Superman: Dawn of Justice, Justice League(entrambi di Snyder), Shazam! di David Sandberg, Black Adam di Jaume Collet-Serra, The Flashdi Andy Muschietti; e i deludenti due film su Wonder Woman(di Patty Jenkins, nel 2017 e nel 2020), due Aquamandi James Wan nel 2018 e nel 2018, Birds of Prey di Cathy Yan nel 2020, The Suicide Squaddi Gunn nel 2021.
Un ottovolante tra alti e bassi, senza riuscire mai a (ri)prendere il gusto del pubblico, nel quale Superman muore alla fine del capitolo di Snyder, cercando di riprendere maldestramente le trame del fumetto.
Un fallimento produttivo e al box office, che porta alla chiusura del DCEU e alla nascita/trasformazione in DC Universe (DCU per gli amici), che avrò proprio nell’eroe di Krypton la sua testa d’ariete.
L’attesa per il film è ovviamente alle stelle: perché per Gunn si tratta di un cambiamento epocale (viene dalla diretta concorrente, la Marvel, con l’MCU dei Guardiani della Galassia), di una conferma come autore, di una scommessa contro l’universo condiviso oscuro e sbrindellato che aveva provato a creare Snyder.
A giudicare dal teaser trailer rilasciato a dicembre 2024, l’aspetto visual è radicalmente diverso dall’estetica dark del DCEU e dalla visione di Snyder: un film meno oscuro, più consapevole delle sue radici fumettistiche nella messa in scena e nella scelta della palette cromatica, soprattutto molto immerso nelle storie visto che sono apparsi, solo nei pochi secondi mostrati:
Guy Gardner delle Lanterne Verdi (interpretato da Nathan Fillon), Lex Luthor (con Nicholas Hoult ovviamente rasato a zero, alla ricerca delle radici del villain), Hawkgirl (Isabela Merced), Mister Terrific (Edi Gathegi), Metamorpho (Anthony Carrigan), il cane Kripto, ovviamente Lois Lane (Rachel Brosnan). E ancora, la Fortezza della Solitudine, alcune pose che ricordano il fumetto capolavoro di Grant Morrison e Frank QuitelyAll Star Superman, il robot custode Kelex, la fattoria dei Kent (che si rifà alla miniserie Superman for All Seasons di Jeph Loeb e Tim Sale).
Al centro, ovviamente lui, il nuovo Uomo d’Acciaio David Corenswet. Se fisiognomicamente non si allontana dal modello impostato da Reeve quasi cinquant’anni fa, dalle poche scene e dai poster rilasciati da Gunn sembra che l’attore voglia restituire un Superman insieme maestoso e umano, potente e fragile.
Per un film che è sicuramente ambizioso, necessariamente coraggioso, narrativamente ricco.