Variety ha chiesto ad alcuni grandi registi di scegliere il loro film preferito del 2024. E, Nolan, ha deciso di puntare i riflettori su Il Gladiatore 2 di Ridley Scott.
Nel primo Il Gladiatore di Ridley Scott, Massimo ci chiede: “Non vi divertite?” e ci troviamo di fronte alla verità del perché vogliamo visitare il Colosseo attraverso un film – scrive Nolan. Scott sa che non siamo lì per approfondimenti sulla cultura romana; siamo lì per vedere i nostri desideri oscuri a una comoda distanza.
Ma è un regista troppo esperto per farsi beccare a fare parallelismi con la nostra epoca. Lascia che il mondo de Il Gladiatore II parli da sé, mostrandoci ancora una volta chi siamo semplicemente invitandoci a goderci la folle corsa inflazionistica. Perché ci sono squali nel Colosseo? Perché li pretendiamo e Scott ce li dà magistralmente. Mentre rivela come i giochi vengono usati per manipolare l’opinione pubblica, non possiamo fare a meno di vedere le ombre della nostra arena pubblica proiettate sulla sabbia.
Come i migliori sequel attesi da tempo, Il Gladiatore II deve essere un remake e un sequel in uno, ed è una testimonianza della genialità di Scott il fatto che riesca a bilanciare il pathos individuale dell’originale con le esigenze espansionistiche del tema centrale del sequel, portando un’esperienza di una vita nel controllo del tono – prosegue Nolan.
Scott alza il tiro con la messa in scena della sua azione: la sua incredibile, iper-osservante, messa in scena multi-camera (così diversa dall’originale) lotta magistralmente con l’azione in una sequenza chiara e sbalorditiva dopo l’altra. L’effetto non è solo quello di intrattenere, ma di spingerci verso la consapevolezza dei temi del film. Pochi registi hanno mai lavorato in modo così invisibile su più livelli. Nei film da “Blade Runner” a “Thelma e Louise” a “Il Gladiatore II”, la densità visiva dell’arte di Scott funge da contrasto per la sua chiarezza tematica di fondo.
Nonostante tutto il suo successo, il contributo di Scott all’evoluzione della narrazione cinematografica non è mai stato adeguatamente riconosciuto – continua Nolan. Le innovazioni visive che lui e i suoi colleghi registi della pubblicità britannica degli anni ’70 hanno portato al cinema sono state spesso liquidate come superficiali, ma i critici dell’epoca non hanno colto il punto: la fotografia sontuosa e il design meticoloso hanno dato nuova profondità al linguaggio visivo dei film, una messa in scena che poteva raccontarci come potevano essere i mondi che ritraevano.
Ciò non è mai stato così chiaro come nella magistrale inquadratura iniziale di Il Gladiatore II, dove la mano di Paul Mescal culla delicatamente il grano raccolto dal grano ondeggiante del film originale.