“Brutto, forte e dignitoso”: queste le parole che Cooper Howard pronuncia in un film western, prima di uccidere il cattivo del film stesso, per rendere il finale più memorabile. Ma lui non è convinto, lo si vede: è un idealista e crede in un’America nella quale a tutti vada data una seconda possibilità , e che un personaggio positivo come il suo non potrebbe mai essere un assassino.
C’è tutto un contesto attorno, che fa capo alla ricostruzione di questi eterni anni ’50 nel mondo di Fallout: nella nostra realtà molti western americani erano effettivamente buonisti e costruttivi, come Shane (1953); ma altri arrivarono presto a cambiare le cose, mostrando fratture crescenti nella facciata della società del conformismo dell’era Eisenhower. Un esempio: The Searchers (Sentieri Selvaggi, 1956).
Qui, in Fallout, vediamo una cosa simile: il western, genere di solito “innocuo” e idealista, si corrompe in favore di ciò che intriga più il pubblico e al di là di ogni esigenza morale ma riflettendo nel contempo le preoccupazioni di un’epoca nella quale mostrare personaggi buoni e innocenti pare sempre più ipocrita. Vale nella serie e in primis: non troppo tempo dopo la scena in questione, fioccheranno le bombe.
Cooper viene corrotto dalla realtà desolante delle wasteland e dell’era post-atomica, e diviene quel protagonista (o antagonista?) senza scrupoli che in quel remoto film aveva interpretato con così tanta esitazione. E il suo cambiamento è segnalato, con chiosa, quando enuncia la stessa frase nel momento in cui affronta l’arci-nemico Hank MacLean: “Feo, Fuerte y Formal”.
Stavolta però pronuncia le parole ironicamente ma anche con un odio e una convinzione che ai tempi, duecento anni prima, non aveva avuto: la convinzione che gli ideali non valgono, valgono solo la salvezza personale e la vendetta. Come i western della nostra realtà , sempre più duri, cupi e “sporchi” con il passare degli anni, anche Cooper cede a una sua corruzione personale. E diventa il “cowboy” che non avrebbe mai voluto essere.