Una donna americana di 64 anni è diventata la prima persona a utilizzare la capsula del suicidio assistito Sarco in Svizzera, suscitando un notevole interesse ma anche numerose controversie. La capsula, sviluppata dal gruppo Last Resort affiliato all’organizzazione Exit International, utilizza un processo innovativo per l’eutanasia, che implica l’uso di azoto gassoso per ridurre drasticamente i livelli di ossigeno nel sangue, portando alla perdita di coscienza e alla morte entro circa 10 minuti.
Lunedì scorso, la donna è entrata nella capsula Sarco, dove ha ricevuto un ordine agghiacciante dalla macchina, che le ha chiesto di premere un pulsante per avviare il processo di eutanasia. “Se vuoi morire, premi questo pulsante”, avrebbe detto la macchina, secondo quanto riportato dall’AFP. L’intervento della capsula è stato descritto come “pacifico, rapido e dignitoso” da Florian Willet, copresidente di Last Resort e unico testimone del decesso.
Il dispositivo Sarco è una capsula stampata in 3D, progettata per offrire un suicidio non farmacologico, elettivo e completamente controllato dall’utente. È dotato di un pulsante di emergenza che consente di interrompere il processo in caso di ripensamenti. Tuttavia, l’uso di questa tecnologia non è ancora stato ufficialmente approvato dalle autorità svizzere, il che ha portato all’arresto di alcune persone coinvolte nel caso.
Il caso della capsula Sarco: le leggi dell’eutanasia in Svizzera
La Svizzera è uno dei pochi Paesi al mondo in cui è legale per cittadini stranieri ricorrere al suicidio assistito, purché venga rispettata la legge, che impone che la morte non sia per un motivo egoistico e che l’assistenza esterna sia limitata. Nonostante la controversia, il direttore di Exit International, Philip Nitschke, ha dichiarato che l’operazione del Sarco si è svolta come previsto, fornendo una morte scelta in modo autonomo.