Sophia Loren: i migliori film di un’attrice leggendaria

Sophia Loren da oltre settant'anni sulle scene, vediamo i film più rappresentativi dell'attrice

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Anni ’70: Cassandra Crossing e Una Giornata Particolare

In pochi lo fanno notare, ancora di meno lo capiscono, nessuno lo dice, ma Sophia Loren è una figura femminile sopra le righe nella quale si vede l’ultima, vera star italiana capace di tenere sotto stretto controllo la propria fama, la propria immagine e la propria posizione all’interno di uno star system hollywoodiano che proprio negli anni Settanta si preparava ad esplodere per poi implodere su sé stesso.

Perché la trasferta americana della Loren non andò proprio bene in tutto e per tutto: lo vediamo ancora oggi come e quanto sia difficile per un artista di cinema italiano riuscire non tanto ad affermarsi all’estero, quanto continuare ad essere padrone del proprio stile e della propria immagine. E se l’immagine (per sua e nostra fortuna) restò alta, lo stile americano poco si adattava al magistero interpretativo di una donna che poteva fare tutto tranne che essere sommersa da altri. La carriera straniera della Loren è ricca di flop o film dimenticabili, culminata sul set de La Miliardaria con Peter Sellers dove fu persino derubata. Va salvato e ricordato però Cassandra Crossing (The Cassandra Crossing, 1976) di George Pan Cosmatos, opera che anticipa in qualche modo i ritmi e l’estetica dei cinecomics nascosta dietro un classico film catastrofico con tanto di cast stellare. Il modello di riferimento è ovviamente Airport di George Seaton, ma la confezione di pregio è il tratto riconoscibilissimo di Carlo Ponti: e la Loren è il primo titolo nei credit, ma è anche il classico personaggio femminile degli anni Settanta, fragile, occhi lucidi, inerme.

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Ma il pezzo forte del decennio (e forse di una porzione temporale più vasta) è il capolavoro di Ettore Scola del 1977, Una Giornata Particolare. Due nomination agli Oscar e un Golden Globe vinto come miglior film straniero probabilmente non bastano a definire la statura di quest’opera.

Un film costruito su due solitudini, una sull’orlo dell’autodistruzione, l’altra nascosta dietro fragili facciate. È anche l’incontro di due Italie, due sessi, due prigioni, due umiliazioni, due culture; ma è anche il film con uno dei più celebri e folgoranti piani sequenza della storia del cinema italiano che ci ripiomba ai tempi del fascismo impregnando la visione di umori e vischiose esalazioni.

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Non ultimo, è il film che dà l’occasione alla diva di Pane, Amore e… di mettere in secondo piano la sua (ri)conosciuta sensualità mostrandosi struccata, spettinata, non curata, totalmente al servizio del personaggio senza nessuna finzionalità, facendo il paio con l’enorme Mastroianni il quale, dal canto suo, rovescia anche lui la tipicità della sua maschera per mettersi in bilico tra rassegnazione e dolore.

Anni ’80: Qualcosa di Biondo e That’s Amore

Sono gli anni sfrenati dell’edonismo, quelli dove la patina di superfice deve brillare più di quanto risplenda il contenuto: e l’immagine, Sophia, la sa gestire fin troppo bene.

Anche se gli anni Ottanta sono il decennio del tracollo.

Nel 1982 infatti si chiude l’indagine della Tributaria che coinvolge la Loren e il marito sui supposti 10 miliardi di lire portati all’estero: il colpevole risulterà essere il suo commercialista, ma l’immagine è da restaurare e allora arriva in soccorso la tv con due fiction da prima serata assicurata, Mamma Lucia e Madre Coraggio. Ci sono anche due film di cui nessuno parlerebbe oggi se non fosse per la presenza della ragazza di Pozzuoli. That’s Amoreè del 1995, e vede in scena due mattatori assoluti come Walter Matthau e Jack Lemmon: mordono un po’ il freno, con il primo che lotta contro i tempi nervosi imposti dalla parte e il secondo che ormai recita in automatica.

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Ma a spiccare è la Loren, guest star che infonde il soffio vitale in una commedia che vive per la carica artigianale di grandi attori; ha una fotogenia che sembra non appannare mai, abilissima modellatrice di movimenti, gesti, sguardi, dentro un personaggio mitico e mitizzato ovvero quello della popolana che diventa signora, che però ormai domina con eleganza e intelligenza. Qualcosa di Biondo, invece, di appena un anno prima, segna il ritorno della Lore sul grande schermo made in Italy, diretta da una vecchia volpe come Maurizio Ponzi e scritto da Sergio Citti. Stesso personaggio, ma uguale splendente bellezza, rispetto all’altro film c’è però molto più entusiasmo.

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Anni ’90: Prêt-à-Porter e Sabato, Domenica e Lunedì

Dopo l’edonismo, la restaurazione.

Nel 1991, Cesar onorario; stesso anno, Oscar alla carriera; 1994, Orso d’Oro onorario; 1999, David alla carriera.

Come segnare allora questa celebrazione della diva, se non con un film che la celebra come attrice?

Nel 1994 Prêt-à-Porter, di Robert Altman, condivide concettualmente molta della vanità e della vacuità del mondo che vorrebbe criticare: e in questo senso, il recupero della coppia leggendaria Loren-Mastroianni ha un sapore nostalgico dolceamaro. Il film non morde e non graffia, non si accanisce sul mondo dell’haute couture, ma rivedere loro due sul grande schermo insieme è sempre bello, specie se con ironia rifanno la famosa scena dello spogliarello vista in Ieri, Oggi, Domani.

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Ci pensa però Lina Wertmuller a regalare alla Loren un altro ruolo memorabile: è del 1990 infatti Sabato, Domenica e lunedì, film tv che per entrambe rappresenta la miglior prova degli ultimi due decenni. Nato come film tv in due puntate, montato in seguito per l’edizione cinematografica (passato quindi da tre a due ore), Sabato, Domenica e Lunedì è forse l’opera più felice della Wertmuller dai tempi dei suoi capolavori con Melato/Giannini: dal dopoguerra di Eduardo si passa al fascismo così da parlare con più attualità di matrimonio e divorzio, e la Loren con la sua Donna rosa ci regala una preparazione di ragù in una scena memorabile. Senza più sforzarsi di combattere il tempo che passa, splendida splendente nella sua magnifica maturità, contorniata da un cast eccellente.