The Decameron: il black humor che insegna a sorridere della morte

Ecco la nostra recensione di The Decameron, nuova serie Netflix basata sull'opera di Boccaccio

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Sulla carta, The Decameron, la nuova serie comedy Netflix, poteva essere un fallimento completo: prendi una sfilza di (brave e bravi) attrici e attori super british, vestili in abiti del ‘300 e fai finta che siano fiorentini e toscani dell’epoca di Boccaccio. Quest’ultimo, poi, non propriamente l’ultimo degli autori, ma uno dei primi a scrivere in lingua volgare italiana, un Maestro, insomma. I

l suo Decameron lo studiamo a scuola, e giustamente: è un caposaldo della letteratura italiana, una delle più importanti opere del Trecento insieme alla Divina Commedia. Ma con quel “The” davanti? Non neghiamo quindi che ci siamo approcciati alla serie con qualche preoccupazione e forse, persino, qualche pregiudizio. E invece, tutto sommato, è andata benone. Ecco perchè.

La trama

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“The Decameron”, libero adattamento dell’opera “Decameron” di Giovanni Boccaccio (1349-1353), è ambientato ai tempi della Peste Nera, precisamente quella bubbonica, che nei suoi corsi e ricorsi ha decimato la popolazione europea e ridotto in quel periodo di 3/5 quella fiorentina. È proprio in una villa nei dintorni di Firenze che si rifugiano i nobili protagonisti della storia e i loro servi, cercando di sfuggire alla morte e al pensiero della morte e intrattenendosi con balli, canti e, soprattutto racconti. Decameron significa infatti “dieci giorni”. Nel libro, dieci giorni (e dieci protagonisti) e dieci racconti, alcuni dei quali all’epoca suscitarono scalpore per i contenuti espliciti, “frivoli” ed erotici.

Ma parliamo della trama della serie TV. 5 nobili con relativi aiuti e servitù si rifugiano a Villa Santa, residenza di campagna di un noto visconte della zona, che li invita generosamente per fuggire dalla Morte Nera, (la peste bubbonica, appunto).

Tutti loro hanno subito perdite tra i loro cari e restare a Firenze sembra significare morte certa, per cui accettano l’invito cogliendo l’occasione per perseguire anche i loro fini personali, chi in cerca di moglie o di marito, chi di amicizie importanti per uscire da situazioni economiche scomode. Ad accoglierli però non è il visconte, bensì Sirisco, il maggiordomo/tuttofare della villa e Stratilia, la cuoca e domestica un po’ scorbutica. I quali, ovviamente, hanno qualcosa da nascondere.

Gli equilibri tra gli ospiti sono subito delicati e precari, e tutti da costruire. Prima fra tutti, si pone l’annosa questione: in mancanza del padrone di casa, chi è che comanda? Pampinea, promessa sposa al visconte, non se lo fa ripetere due volte, ma dovrà fare i conti con le pretese degli altri, oltre che con la sua stessa isteria.

Tra colpi di scena grotteschi, a tratti assurdi e imprevedibili, vedremo i protagonisti cambiare volto, evolvere e definirsi in relazione agli altri e alla situazione di convivenza paradossale in cui si trovano (che ricorda molto il recente lockdown), tra capricci, egoismo dilaganti e passioni di breve durata. Se la loro condizione privilegiata li aiuta a sfuggire alla peste, non sarà altrettanto facile sfuggire a loro stessi…

Modernità in abiti rinascimentali

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The Decameron è una serie intrisa di elementi comici, difficili da spiegare, anche perché, fortunatamente, piuttosto peculiari ed originali. In un certo senso lo stile comico-parodico si prende gioco di tutto, in primis dell’ambientazione tardo-medievale, che fa sempre ridere (si veda Norseman, la serie parodia sui vichinghi). Fa ancora più sorridere la fortissima modernità dei personaggi, che al di là dei loro costumi, sfoggiano uno spirito più che contemporaneo che, dosato sottilmente, arricchisce il paradosso comico.

Ed ecco che allora in una scena post-sesso una donna indossa l’armatura del suo uomo, come oggi si indosserebbe (almeno nell’immaginario cinematografico) una camicia da uomo oversize. Oppure, si parla di emancipazione femminile, o di donne predatrici e uomini inermi (che comunque non è scontato). Nulla di tutto ciò è verosimile per i tempi, ma non importa.

La narrazione è costruita in modo tale che diventa subito facile stare al gioco. È come se i personaggi si fossero svegliati nel corpo di gente del 1300, e ci stessero, palesemente, troppo stretti. Stretti come sono anche le loro calzamaglie e i loro corpetti, che fanno fatica a contenere le ambizioni e le personalità spiccatamente moderne dei loro possessori.

Tutto questo si rivela, in qualche modo, molto divertente, tanto che i personaggi stessi, ogni tanto, scoppiano a ridere come faremmo noi nel guardare certe scene esagerate, in maniera cristallina e consapevole. Quasi come se agli attori e alle attrici stesse fosse concesso essere chi sono nella vita reale, per qualche momento. E chi se ne frega della finzione narrativa.

Una black-comedy dai temi profondi

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Nonostante non si proponga neanche lontanamente come una serie cavallo di battaglia delle produzioni Netflix (al livello Stranger Things, si intende), né è il tipo di serie che ti fa ridere a crepapelle (non funziona così, d’altronde, il black humor), The Decameron si difende bene, e si stacca quantomeno per originalità del contesto e intreccio narrativo dai prodotti di consumo più effimeri di cui siamo ormai circondati.
Il cast è composto nella sua totalità di attrici e attori inglesi (da sempre garanzia di qualità) nonostante la produzione americana, e riesce a esprimere abilmente sia il grottesco che il dramma, che coesistono nella serie, nobilitandola al di là del formato comedy a una riflessione su tematiche profondamente umane.

Accettazione della morte

L’elemento di riflessione sulla caducità della vita in chiave dramedy è in assoluto quello più interessante della serie TV. Può sembrare banale, vista l’ambientazione, ma “The Decameron” riesce in un’impresa molto difficile che è quella di scherzare con la morte, pur mostrandola in tutta la sua tragedia e ineluttabilità.

Intanto, sebbene comune a tutti gli esseri umani, ognuno dei personaggi affronta la paura della morte in maniera diversa. Alcuni si ostinano a pensarla lontana, nonostante sia letteralmente alle porte. Altre, come Licisca, la vedono diversamente: moriremo tutti, tanto vale fare ciò che si vuole. Tutti, però, ne sono terrorizzati, che lo diano a vedere o meno.

Di certo, la morte e la paura di morire guida tutte le azioni e le reazioni degli ospiti di Villa Santa, che per forza di cose dovranno imparare a conoscerla, farci i conti e, infine, accettarla. Proprio il percorso di accettazione della morte è la vera chicca di “The Decameron”, che risulta universale e attuale più di tutte le altre. Perché in fondo, peste o non peste, è comune a tutti gli esseri umani, noi compresi.

Servi e Padroni

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La creatrice della serie, Kathleen Jordan, ha effettivamente studiato il Decameron, il che è un ottimo punto di partenza. E se sceglie di tenere l’ambientazione e alcuni dei personaggi dell’opera originale, ne pone altri in primo piano, che nel libro non lo sono. I nobili, ad esempio, sono la metà di quelli originali, e il resto dello spazio viene occupato dagli Altri, spesso invisibili: la servitù.

Ecco allora che l’ipocondriaco Tindaro porta con sè il suo medico personale, la bella Filomena la sua intraprendente ancella Licisca, la capricciosa Pampinea la fedelissima Misia. Risulta subito evidente che senza l’aiuto del loro “staff”, quasi nessuno di questi aristrocratici è in grado di essere autonomo e di gestire la propria vita quotidiana.

Il formato dramedy con black humor annesso mostra quindi con chiarezza e crudeltà le differenze di classe sociale tra servi e padroni, questi ultimi sempre in balia della volontà dei primi, che dispongono di loro egoisticamente, senza nessuna accortezza, mettendo in secondo piano le loro esigenze e la loro vita personale.

Sebbene non ci siano vere e proprie ribellioni, la tensione narrativa tra servi e padroni è evidente, e le situazioni assurde ed estreme in cui si ritrovano danno l’impressione che potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Il rapporto tra gli aristocratici e la servitù è sempre tossico, un gap incolmabile, basato sul narcisismo e sulla manipolazione dei primi, a discapito dei secondi. Tutto questo contribuisce a dare alla serie e ai rapporti tra i personaggi dei colori piuttosto contemporanei.

Brutalità umana

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Questo è forse il tema piú scontato di una serie TV che fa leva su una situazione pseudo-apocalittica, ma di cui non ci stufiamo mai: in situazioni estreme, gli altri esseri umani si rivelano più pericolosi della morte stessa. La brutalità degli esseri umani, insomma, è sempre peggiore di qualsiasi altro fattore esterno.

Anche in “The Decameron”, sebbene non fosse previsto nel libro, vengono inserite una serie di minacce esterne tutte di matrice umana, come è facile che se ne creino in un contesto di disperazione, dove la vita vale molto poco. Gli ospiti della Villa mangiano e bevono, trovano modi di intrattenersi, mentre fuori imperano il delirio e la follia, e le regole della società sono cambiate, virando verso il peggio. Il messaggio “nessuno è salvo” arriva piuttosto dritto, e contribuisce ad accrescere la paura e il senso di precarietà della storia, solo parzialmente attutito dalle relazioni tra gli ospiti, che trovano il modo (in alcuni casi) di empatizzare l’una con l’altro e farsi forza con la solidarietà reciproca.

The Decameron: il Cast

  • Zosia Mamet nel ruolo di Pampinea
  • Saoirse-Monica Jackson nel ruolo di Misia
  • Tanya Reynolds nel ruolo di Licisca
  • Amar Chadha-Patel nel ruolo di Dioneo
  • Leila Farzad nel ruolo di Stratilia
  • Lou Gala nel ruolo di Neifile
  • Karan Gill nel ruolo di Panfilo
  • Tony Hale nel ruolo di Sirisco
  • Douggie McMeekin nel ruolo di Tindaro
  • Jessica Plummer nel ruolo di Filomena

The Decameron: il Trailer

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