Evirazione e castrazione
Quindi la ragazza, ricchissima di famiglia, dice di voler comprare la sua uscita da quel luogo. L’offerta viene accettata ma a patto che anche lei entri nell’organizzazione e rispetti la clausola secondo la quale se due persone, vittima e torturatore, entrano in una cella, una di esse deve morire.
Beth è restia fino all’ultimo ma a farla decidere è Stuart, che stupidamente la insulta vedendo letteralmente minacciata la sua virilità. Quindi: zac zac. Un colpo di forbici e tutto l’apparato genitale di Stuart viene reciso, con abbondanza di sangue e dolore lancinante espresso da parte sua. Beth ordina di lasciarlo morire dissanguato e lancia i genitali ai cani, che se li pappano.
Chi è il più cattivo?
L’impostazione è ovviamente di indirizzo femminista, o perlomeno segue lo schema del rape and revenge (anche se a lei non succede quasi nulla, però solo perché reagisce) che ci rimanda a film cult come I Spit on Your Grave, in cui la vittima femminile si vendica dell’aggressore maschile opponendo violenza a violenza, ed emergendo trionfante.
C’è però una doppia morale: Beth non se l’è cavata solo grazie alle sue capacità e alla sua determinazione, ma anche e soprattutto grazie ai suoi soldi. Quando anche lei entra nell’organizzazione e si fa fare il tatuaggio che lo attesta, il quesito morale sorge spontaneo: è davvero così diversa da Stuart o così migliore di lui?
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