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Dellamorte Dellamore è un film unico nel panorama del cinema italiano. Una pellicola da riscoprire e da riapprezzare con gli occhi della modernità.
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Dellamorte Dellamore, diretto da Michele Soavi e basato sull’omonimo romanzo di Tiziano Sclavi, creatore di Dylan Dog, è una pellicola che ha segnato un momento importante nel cinema italiano degli anni ’90. Il film si inserisce nel filone dell’horror grottesco, ma è molto più che una semplice storia di zombie.
Esplorando temi di amore, morte, alienazione e identità, Dellamorte Dellamore ha saputo innovare e colpire l’immaginario collettivo grazie a una visione artistica unica, uno stile visivo audace e un tono che oscilla abilmente tra commedia nera, dramma esistenziale e horror surreale. Ecco la nostra recensione, buona lettura!
La storia segue Francesco Dellamorte (Rupert Everett), custode del cimitero di Buffalora, un piccolo villaggio italiano. Il lavoro di Francesco non è limitato a scavare tombe: infatti, deve anche affrontare i “ritornanti”, ovvero i morti che tornano in vita dopo sette giorni dalla loro sepoltura. Con l’aiuto del suo assistente Gnaghi, Francesco si occupa di eliminare questi zombie, ormai diventati una parte della sua routine quotidiana.
La sua vita cambia quando incontra una misteriosa donna (Anna Falchi), di cui si innamora profondamente. Ma il loro amore è segnato dalla tragedia e dalla morte, innescando una spirale di eventi che spinge Francesco sempre più a fondo nel suo dilemma esistenziale: combattere contro la morte o abbracciarla? Il tema dell’amore e della morte (come suggerito dal titolo) si intreccia indissolubilmente, offrendo una riflessione sull’assurdità dell’esistenza e sulla sottile linea tra amore e distruzione.
Negli anni ’90, il cinema horror italiano era in declino rispetto alla sua epoca d’oro degli anni ’70 e ’80, quando registi come Dario Argento, Lucio Fulci e Mario Bava avevano contribuito a creare una fiorente scena horror. Tuttavia, alla metà degli anni ’90, il genere sembrava aver perso quella spinta innovativa, e molte produzioni erano per lo più ripetizioni di cliché ormai consumati. In questo contesto, Dellamorte Dellamore è apparso come un’opera in grado di portare una ventata di freschezza e novità.
Michele Soavi, già noto per il suo lavoro su film come La chiesa e La setta, era uno dei pochi registi capaci di prendere le redini di un cinema di genere in crisi e ridargli vitalità. Con Dellamorte Dellamore, Soavi ha creato un’opera che è riuscita a sfuggire ai confini stretti dell’horror tradizionale, unendo elementi di surrealismo, black comedy e filosofia esistenziale in un unico prodotto.
Ciò che rende Dellamorte Dellamore particolarmente innovativo per l’epoca è la sua capacità di sfuggire alle classificazioni. Non è un film di zombie tradizionale; infatti, la presenza degli zombie serve più come metafora che come minaccia orrorifica. In questo senso, il film si avvicina di più a un’opera surreale che a un horror convenzionale. Soavi gioca con i simbolismi e le ambiguità narrative, facendo sì che lo spettatore non sappia mai del tutto cosa sia reale e cosa sia frutto dell’immaginazione o della follia di Francesco.
L’innovazione sta anche nel modo in cui il film tratta i suoi temi principali. L’amore e la morte, due forze apparentemente contrapposte, sono qui indagate in modo complementare. Dellamorte non è solo un becchino: è un uomo che vive tra la vita e la morte, innamorato di una donna che sembra incarnare entrambe. La sua ossessione per la morte diventa una sorta di ricerca metafisica, un desiderio di sfuggire al ciclo della vita e della morte che lo tormenta quotidianamente.
Questi elementi di introspezione filosofica erano raramente esplorati in modo così complesso in un film horror dell’epoca, che di solito si concentrava più sugli effetti speciali e sull’intrattenimento visivo.
Visivamente, Dellamorte Dellamore è un’opera notevole. Michele Soavi si avvale di una regia estetizzante, con una cura maniacale per i dettagli. La fotografia di Mauro Marchetti è estremamente stilizzata, con colori saturi e ombre profonde che conferiscono al film un aspetto gotico e onirico. Ogni inquadratura sembra pensata per accentuare l’atmosfera surreale e decadente della storia, trasformando il piccolo cimitero di Buffalora in un luogo fuori dal tempo, dove la logica e la realtà sembrano sospese.
Un altro aspetto innovativo è l’uso del grottesco, sia a livello visivo che narrativo. I “ritornanti”, benché siano zombie, sono trattati con un misto di ironia e horror. La violenza e le scene macabre sono spesso accompagnate da un umorismo nero che stempera la tensione e aggiunge un tocco di surrealismo. In questo senso, Dellamorte Dellamore si allontana dai toni cupi e seriosi di molti film horror, offrendo invece una visione più sfaccettata e a tratti parodistica del genere.
Il personaggio di Gnaghi, l’assistente di Dellamorte, rappresenta il lato più grottesco del film. Con il suo comportamento infantile e la sua relazione improbabile con la testa decapitata di una giovane donna (con cui stabilisce un assurdo legame affettivo), Gnaghi incarna perfettamente l’atmosfera surreale e bizzarra del film.
Il casting di Everett è un richiamo diretto a Dylan Dog, il celebre fumetto di Tiziano Sclavi, il cui protagonista era stato modellato proprio sul volto dell’attore britannico.
Everett riesce a bilanciare perfettamente il sarcasmo e l’umorismo nero con la sofferenza esistenziale del personaggio, proprio come Dylan Dog. La sua interpretazione in Dellamorte Dellamore è quella di un uomo che sembra essersi arreso di fronte all’assurdità della vita e della morte, ma che allo stesso tempo continua a cercare un significato in tutto ciò che lo circonda.
Dellamorte Dellamore non è stato un grande successo commerciale al momento della sua uscita, ma nel corso degli anni è diventato un cult movie, apprezzato per la sua unicità e la sua capacità di mescolare generi e stili diversi. Il film è spesso considerato un’opera di transizione, che chiude un’epoca del cinema horror italiano e, allo stesso tempo, anticipa alcune delle tendenze del cinema horror successivo, come l’uso di tematiche esistenziali e una maggiore attenzione alla componente psicologica dei personaggi.
L’eredità di Dellamorte Dellamore risiede nella sua capacità di sfidare le convenzioni del genere e di offrire un’esperienza cinematografica che è allo stesso tempo stimolante e profondamente divertente. Soavi ha dimostrato che il cinema horror può essere un veicolo per esplorare temi complessi, senza rinunciare all’intrattenimento e allo spettacolo visivo.
Ma non solo: il concept del film, e il romanzo da cui è tratto, è ciò che darà il via alla nascita dei fumetti di Sclavi su Dylan Dog. Uno dei fumetti più amati e di successo della storia. Le avventure paranormali del personaggio nascono, in maniera diretta, dall’assurda trama del film di Soavi.
Non solo i temi, ma anche lo stile narrativo di Dellamorte Dellamore anticipa l’approccio di Dylan Dog: un mix di ironia, pathos e orrore che ha fatto del fumetto un fenomeno di culto. Questo legame tra le due opere è evidente anche nel modo in cui Sclavi tratta le relazioni umane e sentimentali: sia Dellamorte che Dylan sono personaggi tormentati da amori irrisolti e dal senso dell’inevitabile fine, elemento che li rende affini e carismatici.
In conclusione, Dellamorte Dellamore è un film che ha saputo innovare grazie alla sua visione audace e alla capacità di mescolare orrore, commedia e filosofia, rendendolo un’opera imprescindibile per gli appassionati di cinema di genere.
Rupert Everett: Francesco Dellamorte
François Hadji-Lazaro: Gnaghi
Anna Falchi: “Lei” (vedova/segretaria di Civardi/Laura)
Anton Alexander: Franco
Mickey Knox: commissario Straniero