Perché i videogiochi multiplayer online hanno (quasi) ucciso il gaming

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I videogiochi multiplayer online sono più popolari che mai, a scapito delle esperienze single player e offline. Cosa significa per l’industria del gaming, ma soprattutto cosa significa per i gamer?

Il videogioco multiplayer online, da quando la rete internet potente e onnipresente lo consente, è l’affare del secolo. Lo schema del Game as a Service, che prevede l’iscrizione su abbonamento a un servizio – come per Netflix, per intenderci – per singoli giochi come GTA Online o intere piattaforme come Game Pass di Xbox, assicura alle aziende guadagni facili, con minimo sforzo e impegno.

A questo si affianca la struttura dei videogiochi online “massivi”, che prevedono la presenza contemporanea di moltissimi utenti, connessi da ogni parte del mondo, i quali di solito si danno battaglia con armi fantasiose in svariati ambienti e con skin customizzabili e contenuti personalizzati in ogni modo.

Cosa ci va di mezzo? Parlando di videogiochi, quasi tutto. Per cominciare, la spesa: un tempo si comprava un gioco e quello era, si spendeva una volta e basta. Oggi, come avviene anche per i giochi mobile ma sempre più spesso anche per titoli importanti e amati, le micro-transazioni impongono l’acquisto di pacchetti, miglioramenti e aggiunte anche solo per continuare a giocare.

Nei giochi Tripla A è prevista, certo, l’opzione di acquisto dei DLC, che però sono come piccoli giochi inediti e che se assenti non inficiano l’esperienza del gioco base in nessun modo. Le micro-transazioni, invece, dissanguano pian piano con tanti acquisti minimi apparentemente inessenziali, ma che se sommati danno cifre belle grosse.

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