Da Commodo a Joker: Joaquin Phoenix e il carisma di un antidivo

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Dopo la tragedia, spinto forse a seguire le orme del fratello per dare un senso alla sua morte (ma anche per mantenere la famiglia, di cui fino a quel momento si era occupato River), Joaquin, che già aveva iniziato a muovere i suoi primi passi ad Hollywood  interpretando piccoli ruoli in alcune serie tv, si è buttato a capofitto nel lavoro e si è fatto notare nel film “Da morire” (To Die For, 1995), diretto da Gus Van Sant, in cui veste i panni di Jimmy Emmet, uno studente instabile che viene manipolato da una donna pronta a tutto pur di raggiungere la fama.

L’opera diretta da Van Sant è diventata un piccolo cult, ma è solo nel 2000 che l’attore americano è divenuto noto al grande, grandissimo pubblico, grazie ad un film (e ad un ruolo) impossibile da dimenticare: stiamo parlando de Il Gladiatore, in cui Phoenix interpreta Commodo, il figlio di Marco Aurelio che ambisce a diventare imperatore ma che deve scontrarsi con il vero eroe della storia, Massimo Decido Meridio (Russell Crowe).

Una prova attoriale gigantesca per Phoenix, intimorito dalla grandezza del set e dall’imponenza dell’opera; ma tutto quel timore e quell’insicurezza possiamo dire di averla vista, perfettamente trasmessa, nello sguardo vacuo e offuscato e nella voce tremante di Commodo. Un personaggio che nell’immaginario collettivo è diventato l’antagonista per eccellenza, contrapponendosi in modo credibilissimo al “grande” Massimo, perché non è così scontato fare i “villain” ed essere credibili.

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Finalmente tutti hanno potuto apprezzare la bravura, lo spessore, la complessità di Joaquin Phoenix. Tutte queste caratteristiche le ritroviamo poi, qualche anno dopo, in Walk the Line (2005), in cui Phoenix questa volta diventa il protagonista, interpretando il cantante leggendario Johnny Cash, dando vita ad un altro ruolo particolarmente acclamato (e stavolta positivo), soprattutto per la capacità di cogliere e rendere l’essenza del cantante, anche grazie all’imitazione quasi perfetta della voce.

La capacità di Phoenix è proprio questa: penetrare nelle trame di un personaggio, cucendole perfettamente a sua misura, e rendere tutte le sfaccettature dell’animo umano nel modo più sincero e autentico. Nel 2009 abbiamo per un attimo temuto che stesse abbandonando le scene quando, dopo aver girato Two Lovers, il film citato in apertura, ha dichiarato di voler rinunciare alla recitazione per diventare un rapper, lasciando tutti esterrefatti ed increduli. Per fortuna non è andata così, perché quella è stata solo un’occasione per lanciare il suo documentario I’m Still Here (per favore Joaquin, niente più scherzi).

“Sono ancora qui”, ci dice, ma in realtà Phoenix ogni tanto si prende il suo tempo, si allontana dalle scene, poi ritorna e sull’onda del successo sfrutta la sua visibilità per battaglie nobili, come ad esempio la causa animalista, a cui è particolarmente devoto. Tra un sit-in e l’altro, nel 2012 è tornato al cinema con The Master, diretto da Paul Thomas Anderson.

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