Godzilla – Minus One: la spiegazione del finale

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Godzilla – Minus One è la consacrazione assoluta dell’universo nipponico dedicato al Re dei kaiju (ve ne avevamo parlato qui). Non un vero restyling del gigante, molto più fedele alle prime uscite cinematografiche degli anni ’50, rispetto al Godzilla ammirato sotto la mano della Warner Bros. Un animale, apparentemente, molto goffo sulla terraferma e molto più agile in acqua, il suo naturale elemento.

All’interno del film vediamo come un gruppo di ex militari, con sentimenti contrastanti verso il proprio governo, riesca ad ordire un piano per cercare di abbattere Godzilla, dato che le armi tradizionali non sembrano sortire effetto e il mostro sia in grado, addirittura, di rigenerarsi. Colpa delle radiazioni che hanno aumentato la sua potenza, assorbite durante i test nucleari statunitensi nel Pacifico.

E allora, come cercare di abbattere questo titano invincibile? Il regista Takashi Yamazaki e la sua squadra hanno ideato una strategia, da adattare alla trama, che è tanto assurda, quanto geniale. Non ricorrendo a voli pindarici e irrealistiche invenzioni per scampare a un dilemma irrisolvibile, ma un’alleata del genere umano: la fisica. Buona lettura!

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Godzilla – Minus One: cosa rappresenta Godzilla

Godzilla – Minus One è ambientato alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in piena lotta nel Pacifico tra il Giappone e gli Stati Uniti. Un vero e proprio dramma, concluso, come sappiamo, con lo sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, rispettivamente il 6 e 9 Agosto del ’45. Una tragedia umana epocale, che ha cambiato la storia non solo del Giappone, ma di tutto il mondo in generale.

Godzilla è l’incubo dei giapponesi che si tramuta in essere mostruoso e tormenta ancora la popolazione, capace di sparare un raggio atomico che non lascia scampo a nessuno. Ogni qual volta viene azionato, il raggio di Godzilla produce un’esplosione molto, troppo, simile al classico “fungo atomico”, la forma, nell’immaginario popolare, della detonazione di un ordigno atomico. Una cicatrice che non sarà mai rimarginata.

Il Godzilla di Minus One è un animale a tutti gli effetti, non un alleato degli esseri umani, come da un po’ ci siamo abituati a vedere. Il titano distrugge tutto ciò che vuole perché, semplicemente, può e lo vuole fare. Non è animato da istinti di fratellanza o compassione. È un sadica macchina omicida che devasta tutto quello che ha intorno, manifestando la sua enorme potenza. Godzilla – Minus One è una pellicola molto dark, sotto questo punto di vista. La morte è costante compagna nell’incedere del film, non abbandonando le menti e le vite dei protagonisti. Ma c’è una spiegazione anche a questo.

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Godzilla – Minus One: l’onore dei kamikaze

Assoluto protagonista di Godzilla – Minus One è l’ex pilota kamikaze Kōichi Shikishima, fuggito dal suo dovere perché reo di sentirsi attaccato alla sua vita. Anche la società, rappresentata da amici e famigliari, punta il dito contro la codardia del pilota, venuto meno al suo destino. Ma chi sono, esattamente, i kamikaze?

Termine che ormai è di uso comune per indicare qualsiasi tipo di attacco terroristico, la parola kamikaze risale al nome con il quale i giapponesi indicarono un tifone che, secondo la leggenda, riuscì a tenere lontano la flotta del temibile re mongolo Kublai Khan, re della Cina, e a noi noto grazie al Milione di Marco Polo. Infatti, kamikaze vuol dire letteralmente “vento divino“. Durante la Seconda Guerra Mondiale la marina imperiale giapponese arruolò, come volontari, un’enorme quantità di piloti, molti studenti universitari ventenni, per compiere missioni suicide, facendosi esplodere contro la flotta nemica durante la Guerra del Pacifico contro gli Stati Uniti.

Imbottiti o carichi di esplosivo, i giovani aviatori volavano e compivano la loro missione, per motivi che andavano dalla difesa ad ogni costo della patria, fino al sollevamento dell’onore della famiglia. Avere un pilota kamikaze come parente divenne un vanto, all’epoca, e non mancavano le cerimonie e l’esaltazione di questi militari da parte del governo, con lo scopo di mantenere sempre viva la fase di reclutamento. Il Giappone, come tutti gli stati coinvolti nella guerra, trattò i suoi giovani come carne da macello, dato che la maggior parte dei piloti aveva poco più di vent’anni.

Shikishima ama più la sua vita e il suo futuro, giustamente, rispetto ad uno stato che gli chiede di ammazzarsi senza troppi complimenti, in cambio di onore e gloria. Godzilla – Minus One rende omaggio e ricordo a questi piloti, giovani uomini che, plagiati da un governo folle, hanno sacrificato la loro vita in nome di una guerra altrettanto folle. Shikishima si rende conto, con il tempo, di come non potesse fare scelta migliore se non quella di mettere la sua vita prima di tutto.

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Piloti Kamikaze prima del decollo

Godzilla – Minus One: il valore della vita

In Godzilla – Minus One è fortissima la critica nei confronti dell’Impero giapponese nella gestione bellica e delle emergenze, compresa quella del kaiju. Definito dai protagonisti come un governo che trama nell’ombra, disinteressato alle sorti del suo popolo, oscuro e macellaio con i suoi soldati, Godzilla – Minus One assume i contorni di una denuncia, urlata a gran voce, contro la fallimentare campagna bellica della Seconda Guerra Mondiale.

Uno stato, quello giapponese, che manda a morire e poi cavarsela da soli i suoi difensori, senza tener conto della cosa più preziosa che hanno: la loro stessa vita. Il Giappone chiede ai suoi soldati di morire per garantire la sopravvivenza di tutti. Un ossimoro che, da slogan portato avanti all’inizio del film, ben presto si tramuta in una presa di coscienza che gli stessi protagonisti fanno loro: dopo aver messo a repentaglio la loro vita è ora di difenderla, in questo caso contro il devastante Godzilla.

Un gruppo di ex militari della Marina imperiale prende la situazione in mano e ordisce l’incredibile piano di cui vi parliamo adesso, sotto la gestione dell’ex ingegnere navale Kenji Noda. La vera ciliegina sulla torta di Godzilla – Minus One.

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Godzilla – Minus One: un embolo per abbattere il titano

Essendo in grado di rigenerarsi, il Godzilla di Minus One è ancor più invincibile dei suoi alter ego filmici. La genialità di questo film sta nello sfruttare un principio fisico per tentare di abbatterlo: affogarlo e farlo morire di embolia a causa del troppo repentino cambio di pressione. Inoltre, Godzilla – Minus One risolve e risponde ad un eterno quesito sul quale tutti i fan, e non solo, si sono interrogati: come fa Godzilla a stare in piedi in acqua, se il fondale dell’Oceano è distante da lui migliaia di metri?

È lo stesso ingegnere Noda a spiegarcelo nel film. Il kaiju sfrutta la salinità dell’acqua per galleggiare e ergersi “in piedi”, presumiamo bilanciandosi con la sua coda. Insomma, sfrutta il Principio di Archimede, che stabilisce che:

un corpo immerso in un fluido subisce una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido spostato

Con un esplicativo modellino, l’esperto mostra come un modo per uccidere Godzilla sia quello di togliergli la possibilità di galleggiare, utilizzando il gas Freon (molto simile al metano), facendolo così affondare velocemente sul fondo di un punto prestabilito dell’Oceano Pacifico, a circa 1500 metri di profondità. Con un sistema di galleggianti, inoltre, si cercherà di far risalire Godzilla dal fondo del mare così velocemente da causargli uno scompenso cardiovascolare a causa del repentino cambio di pressione, uccidendolo.

In pratica, i protagonisti di Godzilla – Minus One tenteranno di abbatterlo facendogli venire un embolo, una bolla di gas o coagulo di sangue che blocca, in modo parziale o totale, il flusso in una vena o in un’arteria, frequente in chi pratica immersioni a grandi profondità e deve essere cauto nella lenta risalita, onde evitare di incorrere in questo pericolo. Servirà? Assolutamente no. Godzilla, apparentemente sconfitto, è pronto a rigenerarsi. E noi, dalla nostra, siamo pronti all’annuncio del sequel.

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