Gli autori non perdevano troppo tempo a caratterizzare il cattivo perché in fondo non era lui il grande protagonista del film; il villain esisteva unicamente per essere combattuto dall’eroe e per essere sconfitto. E se invece anche il cattivo avesse una propria dignità? E se proprio il suo essere malvagio lo rendesse più affascinante agli occhi degli spettatori?
Al pubblico non interessa quell’eroe integerrimo e di bell’aspetto alla Hercules, al pubblico piace Ade, il cinico e vendicativo re degli inferi; i ragazzi non tengono in camera il poster del probo Luke Skywalker, ma quello dell’immorale Darth Vader; chi ha visto Il mago di Oz da bambino non sognava che Glinda gli indicasse la strada dai mattoni gialli, ma forse ha più volte incrociato la perfida Strega dell’Ovest in uno dei suoi incubi.
Se oggi sappiamo bene che quello che i cattivi sono capaci di trasmettere in termini emotivi è tendenzialmente molto più intenso rispetto al grado di rassicurazione garantito dai buoni, il merito va in buona parte attribuito a Gregory Maguire che nel 1995 pubblicò Wicked, il romanzo che ha rovesciato definitivamente la concezione del villain come personaggio biologicamente deputato al male.
Per una volta l’antagonista della vicenda non veniva presentato al lettore in quanto tale, anzi tutto il contrario: Elphaba è raccontata attraverso le sue insicurezze i suoi sogni; a differenza degli eroi moralmente incrollabili, la ragazza è un personaggio fallibile, che come noi corre il rischio di prendere anche delle decisioni sbagliate e di non essere compresa.
Forse inconsapevolmente, Wicked aveva generato un nuovo tipo di personaggio, non immediatamente classificabile e soprattutto molto più vicino al sentire comune del pubblico. La linea che sembrava distanziare in maniera netta gli eroi dai cattivi, grazie a Wicked è quasi del tutto scomparsa. I buoni sono diventati sempre più tormentati e meno perfetti (si pensi a Tyler Durden di Fight Club o al nuovo James Bond di Daniel Craig) e i cattivi si sono evoluti in personaggi mutevoli e psicologicamente sfaccettati.
A partire dalla trilogia prequel di Star Wars e fino ad arrivare ai giorni nostri con film come Maleficent, Joker o Crudelia, il lavoro di Maguire ha inevitabilmente spinto i registi di Hollywood a raccontare le origini dei cattivi più iconici di sempre rendendoli in qualche modo degli eroi maledetti, dei buoni che non ce l’hanno fatta perché in fondo dietro ogni villain c’è una storia, e scelte, giuste o sbagliate, che sono spesso il prodotto di un passato complesso.
Di Giuseppe Savoca
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