L’ultima fatica in casa Star Wars, The Acolyte, è stata accolta con più polemiche di quanto in realtà avrebbe all’effettivo meritato. Parte di esse sono sicuramente dovute alle varie dichiarazioni decisamente fuori luogo da parte della showrunner Leslye Headland (qui dichiara che R2D2 è canonicamente lesbica) e della protagonista Amandla Stenberg (in una controversa dichiarazione sfociata in una canzone). Al di là però delle palesi provocazioni, condivisibili oppure no, quello che conta è l’effettivo valore della serie.
The Acolyte racconta una storia lontana dai film di Lucas, ben 100 anni prima di Star Wars: Episodio I – La Minaccia Fantasma. Questo ha fatto sì che finalmente, seppur non per la prima volta per fortuna, ci si allontanasse nettamente dalle vicende della famiglia Skywalker andando così ad ampliare l’universo narrativo della galassia lontana lontana. Ovviamente, come già avvenuto più volte all’interno dei nuovi prodotti Disney, si va a ripescare a piena mani dalle varie gesta narrate in quello che è stato bollato da Disney come Legend.
Tutti i vari libri che creavano l’universo espanso, usciti prima dell’acquisizione da parte di Disney, sono stati relegati a leggende, storie che si narravano nella galassia. Un modo decisamente intelligente per mantenere un certo distacco da tali opere ma poterne riprendere i protagonisti e le vicende più interessanti.
Il ruolo di The Acolyte nell’universo starwarsiano
La serie ci riporta quindi in un tempo in cui i jedi erano a tutti gli effetti i guardiani della galassia senza grandi minacce esterne. Sul piatto ci viene però subito servito un qualcosa di non visto nei film ma abbondantemente approfondito nelle serie animate e soprattutto nei libri Legend. Diversamente da quanto percepito da chi non ha approfondito l’universo di Star Wars a 360°, la Forza viene utilizzata da molte più persone, gruppi, sette e organizzazioni di quello che sembra. Quindi non solo jedi e sith.
Un elemento in parte esplorato anche nella serie dedicata ad Ahsoka, ma che qui diviene un elemento ancora più centrale. Tutto nasce proprio da un incontro tra un gruppo di jedi e una congrega di streghe. Quest’ultime stavano nascondendosi dal resto della galassia ma soprattutto stavano nascondendo due gemelle con un gigantesco potere e un temibile segreto. Tra incomprensioni ed elementi di disturbo questo fatidico incontro porterà, ovviamente, a un infausto cammino.
Tutto questo non poteva che essere guardato e sfruttato dall’altra fazione in gioco: i sith. Pensati sconfitti e scomparsi per sempre, proprio come dichiarato all’inizio della trilogia prequel, i fatidici nemici dei jedi hanno da sempre lavorato nell’ombra e, anche in questo caso, stanno orchestrando qualcosa senza essere notati.
Buone idee ma mal gestite
Il soggetto alla base di The Acolyte ci è sembrato solido e di un discreto valore. Al suo interno ci sono elementi portanti dell’universo starwarsiano e alcune buone intuizioni. Senza entrare troppo nel dettaglio evitando così gli spoiler, la serie riesce ad avere enormi alti ed enormi bassi. Ci è sicuramente sembrato coraggioso togliere di mezzo, di punto in bianco, alcuni personaggi ben caratterizzati. Questa direzione ci ha infatti sorpresi dato che molto spesso, quando un personaggio viene reso più elaborato e sfaccettato, si cerca di utilizzarlo il più a lungo possibile.
Un enorme plauso invece va alla scrittura del personaggio, dei dialoghi e decisamente anche alla prova attoriale, del villain di turno. Un personaggio sfaccettato ma che soprattutto riesce a fare bene quel che deve fare: essere ambiguo e convincente. Molto più debole invece, secondo il nostro punto di vista, la squadra dei protagonisti. Le gemelle, interpretate entrambe dall’attrice Amandla Stenberg risultano troppo spesso simili tra loro sia nell’interpretazione che nella caratterizzazione. Il gruppo di jedi risulta invece poco convincente nelle proprie scelte e nel loro sviluppo narrativo.
Abbiamo trovato diversi plot armor che inficiano lo scorrimento della narrazione. Il segreto dei jedi viene diluito per tutta la lunghezza della serie scatenando molteplici incomprensioni inutili ma soprattutto non abbiamo tutt’ora capito la scelta delle gemelle proprio prima del finale di stagione. Un elemento che sembra una forzatura per separarle di nuovo e ricominciare da capo con la seconda stagione. Gli avvenimenti principali inoltre si prendono poco tempo per essere sviluppati sembrando così una continua corsa contro il tempo cercando di rientrare nei tempi della puntata e della stagione.
Al di là di quelle che ci son sembrate scelte un po’ frettolose, in tutti i sensi, riguardo la sceneggiatura, il soggetto può regalare buoni spunti in futuro. Proprio nell’ultima puntata troveremo due elementi decisamente di peso che potrebbero riportare all’attenzione questa serie. Se infatti prendiamo la prima stagione di The Acolyte come una grossa intro per avvenimenti futuri allora la percezione verso di essa può decisamente cambiare. Al di là delle scelte un po’ forzate riguardanti le gemelle e le loro azioni, è proprio il contorno che può risultare interessante.
Vedendo gli elementi presentati durante la stagione, soprattutto nell’ultima puntata, uno sviluppo futuro potrebbe prendere decisamente più valore, soprattutto riguardo al fatto che i sith risultino per i jedi estinti anche 100 anni dopo. Teniamo a dire poi che gli elementi woke, sbandierati dalla showrunner (forse semplici provocazioni) e dalla protagonista, non sono così presenti come dichiarato o almeno non così centrali e ponderanti. Speriamo quindi che il futuro della serie si prenda più tempo per spiegare le vicende e presentare i propri protagonisti invece di cancellare ogni elemento di mistero nel giro di poche decine di minuti.
Al netto degli evidenti difetti The Acolyte risulta però una buona base per il futuro sperando che cerchi di prendere più esempio da serie come Andor e meno dalla trilogia sequel. Noi fan dell’universo di Star Wars continueremo, come dichiarato dalla principessa Leia, ad avere speranza.
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