The Penguin e Agatha All Along dimostrano che contano gli attori, non i personaggi

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Il successo e la buona accoglienza di The Penguin e Agatha All Along confermano che per fare buoni film e buone serie occorrono buoni interpreti, prima di ogni altra cosa

The Penguin (con Colin Farrell) e Agatha All Along (con Kathryn Hahn) dimostrano come sia in casa DC che in casa Marvel, l’unica ricetta sicura per produrre buone serie – e buoni film, se è per questo – è affidarsi ad attori capaci e dedicati al ruolo, che forniscano prove di recitazione di qualità tale da rendere credibile qualunque personaggio fumettistico, e oltre.

In altre parole non basta la popolarità della IP – da Batman e Spider-Man in giù – né tantomeno bastano più, e si rivelano spesso anzi inutilmente ingombranti, le esplosive e roboanti sequenze action infarcite di CGI. No, negli anni ’20 risulta più che mai chiaro come la buona vecchia prova d’attore sia fondamentale per il successo del cinema commerciale tanto quanto lo è sempre stata per il cinema d’autore.

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Cosa tanto più vera se si pensa che parliamo nella fattispecie di due spin-off su due personaggi minori nei rispettivi universi, ragion per cui all’annuncio delle due serie era seguito un iniziale scetticismo, indirizzato – in parte giustamente – alla continua espansione e creazione di nuovi prodotti che portano l’ambizione di questi enormi progetti cine-industriali fuori controllo, come è successo con il DCEU.

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E non si parla solo dei protagonisti, ma di tutti i personaggi e della rete di rapporti che si intreccia tra loro, alla base di ogni buona narrazione. Quindi in The Penguin brilla per esempio anche Cristin Milioti (la “madre” di How I Met Your Mother) nel ruolo di Sofia Falcone, mentre in Agatha ritroviamo quella che già riconosciamo come una bravissima Aubrey Plaza, capace ben al di là dei suoi ruoli comici.

L’idea è auspicare che anche i prossimi film e serie principali di ambo i cinematic universe seguano questo modello: si può prendere qualunque infimo personaggio di qualunque serie fumettistica dimenticata di decadi fa, oppure si può ricorrere ai vari supereroi e villain più celebri di sempre. L’importante è focalizzarsi sui dialoghi, sui rapporti e sullo sviluppo delle personalità dei personaggi.

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Le premesse (e le promesse) ci sono anche se diamo uno sguardo ad altri angoli dell’industria: adattamenti videoludici di successo come The Last of Us e Fallout seguono proprio questo modello, scegliendo accuratamente il cast, tratteggiando i protagonisti con attenzione e – non guasta – portando avanti visioni autoriali precise. La speranza è che cinema e serie tv mainstream possano finalmente trovare una nuova qualità seguendo questi modelli.

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