Briganti sta sicuramente facendo parlare di sè
Su Netflix è arrivata Briganti, serie italiana deata dal Collettivo Grams che racconta, romanzandole, le lotte di un gruppo di briganti contadini nella Puglia di fine ‘800. Lo show rovescia i classici presupposti storici classici, come l’eroismo di Garibaldi e dei Mille, e rappresenta in modo estremamente negativo l’esercito piemontese. I briganti invece non sono visti come criminali, ma eroi in guerra per la propria libertà.
Per questo motivo lo show è stato elogiato dal movimento italiano Neoborbonico che, per bocca del suo presidente Gennaro De Crescenzo, ha avuto parole al miele per la serie
Non si tratta di una fiction storica ma ciò non toglie che sono molti gli spunti interessanti – dice De Crescenzo al Corriere del Mezzogiorno. Dopo circa un secolo e mezzo e con rarissime eccezioni, finora l’Unità d’Italia non era stata raccontata dall’altro punto di vista, compresa la conseguente guerra del cosiddetto “brigantaggio” che devastò l’ex Regno delle Due Sicilie per oltre dieci anni.
Lo schema è semplice, vero ed efficace: da un lato i “cattivi” (i piemontesi guidati dal generale Fumel, reale artefice, tra l’altro, di molti eccidi in quegli anni), dall’altro i “buoni”, i briganti (”non siamo banditi, siamo briganti”, grida la protagonista) che pure tra crudeltà e tradimenti, combattono per “l’oro della gente del Sud” in una battaglia che “non è solo per l’oro ma per la terra che ci ha dato Dio e per la libertà nostra e delle donne e degli uomini che verranno”. Esecuzioni sommarie, deportazioni al Nord, il sostegno della chiesa (”Dio mi capirà”), le bandiere borboniche, il concetto dell’invasione straniera e del saccheggio del Sud: passano molte delle tesi spesso definite “neoborboniche”.
Nonostante i 160 anni di predominio totalitario di media e intellettuali ufficiali e nonostante i nostri pochi e piccoli mezzi per controbattere, la nostra lettura del brigantaggio, forse, allora, ha vinto e vincerà ancora vista anche la diffusione di Netflix soprattutto tra i giovani
Il movimento ha peraltro offerto anche un endorsement ufficiale a Briganti, con un comunicato ufficiale che recita:
Evidentemente, nonostante il sostanziale monopolio di accademie e media, sono state finalmente superate le tesi di una cultura “ufficiale” che per oltre 160 anni ha minimizzato o negato quei fatti o ha raccontato il brigantaggio come guerra interna al Sud o i briganti come semplici criminali. E anche grazie alla diffusione di fiction come questa le prossime generazioni potranno fare tesoro di tante verità storiche associandole ad un orgoglio e ad un senso di appartenenza sempre più necessari e preziosi in questioni meridionali aperte proprio in quegli anni e mai risolte“.
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