Emily Blunt detesta il termine algoritmo: “Mi frustra”

Parlando con Vanity Fair, Emily Blunt ha espresso tutto il suo odio per il termine algoritmo

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Emily Blunt non ama l’algoritmo

Il primo maggio arriverà al cinema Fall Guy, nuovo film di David Leitch con protagonisti Ryan Gosling e Emily Blunt. Per l’occasione i due attori si sono seduti a chiacchierare con Vanity Fair dove hanno parlato del film e anche della situazione del cinema attuale. Alla domanda quanto quell’industria sia cambiata rispetto ai loro inizi di circa vent’anni fa, l’attrice dice:

Oh mio Dio, ne sono già passati 23?! A ogni modo, serve una risposta articolata. Molte cose si sono evolute in modo importante e utile. Penso che per tanto tempo certi comportamenti siano stati normalizzati e considerati accettabili, e come donne siamo state tutte vittime: ecco perché il Me Too è un movimento dal valore incommensurabile. Penso che ci sia ancora del lavoro da fare.

E alcune novità mi frustrano: gli algoritmi, per esempio – prosegue Emily Blunt. Odio quella cazzo di parola, scusi l’imprecazione! Come si può associarla all’arte e ai contenuti? Come possiamo lasciare che determini che cosa avrà successo e che cosa no? Mi spiego con un esempio. Ho partecipato a un film di tre ore su un fisico, che ha avuto l’impatto che ha avuto: probabilmente gli algoritmi non l’avrebbero colto. La mia speranza è che non si considerino Oppenheimer e progetti simili delle anomalie, che si smetta di tradurre l’esperienza creativa in diagrammi

Ryan Gosling rincara la dose dicendo:

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Non si può battere un algoritmo nel suo lavoro. E questo, paradossalmente, mi costringe a essere più umano, a scegliere progetti “fatti a mano”. Come The Fall Guy, che si basa su esperienze personali, sulle nostre impronte e sulle nostre storie, che abbiamo riversato nei personaggi

Che ne pensate?

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