Horizon: An American Saga – Capitolo 1, la recensione
Horizon: An American Saga, il nuovo film di Kevin Costner non sbanca al box office ma viene premiato nelle classifiche home video. È il ritorno del western senza tempo.
Horizon è il nuovo film di Kevin Costner, presentato fuori concorso al Festival di Cannes. Un’ “american saga” di quattro capitoli, come non se ne vedevano da un po’. E anche se gli incassi al box office non volano, il film del regista statunitense è primo nelle classifiche home video. Qui la nostra recensione.
Horizon: An American Saga, La Trama
San Pedro Valley, Arizona, 1859. Le vicende principali si svolgono prima e dopo la guerra civile americana e ad essere protagonista della scena è Horizon, la terra promessa, desiderata e contesa dai coloni americani e dalla tribù Apache. Gli indiani non sono disposti a rinunciare al proprio terreno di caccia: è una questione di terra, la loro terra. Gli Apache attaccano di notte e di giorno i “bianchi” fanno la conta dei loro morti.
Le atrocità di un conflitto radicato e insanabile fanno da sfondo a una linea narrativa molto più complessa: quella del solitario venditore di cavalli (Kevin Costner) e della sua prostituta, o della comunità messa in salvo dall’esercito unionista. Il tutto con un unico obiettivo: espugnare la terra di nessuno. La prima parte di Horizon: An American Saga alimenta infatti il mito di fondazione di una cittadina nel West che attrae a sé tutte le genti, come l’America stessa; e proprio come la nazione, anche Horizon nasce dal conflitto, dalla violenza e dalla conquista.
Horizon: An American Saga, La Recensione
A pochi giorni dall’uscita del primo capitolo della saga, si è detto di tutto e di più. Come se fosse possibile giudicare un libro dalla copertina o solo da primo capitolo e introduzione. E allora a dispetto dei deludenti risultati del botteghino, ma degli ottimi in piattaforma streaming proviamo a pensare a Horizon di Kevin Costner come quello che semplicemente è: un atto d’amore e di coraggio. D’amore, perché ci riporta alla resistenza di un genere che fa fatica a imporsi nelle sale cinematografiche di tutto il mondo (mentre viaggia molto di più nelle classifiche home video).
Di coraggio, perché ha tentato un’impresa concessa solo ai grandi di Hollywood. Pensiamo a Ford, Zinnemann, Leone o ai più recenti Scorsese e Tarantino. È improbabile e ingiusto fare un paragone sia con Costner, che con i precedenti tra loro. Si raccontano frammenti storici diversi, elaborazioni cinematografiche differenti. Qualcuno ha letto poca originalità nell’interpretazione costneriana, qualcuno invece ci ha visto un omaggio e un’elaborazione di un genere che ha assimilato, amato e respirato sin dai suoi esordi, con Balla coi lupi del 1990.
Il recupero del western e del tempo
Questo primo capitolo della saga viene premiato per l’atmosfera che riesce a ricreare, l’intensità del suono –anche se, d’accordo, non siamo minimamente ai livelli dell’untouchableEnnio Morricone di Django Unchained o di Sergio Leone – e della luce. L’ambiziosa sceneggiatura, scritta da Kevin Costner e Jon Baird nel corso di molti anni, lascia in questo primo capitolo un senso di incompiutezza e “stratificazione” delle realtà complesse.
E per quanto la struttura possa apparentemente spiazzare, sarebbe per lo meno presuntuoso pensare di poter risolvere l’arcano in tre ore di pellicola. Questo perché Costner, regista e attore consapevole e consumato, riesce a ripristinare per il genere un concetto molto importante: quello dell’attesa. Si dà respiro e fiato a un cinema fatto di accelerazioni e rallentamenti, azione e introspezione.
La riflessione intima dei rapporti: Horizon e la teoria eliocentrica
È come se dicesse al pubblico: “aspetta, sii paziente, non puoi capire tutto ora. Calati nella scena”. E in questo calarsi nella scena forse si trova l’aspetto più autentico e riconoscibile della mano registica: l’attenzione alla realtà umana, l’azione che porta alla riflessione intima dei rapporti. Può essere una famiglia apache, una americana, un soldato dell’esercito nordista, un eroe solitario alla John Wayneche si aggira per il Montana: Costner non rinuncia mai a guardarsi dentro. E per quanto i primi trenta minuti siano un concentrato – ben girato – di violenza e tensione da lasciare senza fiato, tutto sembra avere un significato più profondo, ancora da scoprire: l’importanza della terra promessa, l’isola di Itaca che scorge timidamente all’orizzonte.
E se Horizon dunque è il “sole” e le carovane sono i “pianeti”, in questo sistema eliocentrico il regista fa sorgere spontanea una domanda: i nostri protagonisti ce la faranno?
Anche l’interpretazione degli attori è intensa, partecipata, al contrario di quella più “nervosa” ad esempio di un Di Caprio nel capolavoro – perché sì, davanti ai maestri si inchina anche Costner – Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese. Lo ricordano in tal senso alcune inquadrature e la sapiente scelta della musica giusta messa lì, al momento giusto. Allo stesso modo, la fotografia di J. Michael Muro rinvia al western a colori di William Clothier (Il grande sentiero di John Ford su tutti) e contribuisce a dare quel senso di “pienezza” in un vertiginoso viaggio nel tempo che va dal passato fino al presente.
Western come “resistenza”
Western, in conclusione, significa “resistenza”: scenica, interpretativa, temporale. Il regista lancia al pubblico un messaggio importante: quello di riprendersi tempo e spazio. Seppur nella limitatezza dei salti narrativi improvvisi, delle incongruenze o dei vuoti, ciò che fa funzionare il racconto è il lodevole tentativo di voler comunicare qualcosa a qualcuno. Di abbracciare vite, di una dichiarazione a cuore aperto. Questo spiega le lacrime all’anteprima del Festival di Cannes. Questo forse ricorda, a più di qualcuno, cosa significa fare cinema con amore. Sarà un capolavoro? Non sarà un capolavoro? Ai prossimi capitoli della saga l’ardua sentenza.
Kevin Costner: Hayes Ellison Sienna Miller: Frances Kittredge Sam Worthington: Tenente Trent Gephardt Giovanni Ribisi: H. Silas Pickering Jena Malone: Ellen/Lucy Abbey Lee: Marigold Michael Rooker: Thomas Riordan Danny Huston: col. Albert Houghton Luke Wilson: Matthew Van Weyden Isabelle Fuhrman: Diamond Kittredge Jeff Fahey: Tracker Gregory Cruz: Tuayeseh Scott Haze: Elias Janney Etienne Kellici: Russell Charles Halford: James Sykes Will Patton: Owen Kittredge Tatanka Means: Taklishim Owen Crow Shoe: Pionsenay Ella Hunt: Juliette Chesney Jamie Campbell Bower: Caleb Sykes Jon Beavers: Junior Sykes
Tom Payne: Hugh Proctor Georgia MacPhail: Elizabeth Kittredge Tim Guinee: James Kittredge Michael Angarano: Walter Childs Colin Cunningham: Chisholm Angus Macfadyen: Desmarais Douglas Smith: Sig Larry Bagby: Billy Landry/Flagg James Dalton Baker: Soldato Epps Chase Ramsey: Soldato Eklund Naomi Winders: Martha Kittredge Austin Archer: Virgil James Russo: Abel Naughton Dale Dickey: sig.ra Sykes Wasé Chief: Liluye Elizabeth Dennehy: Signora Riordan Hayes Costner: Nathaniel Kittredge Alejandro Edda: Neron Chavez
Horizon: An American Saga, Official Trailer
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