Immaculate, spiegazione e analisi del finale

Urla strazianti e gesti estremi, per un finale semplice ma solo all'apparenza. Perché Immaculate - La Prescelta è molto più di un semplice horror.

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Vi abbiamo già parlato di Immaculate – La Prescelta con la nostra recensione, che potete trovare qui. Un horror che ci è particolarmente piaciuto per il suo saper raccontare una storia in un modo davvero sconvolgente, soprattutto per il suo terrificante finale. Un piano sequenza che esalta ancor più la bravura di Syndey Sweeney nei panni della protagonista Suor Cecilia.

L’attrice di Euphoria si conferma quantomai poliedrica, indossando anche i panni di una scream queen che potrebbe regalare altre bellissime interpretazioni nell’horror. Vedremo che vorrà puntare su di lei, con la speranza che a farlo sia (spesso), Michael Mohan, visto che siamo qui giunti alla seconda collaborazione, dopo il pregevole The Voyeurs.

Così come il film di cui sopra, che trovate su Amazon Prime Video, anche Immaculate – La Prescelta, ha qualche punto in comune, oltre alla biondissima protagonista. In ambedue i film di Mohan, il personaggio di Sydney Sweeney si trova a dover ribaltare suo malgrado il proprio status; da oggetto passivo a soggetto attivo. Inutile dire che da qui in poi seguiranno inesorabili spoiler sul film.

Immaculate – La Prescelta: il finale

Dopo aver “ricevuto” del DNA sacro dentro di lei, Suor Cecilia si trova costretta a dover portare avanti la più classica delle gravidanze indesiderate. Sebbene la particolarità del feto, noi tutti spettatori rimarremo convinti dell’idea del “miracolo“, fin quando poi (è il caso di dirlo), non si scoprono tutti gli altarini.

Suor Cecilia altro non era un burattino nelle mani del più classico degli scienziati pazzi, ma con una tonaca al posto del consueto camice bianco. Ben pettinato e dallo sguardo ammaliante, il cui volto, ironia della sorte (ma neanche troppo) era proprio quello dell’intelligentissimo Professore de La Casa di Carta. Con la complicità di un altrettanto folle Cardinale, il diabolico duo voleva portare alla luce un nuovo Gesù Cristo, con l’idea forse di voler ripristinare l’ordine nel mondo o chissà che cosa. Ad ogni modo, far nascere una creatura, seppur divina, contro ogni volere possibile. Al motto di “se Dio non lo volesse, ci avrebbe già fermato“.

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Per portare avanti quest’idea quantomeno singolare, serviva però un contenitore. Chi, se non Sydney Sweeney? Dopo varie peripezie, e dopo aver ucciso il suo carceriere (e volendo anche stupratore), Suor Cecilia si trova a dover partorire un diretto discendente divino. La regia di Mohan qui ci regala un long take di pregevole fattura, muovendosi in un piccolo appezzamento di terra immerso nella boscaglia per poi fissarsi con un meraviglioso primo piano.

Il volto della Sweeney, ricoperto di sangue, in preda a urla incessanti, dovute proprio dal parto. Minuti di interminabile angoscia che vedranno concludersi con un crimine disumano: l’infanticidio. Aggravato inoltre dal fatto che il nascituro ha anche una certa connotazione divina. Insomma, Sydney Sweeney compie il più estremo tra gli atti. Che l’abbia fatto perché magari lei è in realtà l’Anticristo?

Immaculate – La Prescelta: l’essere oggetti e l’essere oggettificati

Le interpretazioni che si possono dare all’agghiacciante finale di Immaculate – La Prescelta sono varie, e di certo non immediate, visto quello che lascia sotto la pelle dello spettatore. Eppure ce n’è una in particolare molto specifica, che a suo modo trova coerenza anche con il sottotesto sociale e politico che permea tutto quanto il film.

In tal senso è infatti interessante notare come il personaggio interpretato da Sydney Sweeney sia di fatto sempre al centro di attenzioni e commenti non richiesti, ma ai quale deve obbligatoriamente sottostare. Da quelli dei doganieri, che ritengono uno “spreco” la sua vocazione, alle paternali egoriferite di padre Sal, che hanno in comune proprio quello di oggettificare suor Cecilia.

Un oggetto dunque, preda di sguardi sessualizzanti e vittima poi anche di un’altra istituzione, quella ecclesiastica, che in nome di un fantomatico bene superiore, decide ciò che è giusto per lei. Ossia essere ingravidata e diventare un contenitore, senza poter scegliere altrimenti, e non prima di esser marchiata, come un animale. O un oggetto, dunque.

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Insomma, suor Cecilia non può che sottostare alle regole delle istituzioni, quella statale e quella religiosa, subendo viscidi commenti non richiesti e azioni spregevoli, fino alla completa e totale ribellione. L’urlo diventa quindi un gesto simbolico, atto liberatorio e primordiale, ancorché effettuato dopo aver ucciso la follia in abito talare (padre Sal). Una rottura completa in cui la protagonista si trova ancora ad essere oggetto di sguardi, quelli degli spettatori in sala. Che però vengono tormentati.

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Immaculate – La Prescelta: il libero arbitrio dov’è?

Il ribaltamento del ruolo presente nel finale viene mostrato con una scelta stilistica che rompe involontariamente la quarta parte. Le urla strazianti e prolungate di Sydney Sweeney iniziano a entrare dentro di noi secondo dopo secondo, in una scena difficile da dimenticare. Quelle urla infatti susciteranno sensazioni non certo gradevoli, e soprattutto difficili da dimenticare. Colei che fino a quel momento era stato quindi un oggetto guardato, ora divento soggetto guardante.

Un rapporto che nella storia del cinema è sempre stato oggetto di studi, dalla Film Theory fino alla Feminist Film Theory che ha indagato proprio questo rapporto focalizzandosi sul ruolo della donna nel cinema in ogni sua forma. E proprio in Immaculate – La Prescelta, acquisisce una lettura molto particolare, radente la blasfemia, ma che pone sotto la sua lente di ingrandimento, una questione importante, raccontata in maniera netta. Quella del libero arbitrio.

Dove inizia e dove finisce il libero arbitrio? Ma soprattutto, chi coinvolge? Il culmine finale del film è un atto estremo e disperato, l’uccisione di un neonato dalle discendenze divine. Un gesto che può far indignare lo spettatore più sensibile e/o religioso. Eppure, ci si dovrebbe fare una domanda: qual è il gesto più abominevole? Se non ne vedete altri, oltre all’omicidio finale, forse dovreste rivedere il film una seconda volta.