La realtà è molto spesso deludente e il cinema, con i suoi meccanismi retorici, non fa che ricordarcelo. I processi del genere legal drama girano proprio attorno a questo
Aule di tribunali con processi che si trasformano in vere e proprie arene di battaglia, roboanti arringhe recitate da giovani avvocati di bell’aspetto, provvidenziali comparse di prove schiaccianti dell’ultimo minuto; se quando pensiamo ai processi giudiziari ci vengono in mente questi clichè, la colpa è tutta del cinema, il più abile promotore di immaginari che non esistono.
Si sa, è un paragone crudele quello che si interpone tra la finzione cinematografica e la realtà, spesso molto meno affascinante della prima; il confronto diventa addirittura impietoso se si prova a considerare un qualsiasi procedimento giudiziario, ancorato, per lo meno nella vita reale, a rigidi protocolli burocratici, durate infinite e atmosfere mortifere; eppure noi non l’abbiamo mai visto rappresentato in questo modo.
È proprio qui che entra in gioco la forza immaginifica del cinema o, più precisamente, del cinema americano, perché diciamocelo chiaramente che al mondo non c’è nessuno più bravo di loro nel prendere qualcosa di estremamente noioso, come solo un processo potrebbe essere, buttarci dentro qualche frase a effetto e trasformarlo in un racconto spettacolare, a tratti persino epico.
D’altronde di epica ne sa qualcosa l’immenso Clint Eastwood, artefice di quel meraviglioso film che è Giurato Numero 2, un dramma processuale che proprio in queste settimane sta colpendo milioni di spettatori con la sua narrazione al cardiopalma. Così come nelle migliori opere appartenenti a questo genere, il regista trascina lo spettatore direttamente all’interno dell’aula di tribunale, lo rende il tredicesimo giurato e lo invita, per non dire obbliga, a prendere una posizione, in uno stato di totale coercizione emotiva.
Sarà perché in fondo ci piace maledettamente giudicare le scelte degli altri quando la questione non ci riguarda personalmente, ma con Giurato Numero 2 è davvero impossibile non farsi coinvolgere dal dilemma etico che logora il protagonista. Dopotutto, se c’è qualcosa che proprio non può mancare ai film sui processi, è quella ricognizione puntuale di tutti quei concetti sfuggevoli, come la verità o la giustizia, che hanno spesso dei risvolti ambigui.