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L’impiccagione, Nagisa Oshima, 1968
A cura di Carlo Rinaldi
La pena di morte è un tema di cui si discute ancora tantissimo ai giorni nostri. Come ha trattato questo argomento il cinema nella sua storia?
Uno dei più grandi film mai girati sull’argomento. Il film narra la storia di R, un condannato a morte coreano per stupro ed omicidio, ma questi sopravvive all’esecuzione, perdendo memoria dell’accaduto.
Data l’impossibilità di ripetere l’esecuzione a causa della mancata coscienza del motivo della condanna a morte, le guardie e gli ufficiali carcerari cercano di far riacquistare la memoria ad R, in un crescendo di situazioni surreali e grottesche, per poter ripetere l’impiccagione.
Attraverso il genere della commedia nera, Oshima ridicolizza il sistema giuridico giapponese, il razzismo figlio della cultura imperialista che ha contribuito all’aumento dei crimini e, soprattutto, denuncia il fallimento della pena di morte, evidenziandone l’inutilità e la totale assenza di giustificazioni morali per la sua applicazione. Ancora oggi un capolavoro.
A cura di Carlo Rinaldi
Il 16 novembre 1959 lo scrittore ed intellettuale Truman Capote (interpretato in maniera eccelsa da Philip Seymour Hoffman, premiato con il premio Oscar) viene a conoscenza dell’omicidio di 4 membri della famiglia Clutter ad Holcomb, Kansas e decide di farsi inviare dalla propria rivista, Il New Yorker, per scriverci sopra un articolo.
La pellicola esplora mirabilmente gli stati d’animo di Truman, Il quale uscirà emotivamente devastato da tale esperienza al punto tale da accelerarne la morte. Mentre parla con gli assassini e i membri della comunità, il lavoro di Capote passa dal semplice reportage a diventare un vero e proprio romanzo( “A sangue freddo”, il primo romanzo-verità della storia della letteratura).
Il compianto Philipp Seymour Hoffman mette tutto il suo talento per dipingere un personaggio composto da svariate sfaccettature: egli mostra sincera empatia verso i due assassini, in particolare con Perry, con cui condivide l’esperienza di un’infanzia travagliata, quanto glaciale freddezza al momento in cui i 2 assassini perdono l’ultimo appello alla Corte Suprema. Come se per lo scrittore non fossero più persone ma personaggi di un’opera che deve/può avere un’unica conclusione possibile: l’esecuzione.
Un film affascinante ed in grado di suscitare emozioni diverse a seconda di chi lo guarda.
A cura di Carlo Rinaldi
Dopo aver affrontato la segregazione razziale e il movimento dei diritti civili in “Mississippi Burning” (1988) e la creazione dei campi di concentramento per gli americani di origine giapponese durante la seconda guerra mondiale in “Benvenuti in paradiso”(1990), Alan Parker (noto soprattutto per i cult Fuga di Mezzanotte ed Angel Heart) decise di affrontare anche il tema della pena di morte nel suo ultimo film: La Vita di David Gale.
Il film si svolge in Austin(Texas) e ripercorre la storia di un professore di filosofia(interpretato da Kevin Spacey) condannato a morte per lo stupro e l’omicidio di una donna. A 4 giorni dall’esecuzione, decide di rilasciare un’intervista esclusiva alla giornalista Bistsey Bloom(Kate Winslet), la quale si renderà conto non solo dell’innocenza di Gale ma anche dell’esistenza di un piano molto più ampio.
Assai contestato per la sceneggiatura e per l’ambiguità del finale, Parker mette in luce l’inaffidabilità del sistema giudiziario americano e di come sia possibile manipolarlo per mandare un innocente nel braccio della morte.
Una pellicola che non lascia indifferenti: nel bene o nel male.
A cura di Carlo Rinaldi
Per la prima volta il grande Clint indossa i panni del giornalista d’inchiesta. Egli interpreta Steve Everett, un reporter male in arnese, con la tendenza all’adulterio e un passato da ex-alcolizzato. A causa della morte improvvisa di una collega, è obbligato ad occuparsi dell’ultima intervista a Frank Beachum, un condannato a morte per l’omicidio di una giovane donna incinta.
Nell’analizzare il caso, Frank scopre le gravi incongruenze del caso e comincia ad indagare perchè convinto della sua innocenza. La macchina da presa di Eastwood è perfetta nel descrivere la vita sospesa di Frank nell’attesa dell’esecuzione, i risvolti caratteriali insospettabili dei personaggi in cui si imbatte Frank(in particolare il direttore del carcere e un cappellano ) e tematiche da sempre molto care all’America come la questione razziale.
Davvero azzeccata l’interpretazione del grande Clint, nel portare in scena un personaggio dalla morale assai discutibile ma che non si arrende di fronte agli ostacoli che si frappongono tra lui e la dimostrazione dell’innocenza di Frank. Un gran bel film che mostra spesso accade nei film di Eastwood, sono gli uomini apparentemente sbagliati ad essere dalla parte dei buoni.
Quale di questi avete visto?
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