Cristin Milioti nel ruolo di Sofia Falcone in The Penguin ha sbaragliato tutti: una prova d’attrice che in una serie non si vedeva da tempo
Chi è Cristin Milioti
Se non sapete chi è Cristin Milioti, forse è meglio cominciare da dove l’avete già vista: in How I Met Your Mother, dove era proprio le la “mamma” del titolo, e tuttavia presente solo in un ruolo marginale e tragico – chi sa, sa; o in The Wolf of Wall Street: sì, era lei la prima moglie di Jordan Berlfort. L’abbiamo vista anche in Palm Springs, con Andy Samberg, e nella seconda stagione di Fargo, sempre in un piccolo ruolo.
La sua grande occasione è arrivata con The Penguin, la serie spin-off di otto episodi sul villain di Batman detto il “Pinguino” – che qui si chiama Oswald Cobb – e che fa parte dell’esteso Batverse iniziato da Matt Reeves con The Batman (2022) e che proseguirà con The Batman II (2026).
The Penguin: noir e realismo
L’obiettivo della serie, come quello dei film e con Reeves al timone, è quello di riprendere l’universo di Batman in una veste più realistica e crime/noir, vertendo meno sulle sequenze d’azione e la CGI e di più sulla recitazione, la profondità dei personaggi e la complessità delle vicende, sviluppate come storie credibili dal grande spessore psicologico.
Lo vediamo nella storia di Oz, il protagonista di The Penguin, ma anche in quelle dei suoi comprimari e avversari. Tra questi appunto Sofia Falcone, interpretata dalla Milioti: figlia del boss mafioso Carmine Falcone, a capo di una delle famiglie criminali più potenti e ricche di Gotham, ma con una storia oscura alle spalle.
I traumi di Sofia
Dopo aver trovato la madre impiccata e apparentemente suicida, Sofia è stata infatti incastrata dal padre per una serie di omicidi commessi da lui e spedita al famigerato Arkham Asylum per criminali psicotici. Lì è rimasta rinchiusa per anni, seguita dal dottor Julian Rush – che si sospetta essere Lo Spaventapasseri – riportando un grande danno psicologico e trasformandosi a sua volta in una criminale senza scrupoli.
Quando esce, in varie tappe Sofia procede ad eliminare tutta la sua famiglia – tranne il fratello, ucciso dallo stesso Oz, e la piccola Gia – e prende il potere con metodi brutali, cercando di torturare Oz e di vendicarsi di tutto quel che ha subito. Ma la sua non è solo la vendetta di una figlia tradita e di una donna tormentata: c’è dell’autentica follia nelle sue azioni.
La violenza e la vendetta
Sofia, come del resto anche Oz e vari altri villain di Batman, è profondamente disturbata ed esprime una visione distorta della realtà nella quale ora lei – dopo essersi rinominata Sofia Gigante, avendo preso il cognome della madre defunta – viene prima di tutti. Questo si traduce in una maschera di fredda spietatezza, che tuttavia molte volte mostra tra le crepe un carattere ancora profondamente insicuro, segnato dall’esperienza in manicomio, e incline a sfoghi violenti.
Sofia non è cattiva, ma è come Gotham l’ha fatta diventare: cerca di restituire quel che le è stato imposto e nel farlo mostra uno spessore umano e motivazioni condivisibili; in vari momenti della serie ci troviamo in effetti a parteggiare per lei, salvo cambiare idea quando vediamo di che cosa è capace.
La nascita di un’icona?
Cristin Milioti mostra un impegno profondo nella comprensione del personaggio, facendo trasparire nella sua espressività tutte le sfumature delle ombre e dei tormenti che spingono Sofia e che decidono la sua crescita ma anche la sua irreversibile corruzione. Ci sono scene in cui è inquietante e spaventosa quanto altri villain DC, e la fermezza nella sua volontà di ferire e trionfare è chiara.
La sua parabola non si è conclusa: finita di nuovo ad Arkham, Sofia viene contattata da Selina Kyle – Catwoman, che è anche la sua sorellastra – e seguita sempre dal dottor Rush, suo fedelissimo. Quindi è chiaro che il suo ruolo nel Batverse è solo all’inizio: se proseguirà, come ci auguriamo, potrebbe portare alla nascita di una villain femminile assolutamente memorabile, e di un personaggio iconico. Nel suo piccolo, lo è già.