Il fandom anti-woke che sabota le nuove serie e i franchise, e le risposte dell’industria dell’intrattenimento americana: “Se la conversazione è tossica, non le diamo ossigeno”
L’era del Fandom
Era dei social, uguale era dei fan. Ossia un’era nel quale il fandom – la matassa di appassionati sfegatati di una serie, di un personaggio, di un attore, di un cantante o di un franchise – segue la logica utopistica del web che dice che 1 vale 1, e ritiene di dover esprimere la propria opinione a ogni piè sospinto e a gran voce, specialmente quando è negativa.
La percezione di un potere che potrebbe, se esercitato da un numero sufficiente di netizen, portare le case di produzione ad accontentarli e a cambiare la natura di un progetto o a spingere per la realizzazione di un altro. Un potere che si è visto, per esempio, con l’uscita della Snyder Cut di Justice League, o nella pressione del fandom per la realizzazione di Days Gone 2.
Il review bombing
Non solo petizioni e opinioni, ma piogge di commenti negativi che passano dalle shitstorm al review bombing sistematico – di cui su IMDb e Rotten Tomatoes sono stati vittime per esempio l’episodio di TLOU con Bill e Frank (romance gay) o un recente episodio di HOD con un bacio saffico (altra romance gay).
Quella del review bombing è una pratica che ha preso piede fin dall’uscita di Star Wars: The Last Jedi nel 2017, e che si rispecchia nei numerosi subreddit dedicati alla lotta contro il presunto dilagare della woke culture che interessa franchise come The Boys o serie come The Marvels. Nei casi peggiori si arriva alle minacce di morte, come quelle subite da Leslie Jones durante il press tour per Ghostbusters (2016), pure in tempi non sospetti.
Bigottismo conservatore
Il 28 agosto Amandla Stenberg, star di The Acolyte, ha fatto una storia IG di otto minuti sulla decisione di Lucasfilm di cancellare la serie in cui asseriva: “Non è un grande shock per me. Abbiamo iniziato ad avere esperienza di un furioso, direi, bigottismo iper-conservatore al vetriolo, [nonché] pregiudizio, odio e linguaggio risentito nei nostri confronti”.
Spesso c’entra la scelta di personaggi femminili come protagoniste, altre volte la selezione di attori di colore: in Bridgerton, per esempio, è stata criticata Masali Baduza, l’amante nera del personaggio di Francesca; ne Gli Anelli del Potere, critiche sono piovute dal fandom circa elfi e nani di colore.
Le reazioni di Hollywood
Come sta reagendo l’industria? Un responsabile del marketing televisivo citato da Variety (senza nome) dice: “Quando è una conversazione negativa e tossica, non interagiamo nemmeno. Come con le persone tossiche, cerchi di non dar loro troppo ossigeno. Rispondiamo ai commenti positivi”.
“Parlano a chiara voce” sostiene costui sui fan tossici “Ci dicono: ‘Se non fate questo, i fan si vendicheranno‘”. Ecco perché la strategia è appunto quella di non “provocare” il fandom e di ascoltare consigli e suggerimenti, cosa che però comporta spesso la “sindrome del focus group”, ossia la tentazione di costruire film, serie e prodotti tenendo presenti esclusivamente i gusti del pubblico.
Difesa e strategia
In altri casi si cerca di reagire dopo i commenti negativi e gli attacchi difendendo le scelte ma non in tono polemico. Dopo l’uscita di Obi-Wan Kenobi per esempio, difendendo il casting di Moses Ingram, Lucasfilm ha diffuso questo messaggio al fandom: “Ci sono più di 20 milioni di specie senzienti nella galassia di Star Wars, non scegliete di essere razzisti”.
Oppure, in difesa delle scelte di Rings of Power, gli attori della trilogia di Peter Jackson hanno condiviso dei post in cui indossano magliette con orecchie elfiche di vari colori, e una scritta in elfico: “Siete tutti i benvenuti, qui”. In ogni caso, la reazione più estrema è quella adottata da attori e attrici come Elizabeth Olsen, che dice: “Non sono online, quindi sono protetta”. Ed è forse la più intelligente.
Fonte: Variety
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