Il Buco – Capitolo 2: la disperata ricerca di una libertà nell’orrore | RECENSIONE

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Il sequel de Il Buco, l’horror spagnolo ambientato in una prigione distopica, è meno estremo e più filosofico ma dimostra le possibilità narrative di un’idea che è ancora valida

La prigione distopica de Il Buco

Il Buco: una gigantesca torre sita non si sa dove in cui dei prigionieri, che scelgono volontariamente di venirvi rinchiusi per varie ragioni, vengono distribuiti su vari livelli. Ogni giorno, una piattaforma colma di cibo scende dall’alto al basso della torre, passando per un pozzo che attraversa e rende comunicanti verticalmente tutte le celle.

Ne consegue che chi sta più in alto può avere più cibo e anche il migliore; viceversa chi sta più in basso probabilmente avrà solo gli scarti, oppure nulla. Una chiara metafora dell’iniquità della società capitalista, ma con un twist: ogni mese i prigionieri vengono ri-assegnati a un’altra cella, scelta a caso. La situazione può quindi ribaltarsi inaspettatamente per tutti.

La nuova legge: tutti uguali?

Questi gli assunti del primo film, del 2019, che vengono ripresi in questo secondo capitolo del 2024. Altri prigionieri si ritrovano nella torre, ciascuno con la propria storia, i propri segreti e i propri demoni. Ma stavolta c’è una novità: qualcuno ha imposto una “legge” nel buco, nel tentativo di rendere l’esistenza degli “ospiti” più facile e libera.

La legge prevede semplicemente che tutti i livelli si impegnino a non toccare il cibo di preferenza di tutti gli altri, ossia che tutti mangino solo il proprio, selezionato al momento dell’entrata. L’idea è quindi quella di una sorta di comunismo nel quale ognuno abbia sempre il suo ma, attenzione, niente di più. Anche il cibo dei morti, per esempio, deve essere scartato.

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