Fallout: perché Lucy è (finalmente) un personaggio femminile scritto bene

Lucy
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Tutti amano Lucy e un motivo c’è: la protagonista della nuova serie di Fallout è un personaggio davvero ben scritto, e non è l’unico. Ecco perché funziona così bene

Lucy: icona anni ’20

Lucy MacLean, la protagonista della serie di Fallout su Amazon Prime Video tratta dall’omonima saga videoludica Bethesda, è già diventata un’icona della cultura pop degli anni ’20. Complice l’ottima interpretazione (e scelta di casting azzeccata) di Ella Purnell, che si è anche preparata sui giochi stessi, ma non solo.

Come mai il personaggio di Lucy è così riuscito, e ancor di più in quanto personaggio femminile? La risposta non è complicata: è umana, semplicemente; con tutte le sfaccettature che questo comporta. Lucy è ingenua, fin troppo innocente e vulnerabile, nonché ottusa per via dell’educazione viziata che ha ricevuto nel Vault. Così, quando si confronta con le wasteland, l’impatto è traumatico.

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Imparare le lezioni

E impara, lentamente, commettendo errori, sbagli madornali e sviste grossolane, rischiando la vita più volte e spesso subendo umiliazioni e sconfitte. E questo ci consente di identificarci in lei, accompagnarla nel suo viaggio, difendere le sue scelte ma anche imparare le lezioni che impara lei. Ci immedesimiamo, ci leghiamo alla sua storia e per questo ci importa poi di come va a finire.

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Non è, in altre parole, lo stereotipo della donna cazzutissima (usiamo questo termine) che è già fortissima, che non si deve far mettere i piedi in testa e che non ha niente da imparare perché nessuno può insegnarle lezioni. Sbagliato: le lezioni vanno apprese da tutti, e per tutta la vita. Fornirci personaggi senza spessore che non ne hanno bisogno è diseducativo, oltre che noioso e molto poco interessante.

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Realismo vs. trend

Il successo di Fallout è la dimostrazione di come il pubblico sia stanco di stereotipi e di film o serie scritti da un focus group con un occhio sulla lavagna delle tendenze e dei trend. E in questo caso ce lo si può permettere anche perché la serie di videogiochi stessa è permeata di una sottile ironia e di una ambiguità morale che raramente porterebbero all’elezione di una “eroina” buona, forte e trionfatrice.

Certo, Lucy è legata saldamente alla sua “regola d’oro” ma da quando esce dal Vault la vediamo maturare, fare molti compromessi con sé stessa e rivedere molte delle sue idee, che è molto vicino a quel che avviene nella vita reale quando si cresce. Il mondo ti cambia, ti corrompe e sta a te decidere a cosa restare aggrappata.

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Kora, Lucy, Kim

Vorremmo più personaggi così, specialmente personaggi femminili: non certo le classiche principessine da salvare, ci mancherebbe; ma nemmeno queste noiosissime guerriere super-forti che non esprimono nulla al di là della loro stessa aggressività. Un esempio? La protagonista di Rebel Moon, Kora. Ecco il modello assolutamente da evitare.

Se vogliamo invece finalmente iniziare a rappresentare le donne come esseri umani, e non più come figure ideali e idealizzate da un estremo all’altro, la linea da seguire è quella di Lucy MacLean o, altro esempio, quella di Kim Wexler, un’altra delle migliori protagoniste femminili nelle serie degli ultimi anni.

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Lavoro d’autore

Insomma, donne reali con debolezze, paure e incertezze vere e che donano loro però, accettandole e superandole, un vigore e una tempra autentici, misurabili, non assegnati su carta. Figure che si evolvono, cambiano e magari anche in modi che a noi non piacciono, perché le persone nella vita spesso fanno così ed è sbagliato non rappresentarlo solo per cercare di accontentare il pubblico in ogni modo.

Fallout sembra rappresentare in questo una contro-tendenza, e parte del merito va certo oltre che al cast anche agli autori, Geneva Robertson-Dworet e Graham Wagner, e ovviamente ai produttori Jonathan Nolan e Lisa Joy. Speriamo vivamente che le prossime serie tratte da videogiochi, come per esempio quella di Horizon, impareranno dal lavoro che è stato fatto qui.

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