Caracas, la recensione del film di Marco D’Amore

Caracas, uscito nelle sale italiane il 29 Febbraio 2024, è il terzo film del regista Marco D'Amore scritto a quattro mani con Francesco Ghiaccio. Nel cast Toni Servillo e Lina Camélia Lumbroso.

Caracas, Marco D'Amore
Caracas, Marco D'Amore
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Caracas è un film autoriale, tratto dal romanzo di Ermanno Rea “Napoli Ferrovia”, che narra di una città che muore e risorge, che inghiotte e redime. Che racconta di perdizione e disperazione, ma anche di consapevolezza e rinascita. Marco D’Amore torna ancora una volta sugli schermi con la sua Napoli per completarne il viaggio. Qui la nostra recensione.

Caracas, La Trama

Giordano Fonte è uno scrittore partenopeo di successo che dopo molti anni torna nella sua città natale. Alla ricerca di sé stesso, o forse di Caracas, darà vita a un viaggio tra sogno e realtà, estasi e disperazione, amore e odio. In cerca della verità sulla scrittura e sull’esistenza che non sa dove trovare, la rincorrerà tra i vicoli e le mura di una città che inghiotte, senza restituire. In una realtà in cui tutti sanno come perdersi, ma pochi come ritrovarsi, qual è l’unica soluzione? Seguire la luce. Quella “ ’e Dio”.

Caracas, La Recensione

A volte è meglio non sapere le cose. Inizia così, con un lancio dal paracadute, il salto nel vuoto di “Caracas”, il film di Marco D’Amore nelle sale italiane tra febbraio e marzo 2024.

Una voce fuori campo, quella di Giordano Fonte (Toni Servillo) che delizia e predispone al viaggio. Un film che necessita di tempo, spazio ed elaborazione. Un film che ha bisogno inevitabilmente di una seconda visione, per discostarsi dalla convinzione di dover trovare una perfetta aderenza con il libro di Ermanno Rea, Napoli Ferrovia, a cui Marco D’Amore e il fedele compagno di viaggio Francesco Ghiaccio si sono ispirati.

Giordano Fonte e il ritorno a Itaca

E invece, nel rivederlo con i loro occhi, Caracas assume il senso più autentico del viaggio dello scrittore Giordano Fonte (perché è lui il vero protagonista del racconto) tornato ad Itaca dopo più di 20 anni. È stato giusto andare via da Napoli per così tanto tempo? È stato giusto tornare? In ogni caso era arrivato il tempo. “Quello di non girare più la testa dall’altra parte.”

D’Amore arriva al suo terzo “salto nel buio” della trilogia partenopea, che parte dall’Immortale, passando per Napoli Magica, fino ad arrivare a Caracas. Un mix se vogliamo delle due opere precedenti, una guerra interna tra ragione e senso, verità ed errore, ateismo e fede.

In un mondo in cui credere ancora in qualcosa è un atto di coraggio e spesso, per citare Rea, “l’esperienza dell’odio subentra all’amore e lo soppianta” Napoli rappresenta la linea di confine tra violenza e umanità, dolore e disperazione. Napoli, che qui in realtà non rappresenta solo Napoli, ammonisce e ti aspetta sulla soglia, presentando sempre il conto. Potrebbe essere Caracas, Bagdad, Gerusalemme, Cuba, Tunisi… Per chi conosce un po’ il mondo, il racconto delle “favelas” partenopee non risulta essere poi così distante dalla realtà.

È una città la cui narrazione si sviluppa in modo stratificato, sia orizzontale che verticale, e avviene spesso di notte, a luci fioche, gialle e soffuse, che ricordano quelle dei sacri luoghi di preghiera di Tunisi o Medina.

Caracas, Tony Servillo. Ph. Marco Ghidelli
Caracas, Toni Servillo. Ph. Marco Ghidelli

Caracas, figlio tormentato di una città senza dio

Ma Caracas è esistito veramente o no? Questo figlio così tormentato di una Napoli dispersa, che neanche Fonte riconosce più, su cui non si è posata, alla maniera sorrentiniana, la mano di Dio. Interessante notare come le espressioni di Servillo vengano spesso riprese in primo piano, mentre Caracas (Marco D’Amore) soprattutto nelle sequenze iniziali, dia spesso la schiena alla camera o forse a un mondo irriconoscibile che scorre con prepotenza inesorabilmente in avanti.

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Spesso e volentieri i pensieri di Fonte e Caracas si fondono in un unicum, nella costante sensazione di sentirsi e vivere come un esule, per cercare sempre un altrove. “E come è possibile, – si domanda lo scrittore – che finisco allora per parlare sempre di te, Napoli?” è una domanda retorica forse dello stesso regista partenopeo, per quel profondo senso di appartenenza che lo ha spesso costretto a misurarsi e spingersi altrove.

In un punto preciso D’Amore ci aiuta un po’ di più nella spiegazione del tutto: quando lo scrittore Giordano Fonte parla con il suo editore, il quale elogia il suo nuovo scritto. “Quella che racconti non è solo Napoli ma il mondo” dice “nel tentativo di raccontare quel bambino dell’orfanotrofio che rappresenta tutti noi, soli, sperduti. E poi il ritorno di quel vecchio smarrito in una città che ti inghiotte.”

Caracas.. Il richiamo del pensiero nella preghiera, la figura chiave di un uomo che sopravvive al disordine della città grazie al rigore della morale e il mito della Patria. Ben presto però, scoprirà che “nella crudeltà dell’essere umano non esiste alcun ordine”. È questo il motivo per cui deciderà di immergersi e sprofondare nella realtà infernale di Napoli Ferrovia. Per quella pietà e compassione che appartengono solo agli ultimi e ai diseredati della terra.

Caracas, Marco D'Amore Ph. Marco Ghidelli
Caracas, Marco D’Amore. Ph. Marco Ghidelli

Il riferimento alla contemporaneità

E se, per dirla con gli occhi e le parole di Konstantinos Kavafis, ”fatto ormai savio di tutta l’esperienza addosso, già avrai capito ciò che Itaca vuole significare” Caracas, esistente o meno che sia, è ciò che permette a Giordano il viaggio. Quello nella sua identità più profonda e nella scrittura, e nell’aprire gli occhi su una Napoli che rappresenta le ferite al cuore del mondo. Gaza, Ucraina, Africa, Libano, Afghanistan. Sembra di rivederle tutte, in dolorose sequenze, quelle guerre che squartano l’anima delle città affliggendo l’esistenza dell’essere umano.

D’Amore non ci risparmia nulla e non si risparmia. Qualcuno ha parlato di eccesso e forzatura in alcuni punti, forse sì, forse no. È così lontano dalla descrizione di un mondo dilaniato al suo interno, ma umano nella sua essenza? Due lati della stessa anima, gli stessi presenti nel racconto del regista: quella illuminata dalla “luce ‘e Dio”, e quella che sprofonda negli abissi più remoti dell’inconscio.

E come in Napoli Magica, per arrivare al senso e ritrovare il bambino sperduto, è necessario separarsi dalle proprie sovrastrutture e far morire le imposizioni di una società profondamente a-morale. Muore Caracas, ma cade e fallisce anche Giordano. Arrivare alla fine, per riavvolgere il nastro e ritrovarsi all’autenticità dell’inizio.

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Caracas, Marco D'Amore e Toni Servillo in una scena del film.Ph. Marco Ghidelli
Caracas, Marco D’Amore e Toni Servillo in una scena del film. Ph. Marco Ghidelli

La figura di Jasmina

E poi c’è Jasmina (Lina Camélia Lumbroso) figura di non poca rilevanza nel libro quanto nel film. Forse più nel libro, dove Rosa è il perno e l’incarnazione più veritiera della città di Napoli. Lo dice Rea stesso, a pag. 170 di Napoli Ferrovia: “Rosa La Rosa è Napoli, bella e dannata nella stessa maniera, rassegnati”. Jasmina/Rosa, è quanto di apparentemente più distante da Caracas. Ma, come spesso accade, “il destino segna un sentiero tra terra e cielo, angeli e demoni, fino ad unire quei mondi così lontani”.

Jasmina è perdizione e disperazione, esaltazione ed estasi. Una rosa piena di spine. Quanto più allontana Caracas dalla luce di Dio, quanto più lo porta a bruciarsi, tanto più lo condurrà verso il senso più autentico della fede e dell’amore assoluto: “credo a te come credo in Dio”.

Nel libro in realtà la figura di Rosa La Rosa è articolata in modo ancora più complesso perché il discorso della droga e della dipendenza della donna è l’emblema della malattia profondamente insita nella città di Napoli. Una forma di attrazione e repulsione violenta, dell’istinto costante di abbandono e dipendenza, o forse resistenza.

Questo è un punto che il regista tiene a mettere in scena perché “siamo tutti disperatamente attratti da ciò che ci manca, o forse da ciò che non abbiamo mai avuto.” L’interpretazione della Lumbroso è convincente dal punto di vista passionale e della malinconica disperazione. Quello che forse un po’ è mancato è quel senso di orgoglio e altezzosità, di fierezza ostinata tipicamente partenopea, così importanti nella descrizione della figura femminile di Rea.

Caracas, Lina Camélia Lumbroso. Ph. Marco Ghidelli
Caracas, Lina Camélia Lumbroso. Ph. Marco Ghidelli

Riferimenti, musiche e fotografia: la conclusione

Nell’utilizzo di un linguaggio registico sempre al confine tra onirico e reale che sembra per alcuni versi essere un omaggio al maestro Lynch, e per altri rimandare agli “Estranei” di Andrew Haigh, possiamo concludere che Caracas non è un film da capire, ma da attraversare. Una lode alle musiche di Rodrigo D’Erasmo che conduce e trasporta il pubblico in un viaggio lontano e alla fotografia di Marco Ghidelli, “piena” e intensa nella sua realizzazione.

Nell’eterno ritorno nietzschiano dell’uguale e del diverso, il profondo senso di smarrimento finale riporta lo spettatore al principio con una domanda: “A volte è meglio non sapere le cose. Il bello della vita è proprio questo: ignorare che cosa accadrà domani; anzi, cosa accadrà tra un istante. Del resto, come potremmo nutrire qualche speranza sul nostro futuro, se lo conoscessimo già?”

Caracas, Il Cast

  • Toni Servillo: Giordano Fonte
  • Marco D’Amore: Caracas
  • Lina Camélia Lumbroso: Jasmina
  • Marco Foschi
  • Angela Pagano
  • Brian Salvatore Parisi

Caracas, Il Trailer

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