Denis Villeneuve, acclamato regista di opere come Prisoners, Blade Runner 2049 e l’ambiziosa saga di Dune, si è imposto come una delle voci più autorevoli e versatili del cinema contemporaneo. Capace di muoversi con disinvoltura tra il thriller psicologico e la fantascienza visivamente spettacolare, Villeneuve ha guadagnato fama mondiale grazie al suo stile visionario e alle sue narrazioni intense.
Tuttavia, prima di raggiungere il grande pubblico con queste grandi produzioni, il regista canadese si era già confrontato con tematiche complesse e provocatorie in un’opera molto più grottesca e incisiva. Parliamo di Next Floor, un cortometraggio del 2008 che ha debuttato al Festival di Cannes, dove si è aggiudicato il prestigioso Premio Canal+ per il Miglior Cortometraggio. Questo lavoro, meno conosciuto rispetto ai suoi film successivi, è un’intensa riflessione visiva sul consumismo sfrenato, un racconto cupo e inquietante che esplora le conseguenze dell’avidità umana.
In soli undici minuti, Next Floor ci trasporta in un universo claustrofobico e surreale. La scena principale è dominata da un tavolo sontuosamente imbandito, attorno al quale siede un gruppo di eleganti commensali. Il loro comportamento, però, è tutt’altro che raffinato: si abbandonano a un consumo insaziabile di carne, divorando portate su portate con un fervore animalesco e disumano.
L’ambiente è opprimente: i suoni delle mandibole al lavoro, il tintinnio incessante delle posate e l’incessante andirivieni dei camerieri creano un’atmosfera soffocante. La scena, disturbante e volutamente disgustosa, rispecchia un’umanità intrappolata in una spirale di consumismo compulsivo. I commensali si muovono in maniera automatica, come se fossero privi di volontà , vittime di un ciclo di desiderio e sazietà che non trova mai una conclusione.
Man mano che il banchetto prosegue, accade qualcosa di inquietante: il pavimento cede sotto il peso degli ospiti e del cibo, facendo precipitare tutti al livello inferiore dell’edificio. La scena si ripete più volte, ogni volta seguita dalla stessa ritualità : i camerieri, sotto le direttive del freddo e imperturbabile Maître D, apparecchiano nuovamente la tavola e il banchetto ricomincia come se nulla fosse successo.
Attraverso immagini di forte impatto, Villeneuve costruisce un’allegoria feroce del sistema consumistico moderno. La carne, onnipresente sulla tavola, rappresenta l’eccesso materiale e l’indifferenza verso la finitezza delle risorse naturali. La polvere che ricopre i commensali dopo ogni crollo richiama il degrado morale e ambientale che accompagna questo stile di vita.
Un elemento chiave è la figura dei camerieri, che continuano a servire il cibo con impassibile solerzia. Essi rappresentano le strutture economiche e industriali che perpetuano il ciclo consumistico, alimentandolo anche di fronte all’evidente collasso del sistema. Questo meccanismo autoalimentato, suggerisce il regista, è la causa principale della nostra incapacità di cambiare rotta: non importa quanto vicini siamo al disastro, la macchina del consumismo non si ferma.
Con Next Floor, Denis Villeneuve ci offre una visione distopica e allegorica della società contemporanea, un racconto che esplora i lati più oscuri dell’umanità e del capitalismo. Il banchetto infernale non è solo un girone dantesco, ma uno specchio in cui possiamo vedere riflesse le nostre abitudini, il nostro rapporto con le risorse e la nostra insaziabilità .
L’ultimo crollo, l’ultima tavola imbandita, ci lascia con una domanda che riecheggia oltre la visione del corto: cosa accadrà quando non ci sarà più un altro piano su cui cadere? Villeneuve non ci dà risposte, ma ci costringe a riflettere. E mentre il ritmo dei tamburi continua a battere nei nostri ricordi, resta la sensazione che ci stiamo avvicinando pericolosamente al fondo.