Frankenstein: le 5 più memorabili interpretazioni del mostro [LISTA]

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I cinque volti dell’atavico terrore verso uno sconosciuto Altro, quando l’ignoranza rende mostruosi. Le più leggendarie interpretazioni del mostro di Frankenstein, in attesa di quella di Christian Bale

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Dal primo Frankenstein con l’iconico Boris Karloff del 1931, passando per la parodia di Mel Brooks del 1974, al mostro di Robert De Niro del 1994, fino ad arrivare a quello canino di Tim Burton, e per ultimo, ma non meno importante, il malinconico Calibano/John Clare di Penny Dreadful, ecco le cinque più belle interpretazioni del mostro di Frankenstein.

The Bride è il nuovo, atteso film della regista Maggie Gyllenhaal di cui si prevede l’uscita il 3 ottobre 2025, ispirato a “La sposa di Frankenstein” tratto dall’omonimo film di James Whale del 1935 e seguito del primo Frankenstein cinematografico del 1931, sempre dello stesso Whale tratto dal romanzo del 1818 di Mary Shelley.

A interpretare il Frankenstein della Gyllenhaal sarà Christian Bale, già celebre per i suoi drastici cambiamenti fisici, in attesa di vedere se sarà in grado di “trasformarsi” in un moderno Boris Karloff, vi offriamo un piccolo ripasso sui Frankenstein cinematografici più celebri.

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Frankenstein (James Whale, 1931)

È passato quasi un secolo da quando Boris Karloff ha terrorizzato il mondo grazie alla sua interpretazione della rediviva “Creatura”, e soprattutto correva l’anno 1931 quando è stato presentato sui grandi schermi presentato da un annunciatore (Edward Van Sloan) a recitarne il prologo in forma di avvertimento, per il timore che fosse considerato, all’epoca, troppo “forte” per gli spettatori.

Un film, quello di Whale, che ha rivoluzionato il concetto di horror, e proprio nel disprezzo e nell’orrore suscitato dalla creatura di Boris Karloff si può trovare una lettura personale delle vicende del regista dato che James Whale fu uno dei primi registi omosessuali a dichiararsi nella Hollywood vittima della censura del codice Hays.

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Frankenstein, quindi, è un film che può prestarsi a molto letture oltre quella superficiale vede narrate le vicende di un morto rianimato da uno scienziato pazzo…

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Frankenstein Junior (Mel Brooks, 1974)

Quarantatré anni dopo e una guerra mondiale in mezzo, ecco che l’irriverente Mel Brooks, celebre per le sue parodie, come Mezzogiorno e mezzo di fuoco, prende in mano il film del 1931 per stravolgerlo e farne una commedia grottesca.

Egli si serve di Gene Wilder (già famoso per l’interpretazione di Willy Wonka nel 1971) per fargli interpretare Frederick, un professore universitario restio ad accettare l’eredità del famoso nonno Victor von Frankenstein (di cui rigetta le teorie e il cognome).

Frederick insieme al gobbo Igor (interpretato da Marty Feldman) e alla bella assistente Inga, deciderà di seguire gli appunti con le indicazioni lasciategli dal nonno per dare anch’egli vita a una creatura, interpretata da Peter Boyle.

Con Frankenstein Junior le risate sono garantite (anche fra gli amanti dell’originaria pellicola degli anni trenta) le cui frasi sono ormai entrate nella quotidianità, come il celebre: Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere.

Frankenstein di Mary Shelley (Kenneth Branagh, 1994).

Con un Robert De Niro quasi irriconoscibile e lontanissimo dalla rappresentazione che diede Boris Karloff del “mostro”, egli è un mostro più fedele a quello del romanzo della scrittrice britannica che alla versione cinematografica degli anni 30.

Di poche parole, il De Niro di Branagh è assettato di vendetta nei confronti del proprio padre-creatore per averlo “ripudiato” dopo la sua creazione (emblematica la scena in cui Victor aiuta la sua neonata creatura ad alzarsi, immersa in precedenza nel liquido amniotico)

La grandezza del film è racchiusa nella scena in cui chiede a Victor chi sia, se anch’egli è dotato di anima, un dialogo/monologo profondo e pregno della rabbia di chi non capisce il perché dell’essersi ritrovato in un mondo pregno di violenza e disprezzo, ma purtroppo Victor non potrà sciogliere i dubbi della sua creatura, perché sono domande che la stessa umanità si pone da millenni.

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Momenti come questi rendono il film di Branagh vicini allo spirito filosofico ed esistenzialista del romanzo della Shelley.

Frankenweenie (Tim Burton, 2012)

Frankenweenie

Più leggero invece risulta la storia in stop-motion ambientata ai giorni nostri del regista de La sposa cadavere e Nightmare Before Christmas, in cui un ragazzino decide di rianimare il suo cagnolino, Sparky.

Frankenweenie, in origine un corto di ventisei minuti del 1984, è pieno di rimandi e citazioni cinematografiche a partire dal cognome di una compagna di scuola del protagonista ovvero Van Helsing per non parlare del professore di scienza che ricorda il celebre attore di pellicole horror Vincent Price (il padre-creatore di Edward in Edward Mani di Forbice).

Frankenweenie è una sorta di lettera d’amore di Burton nei confronti del genere horror/gotico.

Penny Dreadful (John Logan, 2014-2016).

Simile, per certi aspetti, alla creatura di De Niro, è quella di Rory Kinnear della serie tv Penny Dreadful, anch’egli abbandonato dal suo creatore, anch’egli si chiede se ha un’anima e soprattutto impone al dottor Frankenstein di creargli una moglie (che non sarà l’Elisabeth di Victor, ma una prostituta morta di tubercolosi).

Malinconico e amante della letteratura, il Caliban/John Clare è portatore di quella profondità psicologica e umanità che il Mostro di De Niro cercava, inutilmente e con rabbia, di instaurare nel contatto negato con gli altri esseri umani.

Mostri, errori scientifici, difettosi, abomini, in ogni sua versione il mostro di Frankenstein è una storia il cui orrore non è quello fisico ma proviene dall’esterno, dagli altri esseri umani incapaci di accettare l’Altro, il diverso in ogni sua forma, una narrazione che oggi è più attuale che mai.

E voi siete d’accordo con questa classifica?

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