Maria, di Pablo Larraín, in concorso alla 81esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, uscirà nelle sale italiane a gennaio 2025, distribuito da 01 Distribution.
Maria è il nuovo biopic di Pablo Larraín scritto da Steven Knight (Spencer, Peaky Blinders, Eastern Promises), e interpretato da Angelina Jolie (Maria Callas), Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Kodi Smit-McPhee e Valeria Golino. Un film che divide la critica ed emoziona il pubblico. Qui la nostra recensione.
Maria, La Trama
Il biopic della celebre Maria Callas riavvolge il nastro della vita della cantante, partendo dagli ultimi istanti fino ad arrivare ai momenti più emozionanti della vita professionale e privata dell’artista. L’omaggio di Pablo Larraín a una voce senza tempo.
Maria, La Recensione
“L’arte è così grande che più conosci più sai di non conoscere” la citazione è di Maria Callas, in un’intervista del 1976 nella sua casa di Parigi con la giornalista Dora Ossenska. Difficile, difficilissimo il compito che questa volta si è prefissato il regista Pablo Larraín, uno dei cineasti più amati del momento, accompagnato dalla sceneggiatura di Steven Knight. Difficilissimo perché Maria Callas è, per gli appassionati, una di quelle “note” indelebili nella storia dell’opera internazionale. Maria Callas, o semplicemente “Maria”, come in Jackie, si spoglia di fama e gloria per rivelarci il lato più intimo di una donna che cerca ancora scampoli di bellezza nel buio e nella disperazione.
Maria in tre atti, come Tosca
Tre atti, come in un’opera classica, accompagnano il racconto degli ultimi giorni e istanti di vita dell’artista, che in continui flashback tra realtà e immaginazione ripercorre una vita che ormai non le appartiene più. I ricordi resistono al tempo, la rigorosità della mente si oppone alla caducità del corpo, e sebbene la voce “non sia più la stessa” racconta di un’identità smarrita. Chiaro il profilo psicologico tracciato, un leitmotiv del regista che esalta dualità e scissione del personaggio pubblico / sfera privata. Il successo e l’esaltazione unite alla fragilità di chi, una volta spente le luci del palcoscenico, sembra ormai perso. “Posso chiamarla Maria o La Callas?” chiederà non a caso il giornalista immaginario del biopic sull’artista.
Angelina Jolie, scelta come protagonista, svolge al massimo delle sue possibilità il compito e, come nell’atto finale del film, mette tutta sé stessa per emettere un suono omogeneo e far uscire in modo dignitoso il ritratto di una celebrità inarrivabile, persino per lei. Gioca in sottrazione, cerca di nascondersi – e nel secondo tempo del film lo fa anche meglio, rendendo meno artefatto il personaggio – dietro la diva, ci rimanda quell’ intelligenza e assertività che sicuramente appartenevano a una personalità come la Callas. Ma non riesce ad emozionarci fino in fondo. Lo fa sul finale, nei momenti più intimi in cui si spoglia delle rigidità interpretative – e forse anche personali – che sembra imporre in qualche modo a sé stessa.
Il ritratto di Maria quindi, sembra riuscire in parte. Perché all’altezzosità e alla fragilità sembrano mancare gli altri ingredienti appartenenti ad un’artista così grande. Forse per senso di profonda riverenza e devozione, ma la “Maria” di Larraín non riesce ad andare oltre il racconto della malinconia e del dolore. Molto si concentra sulla descrizione di un’ossessione simil narcisistica tipica dei suoi personaggi, in una continua e spasmodica ricerca di sé stessi resa possibile solo grazie all’esperienza della sofferenza.
L’amore con Aristotele Onassis (Haluk Bilginer) ad esempio è appena accennato, soffocato dal racconto della brutalità ed imponenza di un personaggio che in realtà per Maria ha rappresentato tutto. Non solo disprezzo e rancore, ma la possibilità di “uscire finalmente dalla gabbia” in cui poi, in realtà, verrà rinchiusa nuovamente. Forse qualcuno di voi si ricorderà una giovanissima Luisa Ranieri nei panni di Maria, che quella passione invece la raccontò in maniera molto più esplicita…
Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher
Ciò che rende l’interpretazione di Angelina forse più “umana” e raggiungibile è la connessione e la sympatheia che si crea con gli altri due protagonisti (i nostri impeccabili Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher) i quali svolgono un ruolo narrativo fondamentale proprio perché riescono a farle abbassare le difese. A rimandarci la complessità di una figura sì ribelle, ma piena di vita prima che arrivasse la fine. Perché anche la fine, prima di essere tale, è stata pur sempre un inizio.
Lo dice anche la Callas, sia nel film che nell’intervista del 1976: “ho smesso di cantare perché il pubblico è evoluto, e sentivo di pretendere sempre di più da me stessa. Ho dato e ricevuto tanto, ma mi sento pienamente appagata e non posso essere avara”.
La regia
Il film di Larraín nella classicità delle inquadrature, nella lentezza delle sequenze, nella fotografia illuminata ed illuminante di Edward Lachman rimane comunque una sorta di inno alla perfezione, un ritratto artistico ben eseguito. E quel pianoforte, spostato dal povero Pierfrancesco da una parte all’altra della stanza, il racconto di un “clandestino sballottato dalla tempesta nella stiva”, come direbbe Michele Mari in Cento poesie d’amore a Ladyhawke.
Quella voce che si spezza, quell’identità che non si ritrova, quello strazio che si riconosce nella potenza delle note della “Tosca” e nella sofferenza di Mario Cavaradossi, ci arriva con grande commozione. Ma rispecchia solo in parte il ritratto di un’artista che ha vissuto intensamente, in un rapporto viscerale con gli affetti e con la musica, inossidabile compagna di viaggio. Perché per una come Maria Callas, come per una delle più classiche tragedie greche, il sipario non si chiude mai.
Maria, Il Cast
Angelina Jolie: Maria Callas
Valeria Golino: Yakinthī Callas
Haluk Bilginer: Aristotele Onassis
Alba Rohrwacher: Bruna Lupoli
Pierfrancesco Favino: Ferruccio Mezzadri
Kodi Smit-McPhee: Mandrax
Vincent Macaigne: dott. Fointainebleau
Stephen Ashfield: insegnante di canto
Lydia Koniordou: Euaggelia Dīmītriadou
Alessandro Bressanello: Giovanni Battista Meneghini
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