Il Nosferatu di Werner Herzog è un adattamento della storia di Dracula macabro e malsano, che parla più dell’umanità (e della sua corruzione) che dei vampiri. Un grande film da riscoprire ancora oggi
Nosferatu e Dracula
In Nosferatu di Werner Herzog, 1979, rivivono sia la storia originale di Bram Stoker che il celebre adattamento di F. W. Murnau del 1922, capolavoro del muto espressionista tedesco. Ma Herzog conferisce al suo film un valore proprio, intessendolo di motivi oscuri che lo rendono un racconto malinconico e spietato, decadente, senza speranza.
Il film di Herzog è caratteristico dello stile del regista: lento e sottile, inquietante e atmosferico, parla per movimenti lenti e discorsi brevi ma dice tutto con le immagini, le visioni e le fotografie che costruiscono la grande tela del racconto quasi più dei personaggi stessi. I quali, poi, sembrano quasi tutti a disagio nei propri panni, e parlano come attori di teatro, con enfasi e gesti bruschi.
Quando la peste invade la città , segnalata dai topi che dilagano ovunque, solo Lucy Harker sembra capire che dietro in qualche modo dev’esserci il vampiro. Ma i cittadini non le danno retta e in realtà nemmeno lo stesso dottor Van Helsing – che nel romanzo guida invece la crociata contro il demone – sembra crederle.
In questo Nosferatu infatti non solo non troviamo i ritmi e l’eccitazione di Dracula, e l’orrore è spesso più che altro tristezza, ma c’è un cambiamento notevole nel finale che ci lascia su una nota grottesca. Cosa accade: quando Lucy si sacrifica per uccidere il vampiro, il dottor Van Helsing lo finisce trafiggendolo ma, assurdamente, viene arrestato per omicidio.
Scopriamo poi che Jonathan è ormai tramutato in vampiro a sua volta, e probabilmente non è l’unico. La cecità della società e delle istituzioni, che già prima non ascoltavano gli avvisi di Lucy, è foriera di un grande suicidio collettivo che è morale prima che carnale. Gli uomini non guardano in faccia l’orrore, lo subiscono e al limite banchettano quando non c’è più nulla da fare.