Those About to Die: la recensione della serie TV con Iwan Rheon

Peacock si lancia nell'arena della TV ad alto Budget con Those About to Die, ambientata ai tempi della dinastia Flavia. Ecco la nostra recensione.

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Ave Imperator, Morituri te salutant. Those About to Die” (Coloro che stanno per morire) prende il nome da questa famosa frase, associata ai Gladiatori più dalla cultura pop che dalle fonti storiche (vale la pena notare che gli storici riportano l’uso di questa frase un’unica volta, durante una naumachia) e già questo dovrebbe indicare quelle che sono le pretese di questa serie TV. La storia dell’Antica Roma copre un periodo di 1500 anni, ma Peacock decide di andare sul sicuro concentrandosi, come sta diventando tradizione, sui gladiatori.

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Those About to Die: la trama

Siamo negli anni della dinastia Flavia. A Roma si intrecciano le storie di giochi di potere, di intrattenimento, sogni e libertà in cui la vita vale molto poco, tutti legati dallo spettacolo dei giochi gladiatori e dalle corse di carri.

Those About to Die: la recensione

Voglio iniziare con una nota positiva. Peacock ha investito 140 milioni in questo progetto e, perlopiù, il risultato si vede. Non siamo di fronte ad Acolyte, dove nessuno riesce a spiegarsi dove siano andati 180 milioni di dollari a fronte di una produzione in stile CW, Those about to die è piacevole da guardare, sebbene ci sia una chiara differenza tra quello che è sul set e quello che non c’è.

Altra nota positiva, il protagonista Tenax (Iwan Rheon) è ben intepretato, ed è forse l’unico che possa definirsi pienamente un personaggio, con sfumature che, se non originali, almeno esistono. Cala (Sara Martins) esiste con dignità. Il resto del cast oscilla tra monodimensionale e caricaturale,sopratutto Jojo Macari nel ruolo di Domiziano, a cui è stato detto di recitare come se fosse uno psicopatico incapace di sbattere le palpebre. O questo o ha una condizione medica.

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Noterete che non ho parlato di Anthony Hopkins. Il grande attore interpreta Vespasiano in una serie ambientata nel 79 d.C. Chi è appassionato di storia romana sa già cosa vuol dire. Per chi non lo è, beh, quello è l’anno in cui Vespasiano muore. Il suo ruolo è poco più di una serie di comparsate di pochi minuti ciascuna, che rendono la sua preponderante presenza nel marketing quasi falsa pubblicità.

Non è la prima volta e non sarà l’ultima che una serie o film mette in copertina l’attore con più spessore nel tentativo di attrarre pubblicità.

Tra le altre cose, complimenti agli sceneggiatori di Those About to Die nel cambiare nel senso e nella forma le documentate ultime parole di Vespasiano più o meno traducibili come “Ahimè, credo di stare diventando un Dio“.

those about to die

Era una battuta. Non un desiderio di diventare una divinità. Vespasiano è ricordato, tra le altre cose, per il suo senso dell’umorismo.

Parliamo un attimo dei dialoghi. I dialoghi oscillano tra l’atroce e l’accettabile, se si parte dal presupposto che i personaggi parlano come persone nel 2024 con l’occasionale parola latina gettata lì in mezzo. Non so se la delivery sia stata migliorata nel doppiaggio italiano, e lascio il compito di vedere la serie due volte a chi è pagato per farlo ed ai masochisti.

Ora, sia chiaro, questo non vuol dire parlare in latino. Ma serie come Game of Thrones e Roma (2005-2007) ci hanno dimostrato che si possono avere dialoghi comprensibili che comunque hanno la dignità di qualcosa di antico. Those about to die non fa questo sforzo. A questo aggiungiamo a questo come la maggioranza dei dialoghi non riesce a fare a meno di essere esplicitamente espositiva, comunicando informazioni in maniera esplicita che i personaggi, in un contesto realistico, non avrebbero bisogno di dire.

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Oh, uno tra regista e sceneggiatore ha chiaramente un fetish per le scene di sesso che vengono interrotte. Una volta può capitare, ma quando diventa un drinking game, forse c’è qualcosa che non va.

Parliamo della storia: troppi personaggi, troppi intrecci, troppa poca capacità di gestirli. Those About to Die vuole essere Game of Thrones (prime due stagioni) e Succession, ma regista e sceneggiatori mancano delle capacità per imitarli come si deve. Detto semplicemente, questa serie non è intelligente come crede di essere. Introduce 15 personaggi nel primi 15 minuti, alcuni dei quali incredibilmente superflui, e manca della capacità di gestire tutto quello che si trova tra le mani.

Voglio concludere positivamente: le corse dei carri ed i combattimenti gladiatorii intrattengono sebbene, ancora una volta, quello che esiste e quello che non esiste è ben chiaro sullo schermo e potrebbe distrarre.

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In definitiva. Se volete vedere una buona serie su Roma, guardate Roma della BBC. Se volete una serie che ricordi Game of Thrones ma a sfondo storico, guardate Shogun. Se volete una serie sull’antica Roma con sesso e violenza guardate Spartacus.

Tutto quello che Those About to Die offre, altri lo fanno meglio. E senza falsa pubblicità.

Those About to Die: Il cast

Iwan Rheon: Tenax
Sara Martins: Cala
Tom Hughes: Tito
Jojo Macari: Domiziano
Moe Hashim: Kwame
Jóhannes Haukur Jóhannesson: Viggo
Rupert Penry-Jones: Marso
Gabriella Pession: Antonia
Dimitri Leonidas: Scorpo

Those About to Die: il trailer