Intervista a Michele Placido: dalla Piovra al prossimo film

Partito come attore di teatro, il regista di Romanzo Criminale ha spaziato nei generi come pochi autori italiani, inanellando successi e film acclamati dalla critica

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Michele Placido è in sala dal 7 novembre con Eterno Visionario, il suo nuovo film da regista con Fabrizio Bentivoglio nei panni di Luigi Pirandello, insieme ad un cast di altissimo livello tra cui lo stesso Placido e Valeria Bruni Tedeschi. Un film che è senza dubbio uno dei suoi migliori come autore, pure in una filmografia che conta più di 100 lungometraggi da attore e quattordici titoli come regista.

GIANLORENZO FRANZÌ: Eterno Visionario è l’incontro, felicissimo, tra un maestro del cinema italiano come Michele Placido e un genio della letteratura come Luigi Pirandello. Come nasce il suo amore per lo scrittore siciliano?

MICHELE PLACIDO: da subito! Nasce tanti e tanti anni fa, quando ero ancora all’Accademia di Arte Drammatico Silvio D’Amico, dove io portai per essere ammesso un monologo di Pirandello, tratto da L’Uomo Dal Fiore in Bocca.

Feci l’esame e fui ammesso, e da lì non mi ha più lasciato: ma non perché, come dire, uno si fissa, che non legge altro, ma perché in quel periodo purtroppo appena diplomato mio padre, che era molto orgoglioso di me perché da un piccolo paese come Ascoli Satriano suo figlio era entrato in questa accademia così prestigiosa; poi debuttai con l’Orlando Furioso, con Ronconi, andando in giro per l’Italia giovanissimo, papà non stava bene e dopo il mese di agosto, quando ero in turneè, purtroppo se n’è andato e non mi ha mai visto recitare.

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Michele Placido sul set di Eterno Visionario, ispirato a Luigi Pirandello

Questo è il cruccio maggiore. Per me la passione per quel sogno era diventata realtà, ovvero diventare un attore di teatro; e sempre pensando e incominciando ad andare in scena con piccoli spettacoli dedicati a Pirandello, nel mio subconscio entrò la figura di questo gigante, che man mano che lo interpretavo su piccoli palcoscenici di provincia, ripensavo alla figura paterna che non c’era più.

Michele Placido: il visionario dei generi

Questo è il suo secondo incontro, da regista, con la poesia: prima c’è stato anche Un Viaggio Chiamato Amore, su Dino Campana e Sibilla Aleramo. Perché lei ha la capacità di saltare da un genere all’altro senza mai perdere di vista la sua cifra autoriale, il suo baricentro artistico. E ripercorrendo la sua filmografia, mi pare che l’unico fil rouge rintracciabile sia la ricerca della passione che fanno i suoi personaggi. Pensa possa essere così?

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Sai, non ci avevo mai pensato ma sì. In effetti, se pensiamo ai miei film, il mio primissimo era più un docufilm, Pummarò, con i ragazzi africani che andavano a raccogliere pomodori; e da lì poi si decise il mio passaggio dietro la macchina da presa. A nessuno interessava un soggetto del genere, perché dicevano che l’Italia non era un paese razzista, quello non era il problema più urgente… poi purtroppo gli anni mi hanno dato ragione, ma io quel film l’ho fatto per amore.

Amore di questi ragazzi che vedevo dove andavo al mare, li vedevo d’estate chinati a raccogliere pomodori… poi sono andato avanti sempre cambiando, con Le Amiche Del Cuore, che aveva un tema completamente diverso, Un Eroe Borghese sul caso Ambrosoli, con Bentivoglio che vinse anche il David di Donatello, e da lì ho cominciato a prendere gusto passando a filmografie completamente diverse…

Beh, ha fatto il noir con Vallanzasca, l’arte con L’Ombra di Caravaggio, il polar con Il Cecchino, il cinema di denunci con 7 Minuti…

Si, si, è vero, ti vedo preparato (ride, ndr), non lo so però se adesso con Pirandello ed Eterno Visionario ho chiuso il cerchio. Ci sono voluti tanti anni per arrivarci, perché anche se questo scrittore premiato con il Nobel lo conoscevo molto bene, avevo bisogno di esperienze umane e di vita, e solo all’età di settant’anni mi sono deciso a fare il grande passo…

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Michele Placido è un personaggio indomabile, impossibile da ascrivere ad una sola categoria: è stato un attore di teatro, interprete per film di grandi registi, sex-symbol, personaggio televisivo, poi anche regista… è stato un po’ tutto! Lei è stato particolarmente bravo a non farsi ingabbiare in nessun ruolo. Anche con il rischio di essere identificato con il commissario Cattani de La Piovra di Damiano Damiani. Ricordo ancora gli ascolti assurdi per l’ultima puntata de La Piovra 4, cose impensabili oggi… come riesce a reinventarsi sempre? 

Mah, guarda, probabilmente mi veniva da riflettere mentre mi parlavi… tra l’altro, quest’anno ci sono i quarant’anni de La Piovra, vent’anni di Romanzo Criminale, pensa tu (vogliono fare un docufilm su Romanzo Criminale, che fu l’inizio di un vero e proprio filone), e i cinquant’anni di Romanzo Popolaredi Mario Monicelli, pensa un po’…

Tre ambienti completamente differenti ma tre cose straordinarie. È riuscito anche a sfuggire con coraggio al personaggio di Corrado Cattani: ricorda qualcosa dell’esperienza de La Piovra?

Uh, come no! Proprio quella. Però attenzione! Riflettendo, mi viene in mente che in quel periodo c’erano altri sceneggiati, una volta si chiamavano così, e invece La Piovra era una specie di film per la televisione, c’era alla regia Damiano Damiani, c’erano le musiche di Ennio Morricone. Mi ricordo che per fare le sei puntate televisive ci abbiamo messo un anno, si girava cinematograficamente, l’equipe di Damiano era una troupe di cinema!

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Qualche aneddoto?

Una cosa un po’ curiosa: fu girata una scena di sesso, un po’ hard, e il giorno dopo la Rai (ce lo raccontò Damiano) voleva tagliarla, perché noi andavamo in onda la domenica, e proprio la domenica c’era la benedizione papale, che sarebbe andata al telegiornale serale. E non volevano che dopo il tg, con il Papa, andasse La Piovra con il sesso in prima serata!! Infatti, ci fermammo da quel punto di vista, ma ci furono altre censure, forse giustificate dal contesto storico, ma una cosa che fece molto soffrire Damiano è che quando facemmo la prima al circolo velico di Palermo, con molto pubblico, il fior fiore della borghesia palermitana si arrabbiò lasciando la sala urlando. Lui ne soffrì tantissimo.

la piovra

Michele Placido: il prossimo film in anteprima

Sta già pensando al futuro, al suo prossimo progetto?

Uno ha sempre in mente due o tre progetti, poi dipende da chi li gestisce a livello produttivo e chi arriva prima. Però da qualche anno sto facendo ricerche sul giudice Rosario Livatino, ucciso negli anni Novanta in Sicilia: e in quest’ultimo periodo il Papa sta avviandone la beatificazione. E questa cosa mi affascina nel suo essere insolita, strana: non c’è mai stato nella storia un magistrato santo, neanche Falcone e Borsellino…. Ma la storia è interessante, sono andato ad Agrigento dove lui è stato magistrato, era una persona che ha convissuto in zone di mafia e malavita fortissime dove non c’erano i Corleonesi ma altri che si chiamavano gli Stiddari. A me piace il crime, e la storia non sarà la storia di un santino, ho già allora trovato il titolo, che rientra un po’ nel mio genere: si chiamerà Il Giudice e i Suoi Assassini. Gli assassini sono tanti, non solo i ragazzi manovalanza che non sanno quello che fanno: l’assassino è anche il territorio che tace e fa finta di non vedere.