Superman, il nuovo film di Gunn e le radici con Nietzsche

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Superman è il nuovo film del regista James Gunn, nonché uno dei film più attesi del 2025: arriverà sugli schermi solo a luglio, ma già mesi prima del teaser trailer uscito a dicembre 2024 è uno dei cinecomics più dibattuti di sempre.

Sarà perché Gunn è autore del rilancio dei Guardiani della Galassia, che da eroi di serie C della Marvel Comics sono diventati stelle di prima grandezza grazie a tre blockbuster di altissimo livello (Guardians of The Galaxy vol. I, II, III); ma sarà soprattutto perché Superman è non solo uno dei supereroi più conosciuti, ma una vera e propria icona dell’immaginario popolare.

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Il primo poster teaser del film Superman di James Gunn, con David Corenswet

Scopriamo perché andando a vedere prima di tutto il contesto sociale e culturale da cui è nato.

IL NEW DEAL, ASIMOV E LE NUOVE FRONTIERE DELLA LETTERATURA

La narrativa di genere e il cinema degli ultimi anni hanno reso ancora più chiaro che esistono personaggi della cultura popolare che sarebbe riduttivo considerare semplici “invenzioni”: perché sono oggetti capaci di sprigionare una forza evocativa da riuscire a sconfiggere il flusso del tempo, le mode, per imporsi come pietre miliari nell’immaginario comune.

Sono ottant’anni che Superman è più di un supereroe, è diventato un simbolo, portando su di sé istanze, urgenze, sogni e inquietudini di ogni tipo, per ogni età.

Prima di tutto, notiamo una cosa: il logo della testata di Superman, edito dalla DC Comics, è uno dei pochi, forse l’unico nella storia editoriale, a non essere mai cambiato; nel 1938 Jerry Siegel e Joe Shuster hanno incrociato così tante chiavi di lettura da rendere la loro creazione sempre attuale. E lo hanno fatto concependo l’eroe in un preciso contesto storico, contraddistinto da specifici fattori politici, sociali, economici e culturali.

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Franklyn Delano Roosevelt

Nel 1938 gli Stati Uniti stanno uscendo fuori dalla Grande Depressione nella quale la crisi finanziaria ed economica li aveva fatti precipitare dieci anni prima. Negli Anni Venti, infatti, il Paese aveva conosciuto uno sviluppo vertiginoso, soffocato però dal crollo della Borsa di Wall Street nel 1929. Fu Franklin Delano Roosevelt -Presidente degli Stati Uniti dal 1932 dopo lo strapotere repubblicano- ad avviare il New Deal ovvero una lunga serie di politiche nazionali per risanare e ricostruire l’economia e la coesione sociale, richiamando il popolo ad uno spirito di sacrificio.

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Tra gli Anni Venti e Trenta, allora, diverse riviste a buon mercato stampate su carta di pessima qualità e incentrate sui generi narrativi più disparati ma più apprezzati dal pubblico, invadevano le edicole e i drugstore con avventure esotiche, thriller polizieschi, horror occulto o fantascientifico. È proprio sulle pagine di quelle riviste pulp -nome che deriva dalla sostanza con cui si produceva la carta, la polpa degli alberi- che vedevano la luce i primi “superuomini di massa” (per dirla con Umberto Eco, il quale sosteneva che tra i miti della narrativa popolare si annidano le ideologie, e che “molta sedicente superumanità nicciana ha come origine e modello non Zarathustra ma il Conte di Montecristo”).

I superuomini legati all’intrattenimento avevano invaso l’immaginario del Novecento (The Shadow, The Spider, Allan Quattermain, Tarzan l’Uomo Scimmia, The Phantom, John Carte di Marte, Zorro…), eppure l’Uomo di Acciaio di Siegel e Shuster non può essere ricondotto ad un unico caso isolato di fortuna isolata: Superman nasce nel crocevia dell’immaginazione, nel momento in cui in cui l’editoria pulp raggiunge il suo zenith, la sci-fi di vecchio stampo sta tramontando e il genere fantastico sta invece per affrancarsi dall’ingenuità delle origini per andare avanti su nuove direttive, realistiche e cariche di approfondimenti psicologici grazie a scrittori come Isaac Asimov.

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Alcune copertine di riviste pulp degli anni ’30

Superman è allora un punto di partenza e un punto di arrivo: è classico, riconoscibile, rassicurante, ma sotto la tuta dai colori primari nasconde nuove suggestioni tutte da esplorare.

LA FACCIA APOLLINEA DELL’AMERICA MIGLIORE: UN PUGNO IN FACCIA AD Hi*LER

Dal numero di Action Comics in cui appare per la prima volta Superman, al giornale viene decretato un successo enorme, imprevisto, quantizzabile in centinaia di migliaia di copie per ogni nuova uscita.

Superman, l’Uomo d’Acciaio, costituisce qualcosa di mai visto prima: pure affondando le proprie radici letterarie, come detto sopra, in generi codificati e ben riconoscibili, l’eroe era una novità assoluta per freschezza e originalità. Il suo mantello svolazzante richiamava gli eroi dei romanzi ottocenteschi, le sue avventure però lo aggiornavano ai tempi delle macchine e dei grattacieli di New York.

Superman incarnava l’essenza temporale di una società che intendeva a tutti i costi liberarsi dai vincoli del passato per proiettarsi verso il futuro, non per niente da lì a poco sarà chiamato The Man of Tomorrow, simbolo quindi di una civiltà che voleva lasciarsi alle spalle il proprio retaggio rurale (l’alter ego del supereroe era Clark Kent, figliastro di contadini che allevavano il bestiame) per andare incontro a città fatte di cemento e acciaio, cancellando quindi gli anni bui della Grande Depressione e costruendo un modello di vita più giusto e democratico.

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splash page del primo Superman di Siegel e Shuster, su Action Comics

Superman era, insomma, il primo vero figlio del XX secolo: rappresentava la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. Portavoce non dichiarato degli ideali rooseveltiani del new deal, era un esempio di integrazione sociale e di esaltazione assoluta dell’American Way of Life, mentre faceva trionfare la faccia pulita, apollinea dell’America.

Nello stesso tempo, la parabola di Superman si affiancava ad un’altra, ben più nefasta, dall’altra parte dell’oceano.

Superman ha ovviamente fortissime tangenze con l’ebraismo. Partendo dal presupposto che i suoi due creatori erano di origine ebraica, il suo nome originario, Kal-El, in ebraico vuol dire Voce di Dio, e le sue origini sono quasi sovrapposte a quelle di Mosè (orfani abbandonati che diventano salvatori di un popolo): senza dire che nel 1933 Siegel e Shuster cercano un editore per il loro personaggio, proprio mentre Hitler comincia la sua ascesa con la nomina al cancellariato. Insomma una sorta di Uberjude, un superebreo -per usare un orrendo vocabolo delle SS- vicino allo Ubermensch di Nietzsche con cui lo scarto è minimo, cosi come minima è la distanza tra insulto e complimento.

Da una parte dell’Oceano, allora, la Germania consegnava alla Storia uno dei più nefasti totalitarismi del secolo scorso, il nazionalsocialismo; dall’altra, negli Stati Uniti d’America, nelle stesse condizioni culturali nasceva una delle democrazie più efficienti incarnata nel campione degli oppressi, Superman.

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Certo, il sorgere della figura di superuomo in una civiltà di massa come quella americana porta ad identificare lo stesso Superman come una spia che rivela che anche in una società caratterizzata dall’ideologia democratica si nasconde la necessità di un potere d’intervento in grado di far fronte a tutto ciò che un sistema politico e sociale non può risolvere naturalmente.