La linea verticale, la serie sulla malattia di Mattia Torre

Ecco perché dovreste vedere "La linea verticale", l'ultima serie di Mattia Torre con Valerio Mastandrea, disponibile su Netflix.

Una scena de La linea verticale
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In questi giorni si è imposta nella top 10 di Netflix “La linea verticale”, serie tv con protagonista Valerio Mastandrea sulla malattia di Mattia Torre, acclamato sceneggiatore e regista romano scomparso prematuramente nel 2019. Così come per Mare Fuori, un’altra serie targata Rai passa a nuova vita grazie alla distribuzione su Netflix: La Linea Verticale ha scalato le prime posizioni della top ten a pochi giorni dall’uscita. Questo dimostra l’enorme potenziale della piattaforma, che, nonostante sia a pagamento, rispetto a RaiPlay (incluso nel canone), riesce a valorizzare anche titoli meno recenti. La Linea Verticale, infatti, risale al 2018 ma è ancora attuale per i temi trattati. Ecco perché dovreste vederla subito.

La malattia di Mattia Torre

La linea verticale
Valerio Mastandrea (a sinistra) in una scena de La linea verticale. A destra, Mattia Torre (credit: Wikipedia)

La Linea Verticale, ultima regia televisiva di Mattia Torre, è uno degli show più visti di questa stagione da quando è approdato nel catalogo Netflix. Ricordiamo che Mattia Torre è il cosiddetto “papà” di Boris, avendo collaborato con Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico alla stesura della sceneggiatura. La Linea Verticale offre uno spaccato emozionante, surreale e pieno di ironia sulla malattia, con un cast ricco di volti noti del cinema e della tv italiani, capitanati appunto da Valerio Mastandrea. Il protagonista, Luigi, scopre di avere un tumore ai reni e deve sottoporsi a un delicato intervento chirurgico. Questo evento diventa un’opportunità di crescita per Luigi, marito di Elena (interpretata da Greta Scarano) e futuro padre per la seconda volta.

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Come viene mostrato il microcosmo ospedaliero ne “La linea verticale”

La narrazione personale si espande e coinvolge lo spettatore nella quotidianità del reparto di oncologia, un microcosmo con regole proprie, dove ogni personaggio porta il suo vissuto stravolto dalla malattia. Tra i compagni di reparto di Luigi troviamo un iraniano con convinzioni radicali, anziani resi cattivi dalla degenza, un prete in crisi, e un intellettuale taciturno.

Anche il personale medico è delineato con attenzione: il carismatico e rassicurante primario Zamagna (Elia Schilton), l’eccentrico Dottor Policari (Antonio Catania), e l’infermiera scostante ma dal cuore grande, Anna (Raffaella Lebboroni). Nel cast anche Giorgio Tirabassi, nei panni di Marcello, paziente di lunga degenza che crede ormai di sapere tutto sulla medicina.

La tradizione delle serie ospedaliere

L’ambientazione ospedaliera è stata spesso scelta per le serie televisive, a partire dal 1994 con E.R. Medici in prima linea, trampolino di lancio per George Clooney, fino a Grey’s Anatomy e l’italiana Doc – Nelle tue mani.

Un profondo racconto autobiografico

La Linea Verticale si distingue per il suo carattere autobiografico, riflettendo l’esperienza personale di Mattia Torre e il rapporto con la malattia. Torre, che ha affrontato una lunga degenza ospedaliera, ha trasformato le sue memorie in una serie televisiva che porta il suo inconfondibile marchio di fabbrica: delicato, tragicomico ed estremamente profondo. Composto da otto episodi di 21-30 minuti ciascuno, lo show esplora la malattia come parte integrante della vita, con leggerezza e surrealismo, nonché l’attaccamento dell’essere umano alla vita stessa.

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Perché vedere La linea verticale su Netflix

La serie racconta l’ospedale italiano come un microcosmo efficiente e un riflesso della società, visto attraverso gli occhi di chi convive con la sofferenza accettandola come parte della vita. La Linea Verticale, basata sull’omonimo libro di Torre del 2017, è stata trasmessa per la prima volta su RaiPlay nel gennaio 2018, poco dopo il debutto in prima serata su Rai 3. Prodotta da Rai Fiction e Wildside, questa serie è un contributo imperdibile sul tema della malattia, trattato con l’ironia e la profondità tipiche di Mattia Torre.

Da vedere!