Ci sono state molte polemiche per l’inserimento di un personaggio con le sembianze di Ian Holm, scomparso nel 2020, in Alien: Romulus. L’idea era omaggiare il suo ruolo nel primo film della saga, ma molti tra pubblico e critica non l’hanno presa bene. Ha senso, nel 2024, una operazione di questo tipo?
Come tutti sanno, il compianto Ian Holm fu l’androide Ash nel primo film di Alien, nel lontano 1979. Un ruolo importante, sineddoche di tutta una ottusa logica corporativa – quella della Weyland-Yutani – che percorre tutta la saga sci-fi horror e che non solo permette il propagarsi degli xenomorfi, la lo incoraggia.
In Alien: Romulus, 45 anni dopo il primo Alien, Holm “torna” in un ruolo simile a quello del 1979 nei panni di un altro androide dello stesso modello ma di nome diverso, Rook, per portare avanti e perseguire quella stessa logica tenendo conto, stavolta, di quanto stabilito nei prequel Prometheus e Covenant.
E non è una sorpresa: abbiamo visto nei due film succitati anche Michael Fassbender nel doppio ruolo di due modelli di androide uguali, sempre fedeli a una visione aziendale inumana e distopica che risale allo stesso Peter Weyland. Il personaggio in Romulus, insomma, serve non solo come omaggio ma anche come collegamento e collante per tutto un pilastro tematico portante della saga.
C’è da dire che nel caso di Romulus l’operazione è stata condotta con delicatezza. Lo ha raccontato lo stesso Fede Alvarez: “L’intera faccenda è iniziata quando ho contattato la famiglia e ho parlato con la vedova di Ian Holm. Lei mi ha raccontato che Ian si era sentito trascurato da Hollywood negli ultimi anni della sua vita e che avrebbe voluto partecipare ad altri progetti dopo Lo Hobbit“.