Il CEO Disney risponde così a chi gli chiede di una deriva “woke” dei film d’animazione
I film Disney sono sempre più diversificati e inclusivi: woke, direbbe più di qualcuno. Un termine che ha ormai assunto diversi significati ma che si usa per indicare la tendenza dell’industria dell’intrattenimento a lasciare crescente spazio a minoranze etniche o orientamenti sessuali sottorappresentati.
Quindi più personaggi di colore, o gay, o femminili, oppure asiatici o ispanici (che negli Stati Uniti specialmente sono minoranze molto importanti) e in casi rari ma sempre più frequenti anche trans o non-binari. Disney come molte altre industrie dell’entertainment sembra aprire timidamente le porte a questa tendenza.
Ma, a una domanda al riguardo posta da un giornalista, il 73eenne CEO Disney Bob Iger risponde ammettendo che la missione della casa americana è sì di catturare un pubblico sempre più ampio se non crescentemente diversificato, ma anche che: “Lanciare messaggi non è quello che stiamo facendo. Noi abbiamo bisogno di fare intrattenimento”.
Una dichiarazione che sembra segnalare posizioni caute sull’intera faccenda della woke culture, laddove è vero anche che per decenni Disney è stata sinonimo più di tradizione che di rinnovamento e che già diversi adattamenti in live action recenti che hanno seguito questa apertura sono stati molto criticati. L’idea è, in sostanza: niente politica, divertitevi.
Fonte: NBC
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